Convegno Dilit 2006 primo giorno

(clicca sulla vignetta per ingrandirla)

Si è concluso sabato il convegno Dilit dal titolo L’insegnamento linguistico oggi: un mosaico di fattori. Le due giornate sono state interessanti e piene di spunti di riflessione per gli insegnanti, alcuni presentati in modo potente, altri mostrati in modo forse non adeguato ad una platea preparata come quella che gravita intorno alla Dilit.
Un fattore però ha accomunato tutti i relatori: nessuno era lì per parlare del passato, né in qualche modo del presente della glottodidattica, con il risultato che i partecipanti hanno assistito a relazioni e laboratori centrati su tematiche che rappresentano le nuove frontiere dell’insegnamento linguistico: nuovi approcci, nuove ragioni di apprendimento e quindi di insegnamento, nuovi bisogni, nuove modalità di intendere la lingua. Vi propongo un breve commento ad ogni relazione.

Partiamo dal primo giorno:

Alessandra Fasulo (ricercatrice presso il Dipartimento di Psicologia dello Sviluppo e Socializzazione dell’ Università degli Studi di Roma “La Sapienza”) ha introdotto i principi che differenziano l’analisi della conversazione dall’analisi testuale in senso stretto. La relazione ha mostrato con grande chiarezza la potenza comunicativa del linguaggio parlato e la portata semantica di ogni singola parola (o interiezione o gruppo di parole), portata valida in quel momento, in quella situazione, in quel contesto d’uso. Il procedimento di analisi proposto dalla Fasulo è di certo non semplice, privo di certezze di cui (eventualmente) far partecipe il discente, ma apre spiragli interessantissimi che riportano l’autenticità della lingua parlata di nuovo al centro dell’obiettivo analitico e, quindi, del nostro lavoro di insegnanti.

Mario Cardona (Professore di glottodidattica presso il dipartimento di Pratiche linguistiche e analisi di testi della Facoltàdi lingue e letterature straniere dell’Università degli studi di Bari) ha parlato dell’Approccio Lessicale. Seppure il tema fosse di grande interesse la sua relazione non è riuscita ad andare oltre un’introduzione alle ragioni cognitiviste dell’Approccio Lessicale. Peccato che i risvolti pratici non siano stati presentati da Cardona in modo più approfondito e il relatore si sia limitato a mostrare alcuni piccoli esercizi su una lingua decontestualizzata. Il concetto base dell’Approccio Lessicale secondo cui “la lingua consiste di vocaboli in forma grammaticale e non di grammatica in forma di vocaboli” è rimasto quindi poco più che uno slogan come pure le fasi dell’acquisizione prospettate da Lewis, il “creatore” del Lexical Approach, che cercheremo di capire da soli. Lewis dice che la grammatica è acquisita attraverso un processo di Osservazione – Ipotesi – Esperimento. E’ ovvio che questo non può prescindere dalla centralità di una dimensione testuale. Per sapere come farlo…

Patrick Boylan (Professore di inglese per la comunicazione interculturale presso l’Università degli Studi Roma Tre), partendo dal concetto secondo cui Cambia l’economia > Cambia la didattica delle lingue ha presentato alla platea quello che lui prospetta come il metodo di insegnamento più adeguato per una società non più nazionale né internazionale né multinazionale ma ormai transnazionale. Questo è il cosiddetto metodo etnografico, che parte dall’idea che la comunicazione sia “stabilire un rapporto” e permette allo studente di acquisire le competenze per potersi confrontare con altre culture attraverso una stessa matrice comportamentale (una lingua) da ricodificare e adattare per riuscire a comprendere e a stabilire un rapporto reale con la persona con cui si è in contatto. Per chi volesse approfondire una materia tanto complessa, rimando al sito del Prof. Boylan.

Convegno DILIT 2006

.

Sono stati annunciati titolo e relatori del Convegno 2006 per insegnanti di lingua organizzato dalla Dilit-IH di Roma.
La Dilit (una delle maggiori e più affermate scuole di italiano per stranieri in Italia e nel mondo) è al suo 18° appuntamento annuale (15 seminari internazionali e 3 convegni).
Ma ecco i dati sul convegno:

L’insegnamento linguistico oggi:un mosaico di fattori

Relazioni in plenum:

Acquisire le lingue come modi di esprimersi e come modi di essere: l’insegnamento interculturale
Patrick Boylan, Professore di inglese per la comunicazione interculturale presso l’Università degli Studi Roma Tre

L’Approccio centrato sullo studente e il Metodo “Gordon”: sviluppare competenze interpersonali e di comunicazione efficace nel “facilitatore dell’apprendimento”
Teresa Remoli, Psicologa, Formatore dell’ACP (Approccio Centrato sulla Persona) e del Metodo “Effectiveness Training” di Thomas Gordon.

