La Repubblica Italiana non gode di una mistica ben consolidata e questo è un male, perché da noi l’ideale repubblicano è stato un forte motore di civismo almeno da due secoli a questa parte.
S’è sempre alimentato del sogno di fare del popolo l’effettivo detentore della sovranità contro tiranni e oligarchi, prima di tutto interni. È proprio di questo che hanno paura coloro che nascondendosi dietro a motivazioni più o meno piagnucolose cercano di fare passare in sordina il 2 giugno. Essi hanno paura che il mito repubblicano riesumi quelle eccellenti energie che fanno possibili gli atti del 3 giugno 1849 descritti dal bersagliere volontario svizzero Hoffstetter: “Fu allora, quando gl’indifesi furono fuori del giardino, che la morte cominciò a mietere le sue vittime. Nel primo momento io mi credeva che la gente che stramazzava, inciampasse per la fretta nelle radici delle vigne, tanto numerosa cadeva innanzi sul viso! Ma i corpi immobili mi fecero ben tosto accorto del mio errore. Coloro che passavano vicini, seguendo l’antica abitudine di portar seco i fratelli caduti, stendevano a quelli la mano; ma la mano che s’allungava per quell’estremo ufficio, si ritraeva tosto, più che sollecita, sulla propria ferita mortale. Altri, sicuri già dentro la casa amica, o giunti all’entrata del giardino, corrono avanti per recar soccorso al compagno ancora vivente, che giace poco lontano; ma dopo un moto conclusivo e spaventevole delle membra, essi giacciono tranquilli vicino all’amico. Questo fu il primo scontro dei nostri Bersaglieri, tanto buoni, tanto allegri, infaticabili, fedeli! Accompagnato da Morosini e da me, Manara procedette lento ed ultimo, oltre l’angolo di casa.”. Un uomo onesto come Luigi Carlo Farini, acerrimo nemico di qualsiasi tentativo repubblicano non si sarebbe mai sognato di non rendere l’onore deferente a chi pure era stato suo oppositore: “Nella quale [la Repubblica Romana] si leggono, è vero, vuote declamazioni, servili imitazioni, puerili trastulli, vendette atroci e malvagie opere; ma leggonsi eziando combattimenti, vittorie, spendio, pericoli, temerarietà; e si vedono generosi giovinetti che cadono colle armi in pugno, e focosi condottieri che sfidano il Dio delle battaglie; e si contano le ferite e le si mostrano con giusta superbia; e si additano le traccie del ferro e del piombo straniero sui monumenti sacri alla religione e all’arte: memorie queste, che molto più degli accidenti e degli sconci di governo, sopravvivono nel cuore degli uomini, confortano i vinti, turbano le gioie dei vincitori, consolano i vecchi, faffermano i poropositi degli adulti, accendono l’entusiasmo dei giovani, innamorano le fanciulle, inorgogliscono le madri, danno pascolo alle speranze, cemento alle congiure, simbolo alle riscosse.”.
Non si vede perché allora noi, cittadini di una repubblica che esiste come reazione ad un ignominioso asservimento a tiranno e oligarchi interni e per cui molti eroi combattenti e civili sono caduti non si possa dire forte e chiaro: “Viva la Repubblica Italiana!”.
Un post risorgimentale che non mi sarei aspettato, ma è corretto riportare quel periodo come culla dell’idea repubblicana: la Repubblica Romana, Mazzini e tutti i moti che dal 48 all’Unitá e oltre scossero la penisola e portarono nel cuore degli italiani quell’idea di unitá e di eguaglianza senza re e regine, che poi dovette aspettare 100 anni per poter divenire realtà.
Grazie Ciro.