Alla fine del 2005, gli immigrati regolari in Italia erano 3.035.000, il 5,2% della popolazione, in pratica uno ogni 20 residenti: ma tra dieci anni la loro incidenza sarà raddoppiata. Ad aggiornare la contabilità del fenomeno è il Rapporto Immigrazione Caritas/Migrantes 2006. Questo dato colloca il nostro tra i grandi Paesi europei di immigrazione: Germania (7.287.980), Spagna (3.371.394), Francia (3.263.186), Gran Bretagna (2.857.000). Il rapporto della Caritas delinea anche la “carta d’identità ” degli immigrati in Italia, che sono in gran parte di provenienza europea, si stabiliscono al Nord o a Roma, son uomini e donne in percentuale uguale e hanno tra i 15 e i 44 anni.
Aumento costante. L’aumento – dovuto in parte ai nuovi arrivi (187 mila), in parte alle nascite di figli di cittadini stranieri (52 mila) – nel prossimo futuro sarà ancora più consistente, come dimostrano le 485 mila domande di assunzione presentate nel mese di marzo 2006 per rientrare nel tetto fissato dal decreto flussi. Se si tiene conto del nostro deficit demografico e della pressione dei Paesi d’origine – avvertono i ricercatori Caritas – è realistico stimare l’impatto in entrata in almeno 300 mila unità l’anno. Gli immigrati – rileva il dossier – “diventeranno sempre più l’unico fattore di crescita demografica in grado di rimediare alla prevalenza dei decessi sulle nascite”.
Le zone di residenza. Roma e Milano detengono, rispettivamente l’11,4% e il 10,9% della popolazione straniera. La Lombardia è la prima regione perché accoglie da sola quasi un quarto del numero complessivo. Al Nord si trova il 59,2% degli stranieri, al centro il 27% e nel meridione il 13,5%. Le province con il più alto tasso di incidenza della popolazione straniera sono Prato (12,6%), Brescia (10,2%), Roma (9,2%), Pordenone (9,4%), Reggio Emilia (9,3%), Treviso (8,9%), Firenze (8,7%), Modena (8,6%), Macerata e Trieste (8,1%). La maggioranza dei permessi di soggiorno è a carattere stabile: più di 9 su 10 immigrati sono presenti per motivi di lavoro (62,6%) e per famiglia (29,3%).
La provenienza. Ogni 10 stranieri, cinque sono europei, due africani, due asiatici e uno americano: trent’anni fa erano euroamericani nove su 10. Gli originari dell’Est europeo sono circa un milione, tra questi i principali gruppi sono quello albanese e ucraino mentre tra i comunitari quello polacco. Per l’Africa, spicca quello marocchino, per l’Asia quelli cinese e filippino, per l’America quelli peruviano e statunitense.
Donne e uomini. Parità fra i sessi, il 50,1% è uomo, il 49,9% donne. Per il 70% (contro il 47,5% degli italiani) si concentrano nella fascia di età 15-44 anni. La fecondità delle donne immigrate è maggiore delle italiane: 2,4 figli contro 1,2; nel 2005 sono nati 52 mila bambini ed hanno inciso per il 9,4% sulle nuove nascite. Tra i marocchini i figli sono 4 per donna, tra i polacchi e i rumeni 1,7. Tra le immigrate ci sono più divorziate rispetto alle italiane (2,5% contro l’1,7%).
Occupazione e retribuzioni. Nei confronti del mercato del lavoro, gli immigrati stanno esercitando un peso crescente: 1 ogni 10 occupati è nato in un paese extracomunitario. Nel 2005, 727.582 nuovi assunti su 4.559.952 erano immigrati. Sono 130.969 i cittadini stranieri titolari d’azienda, con un aumento del 38% rispetto al giugno 2005. Secondo la banca dati dell’Inps, le retribuzioni degli immigrati sono mediamente pari alla metà di quelle degli italiani, anche a causa del loro discontinuo impiego.
La religione. Rispetto alla fede, il 49,1% si riferisce a cristiani (circa un milione e mezzo), il 33,2% a musulmani (circa un milione), il 4,4% a religioni orientali.
I minori. I minori stranieri sono 586 mila, pari ad un quinto della popolazione straniera, un’incidenza maggiore rispetto a quella degli italiani. Essi hanno conosciuto quasi un raddoppio nel corso degli ultimi 5 anni (nel 2001 erano 326 mila) ed in oltre la metà dei casi (56%) si tratta di persone nate in Italia. Gli studenti con cittadinanza straniera sono 424.683 e tra due anni supereranno il mezzo milione.
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