Come insegnante di italiano per stranieri ho sentito per la prima volta parlare del TLIL su questo gioiellino di blog e leggo dell’esperienza in fieri della Prof.ssa Aldi (cfr. post del 5 aprile) con molto interesse e posto una mia riflessione-ricerca.
Pur rabbrividendo leggendo le parole della Prof.ssa Aldi circa le costanti carenze dell’insegnamento linguistico a livello universitario [le sue studentesse “si lamentano del fatto che a livello universitario non si parli più la lingua straniera ma la si studia solamente da un punto di vista formale...” (intervento del 24 marzo), non si può non rimanere colpiti per l’impostazione del corso, soprattutto la struttura delle prime ore in cui avviene sia il contatto con se stessi e con il proprio corpo, sia quello con il testo vero e proprio e con i compagni di lavoro. Interessante poi leggere: “Ovviamente l’unica lingua utilizzata è quella straniera (nel mio caso francese). La cosa straordinaria è che, accanto alla studio formale della lingua, ossia quella del testo, e quindi ad una serie di interrogativi sulla pronuncia, la grammatica, il lessico…..vi è l’utilizzo spontaneo e creativo della lingua stessa, si pensi alle improvvisazioni, al momento in cui ci si deve accordare su un movimento da fare piuttosto che sul vestito da mettere…“
Ciò che più mi entusiasma e colpisce del dettagliatissimo resoconto è il fatto che il teatro offra e rappresenti un motivante, valido e vario contesto per l’uso della LS. Gli studenti hanno quindi una doppia opportunità per praticarla: liberamente negli scambi, nelle riflessioni e nelle interazioni spontanee, ma comunque significative, nell’ambito dell’attività di gruppo, ed in modo più metodico concentrando l’ attenzione verso l’aspetto formale, curando la pronuncia e l’ intonazione (come è descritto nel terzo incontro, in cui avviene l’attribuzione delle parti).
E’ strano quindi ripensare al modulo di fonetica e alla mia insegnante, che insistendo sulla sua importanza e sul suo ruolo ancora da ridefinire all’interno dell’Unità Didattica, altro non ci ha proposto che esercizi ancora troppo forzati, seppur originali e mai banali, ma, ahinoi, totalmente slegati da tutto quello che tratteremmo eventualmente nell’ambito dell’UD.
Molto vicina, seppur diversa, l’esperienza di Anna Comodi, professoressa presso l’Università per Stranieri di Perugia, che tiene nella stessa un laboratorio teatrale dove annualmente mette in scena una storia di ambientazione medievale. E visto l’interesse manifestato a lezione da noi insegnanti, la Prof.ssa Comodi ha affermato che ci avrebbe permesso di assistere alle lezioni; ladylink sarà in prima fila!
Una semplice ricerca su internet mi ha permesso di risalire ad una intervista in cui la Comodi spiega in cosa consiste il suo laboratorio teatrale.
Le due esperienze qui trattate hanno in comune la scelta di un testo funzionale alle relativamente poche ore a disposizione: la Prof.ssa Aldi ne ha 20, la Comodi parla di un mese di lezioni, otto UD e di un testo di 180 righe circa. Le differenze dei contenuti paiono notevoli a partire dal pubblico e dalle modalità. Perché dall’intervista della Comodi si evince che per gli studenti non è prevista una preparazione alla messa in scena così curata come per il TLIL descrittoci da Melissa Aldi, che avendo come meta la complessità della recitazione, coinvolge lo studente in una ricerca che investe il corpo, la mente, la dimensione spaziale come singolo e come gruppo.
Ma questa è una constatazione, non una critica.
Incontrerò la Prof.ssa Comodi la settimana prossima e scommetto sulla sua disponibilità.
Quindi per ora Buona Pasqua…