• L’altra grammatica: principi di analisi del parlato in interazione
Alessandra Fasulo (Dipartimento di Psicologia dei Processi di Sviluppo e Socializzazione dell’ Università degli Studi di Roma “La Sapienza”)

• Cooperative Learning: un nuovo metodo per una nuova scuola
Giorgio Chiari (Università degli Studi di Trento)

• Psicologia dell’apprendimento
Anna Maria Ajello (Università degli Studi di Roma “La Sapienza”)

• Riconsiderare il lessico e la grammatica: L’approccio lessicale nell’ottica comunicativa e umanistico-affettiva
Mario Cardona, professore associato di glottodidattica presso il dipartimento di Pratiche linguistiche e analisi di testi della Facoltà di lingue e letterature straniere dell’Università degli studi di Bari (Università di Venezia)

Laboratori:

• Lo studente di lingue come etnografo – nel proprio paese , Patrick Boylan

• Gestire e risolvere i conflitti: metodi tradizionali e alternative , Teresa Remoli

• Generi del discorso parlato, repertori discorsivi e assetti di partecipazione, Alessandra Fasulo

• L’insegnamento della lingua italiana su più livelli scolastici: obiettivi, problemi, metodi e strumenti di lavoro e di valutazione, Giorgio Chiari

• Psicologia dell’apprendimento, Anna Maria Ajello

• L’approccio lessicale in classe: tecniche ed attività per sviluppare la competenza lessicale , Mario Cardona

• Cooperative Learning, Federica Lattuada

Date: venerdì 7 e sabato 8 aprile 2006
Luogo: Dilit – IH: Via Marghera 22 – 00185 Roma


Gli studenti… perché non imparano?

Oggi propongo un articolo di ormai 25 anni fa scritto da Christopher Humphris e reperibile insieme a molti altri sul sito della Dilit – IH. Mi sono imbattuto in questo testo e credo che, in molte classi, l’invito di Christopher sia ancora inascoltato. La colpa, sia ben chiaro, non voglio darla ai professori, ma a chi non ha ancora capito che la conoscenza di una materia non crea automaticamente un buon insegnante. L’ho sempre sospettato quando ero studente, ne sono certo oggi che sono nell’altro lato della classe.

Buona lettura.

Perché non imparano?
Christopher Humphris

Il concetto tradizionale dell’insegnante è di una persona che dà. “Insegnare” è un verbo attivo, cioè l’insegnante fa qualcosa; lo fa coscientemente, decide cioè che cosa farà e come lo farà, e poi lo fa. Si può fare un’analogia con l’atto di fare un regalo: si formula l’idea, si compra il regalo, e si porta il regalo al destinatario. Il destinatario non è attivo, riceve e basta. È passivo.

Però se spostiamo la nostra attenzione dal verbo “insegnare” al verbo “imparare” viene fuori un’altra visione delle cose. L’analogia fatta non regge più. Dopo che il donatore ha presentato il regalo, il destinatario lo possiede. L’atto attivo di “dare” determina per forza l’atto passivo di “ricevere”. Se una cosa viene data non può non essere ricevuta. Invece sappiamo che tante cose “insegnate” non vengono “imparate”. Conclusione: imparare è un atto attivo autonomo, cioè non dipendente da un atto di insegnamento.

Esaminiamo questo verbo “imparare “. Vuol dire passare da “non sapere” a “sapere” qualcosa. Il destinatario del regalo è passato da “non possedere” a “possedere” il regalo senza fare niente. Il discente, invece, come abbiamo detto, deve essere attivo se vuole passare da “non possedere” a “possedere” nuove conoscenze. Altrimenti, non impara. Il discente non è un destinatario, è un “appropriatore”, prende attivamente le nuove informazioni.

Visto da questo punto di vista il problema del “non imparare”, che è il problema di tutti gli insegnanti, prende tutt’un altro aspetto. Se una persona non impara qualcosa, non è perché l’insegnante non l’ha insegnata bene – abbiamo detto che i due verbi non sono dipendenti l’uno dall’altro. È semplicemente dovuto al fatto che il discente non ha preso. Prima di prendere una cosa una persona ha voglia di prenderla, le interessa o le serve. In queste condizioni la prende, la prende subito, tranquillamente; il discente si appropria della nuova informazione.

Però se la persona si trova in un ambiente in cui il suo diritto di prendere non è riconosciuto da chi ha più potere, avrà la tendenza a non prendere più, almeno quando il potere è presente. Parallelamente il discente che ha un insegnante che gli impone il ruolo di destinatario, è cioè l’insegnante che decide che cosa, quando e in che modo lui dovrebbe ricevere, avrà la tendenza ad assumere un ruolo passivo.

In quest’ottica il ruolo dell’insegnante sarebbe quindi quello di offrire ai discenti esperienze vastissime in modo che la probabilità di incontrare nuovi elementi di conoscenza sia maggiore e quindi maggiore sia la voglia di appropriarsene. L’insegnante dovrebbe inoltre dimostrare con una prassi costante di essere convinto che il discente è in grado di appropriarsi delle conoscenze da solo.

È quest’ultimo punto ad essere il più difficile; proprio perché implica l’abbandono totale della figura dell’insegnante che “interroga”, che “controlla”, che “segue” e che ha tutte le particolarità della chioccia.