Primo Levi diceva sempre che il motivo per cui molti italiani morivano subito nei Lager era che non capivano i comandi. Era uno molto sensibile alla questione del linguaggio e soprattutto del contatto fra persone che parlano lingue differenti. Da un suo libro un insegnante di lingua, almeno secondo me, trova molti spunti per interessanti riflessioni. Ve ne propongo uno.
“L’altro grande successo fu la canzone del Cappello a tre punte. È questa una canzone rigorosamente priva di senso, che consiste di un’unica quartina sempre ripetuta (<<Il mio cappello ha tre punte – Ha tre punte il mio cappel – Se non avesse tre punte – Non sarebbe il mio cappel>>), e si canta su di un motivo talmente trito e logorato dalla consuetudine che nessuno ne conosce più l’originale. Ha però la caratteristica che, ad ogni ripetizione, una delle parole della quartina si tace, e viene sostituita con un gesto: la mano concava sul capo per <<cappello>>, un colpo del pugno sul petto per <<mio>>, le dita che si restringono salendo e seguono la superfiicie di un cono, per <<punte>>: e così via, finché, a eliminazione ultimata, la strofe si riduce a un monco balbettio di articoli e congiunzioni non più esprimibili a segni, o secondo un’altra versione, al silenzio totale scandito da gesti ritmici.” Primo Levi La tregua.
Sicuramente molti di voi conoscevano questo gioco, io no e quindi ho pensato che altri come me non lo conoscessero.
Le utilizzazioni didattiche sono evidenti. Anche elaborando testi nuovi, a fantasia dell’insegnante o degli studenti.
Ma già il testo originale mi sembra ricchissimo di potenzialità:
– praticare la h muta per gli apprendenti che parlano come lingua materna una di quelle strane e sfortunatissime lingue che pronunciano questa lettera prima della vocale (bizzarrie del genere umano);
– praticare la presenza dell’articolo determinativo prima dell’aggettivo possessivo, ancora per quegli sfortunatissimi parlanti che dalla mamma hanno appreso che si dice Mio libro è sul tavolo oppure Hai visto mie scarpe? (quasi una perversione starei per dire);
– infine, per i soliti stupidi che se non fanno ipotesi irreali nella vita non si sentono soddisfatti, il congiuntivo imperfetto seguito dal condizionale.
Per la base musicale, cliccate qui.
Saluti e buone feste.
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Ciao. A proposito della frase di Levi mi piaceva aggiungere che anche in Belgio la reciproca incomprensione tra fiamminghi e valloni ha causato … molti morti. Durante le due guerre mondiali capitava che i comandanti dell’esercito parlassero o fiammingo o francese e chi non conosceva entrambe le lingue rischiava persino di morire per i pericoli o gli ordini non compresi. Questo succedeva, e succede ancora, anche in caso di infortuni o di gravi malattie che richiedevano interventi urgenti di medici o pronto soccorso. Capitava che, ad esempio, un fiammingo non riuscisse a farsi capire da medici valloni, o viceversa. I fiamminghi in Belgio, a parte gli abitanti di Bruxelles, non vogliono parlare il francese, che è invece la lingua nazionale dei Valloni. Anche nelle recenti elezioni politiche le divisioni linguistiche si sono acutizzate e sembrano far pensare ad una futura divisione politica.
Ciao, Roberta Barazza
Molto bello.
Grazie Ciro