Riceviamo e volentieri pubblichiamo:
Sponda Sud del Mediterraneo: l’italiano delle Microlingue.
Il mio articolo vuole essere una breve disamina dalla mia prospettiva di “ospite” all’interno del sistema Universitario frequentato da quasi due anni in Tunisia. Si potrebbe pensare che l’interesse per la lingua italiana nella sponda sud del mediterraneo sia semplicemente dovuto alla possibilità di proseguire la propria esperienza esistenziale e professionale in Italia. La risposta a questo presunto sentire comune è senza dubbio negativa.
Come premessa, va detto che in Tunisia la lingua italiana è studiata nella maggioranza dei licei come terza lingua, dato che le prime due lingue sono il francese e l’inglese. Questa leadership linguistica a due, viene fortemente combattuta con molta intelligenza politica dalla Germania, la quale sostiene notevolmente la diffusione della sua lingua all’interno del curriculum scolastico e non solo. Infatti, il Goethe Institut distribuisce testi scolastici per tutti i docenti tunisini che insegnano la lingua tedesca e persegue una vera strategia nel fare arrivare studenti tunisini nelle università tedesche. Questa mancata politica culturale da parte nostra, in un paese dove le maggiori nazioni europee svolgono con molta attenzione il loro reclutamento linguistico, ci fa apparire in pessimo modo presso la popolazione studentesca, sempre più desiderosa di esperienze all’estero.
Si potrebbe pensare, erroneamente, che il dominio della lingua francese o dell’inglese sia totalmente schiacciante. Ahimé, il tutto dipende dalla capacità di volere essere presente sul mercato delle lingue, il quale rappresenterà sempre di più un terreno di battaglia per i paesi coscienti del ruolo della cultura all’interno del nuovo scenario della globalizzazione e della competitività del proprio sistema paese. Come non capire che l’ICE (Istituto Commercio Estero) e IIC (Istituto Italiano di Cultura) dovrebbero lavorare insieme per assicurare una maggiore visibilità al nostro paese in ambito internazionale. Tutti dovrebbero sapere che ogni trattativa d’affari in ambienti internazionali nasce prima di tutto dalla conoscenza culturale reciproca.
Ma non vorrei attardarmi troppo sulle già tante volte enumerate tare e mancanze tutte italiane.
Entrando nel merito della pratica didattica dell’italiano LS in terra tunisina, bisogna innanzitutto focalizzare l’attenzione sul ruolo che stanno svolgendo le microlingue nell’apprendimento linguistico. Di fatto, l’insegnamento universitario, anche di stampo umanistico, non ha mai rinunciato all’insegnamento dell’italiano commerciale all’interno del proprio curriculum di studio. Pertanto, questo insegnamento microlinguistico, come può essere l’italiano commerciale, viene seguito con grande attenzione anche da parte di studenti (al dire il vero quasi tutte studentesse) che si indirizzano verso una probabile carriera da insegnante d’italiano nella scuola superiore. Da questa constatazione di tipo generale, è nata l’esigenza da parte delle Istituzioni tunisine di creare nuovi Istituti di Lingue, con una vocazione totalmente professionalizzante e quindi di Lingue Applicate a vari linguaggi. Questi Istituti, frutti di nuovi corsi di laurea breve, della durata di tre anni, rientrano a pieno titolo nell’ampia riforma scolastica prevista dall’Unione Europea, seguita con molta attenzione in Tunisia (in quanto questo paese è associato all’Unione europeo).
Dalla nascita di questi nuovi Istituti Universitari di Lingue Applicate, è nata la possibilità da parte mia di potere insegnare in Tunisia e di dovere insegnare la lingua ma soprattutto il linguaggio turistico e commerciale. Nello specifico, il mio Istituto si trova a Nabeul, cittadina che dista solo 50 km da Tunisi e soltanto 10 km da Hammamet, città turistica e ben più nota ai cittadini italiani. (clicca sull’immagine)
Vi parlo della collocazione della città di Nabeul, per farvi comprendere che la sua posizione geografica sulla costa Nord del paese, spinge questa cittadina ad un uso molto specialistico delle lingue straniere. In generale, potrei dire che l’intera sponda sud del mediterraneo si avvia ad un uso prettamente professionale delle lingue, dimenticando la vocazione educativa della conoscenza di una altra lingua come veicolo per conoscere una nuova cultura e un altro modo di pensare.
Questa riforma di tipo professionale colpisce la lingua italiana, vista in molti casi come lingua di cultura ma può e deve essere un’occasione per coniugare il sistema culturale italiano con quello produttivo. Pertanto, il materiale didattico da utilizzare in questi nuovi Istituti di Lingue Applicate resta, sostanzialmente, tutto da creare o da cercare nelle non sempre disponibili IT nel sud del mondo.
Da qui, come già aveva anticipato l’indagine Italiano 2000, dobbiamo preparare i nostri docenti ad una maggiore coscienza sul rilevante ruolo delle microlingue ma soprattutto focalizzare le nostre ricerche in campo glottodidattico sulle varie microlingue e nella creazione di materiale didattico in ambiti che possono essere: italiano commerciale, italiano turistico, italiano dei media, italiano giuridico, medico, diplomatico e italiano per conservatori.
Tanti nuovi ambiti linguistici riguardo ai quali occorre al più presto lavorare insieme a professionisti di altri settori, per concepire approcci didattici diversificati, stimolanti per studenti con scarsa conoscenza linguistica. Il lavoro, davanti a noi, è notevole ma vi posso assicurare dalla mia esperienza personale che ne vale la pena. Varie volte, nel mio operare quotidiano, ho riscontrato tante difficoltà ad insegnare la lingua ai miei studenti, a digiuno di italiano. Ma una volta arrivati a parlare di tematiche quali il turismo o la corrispondenza commerciale, ottenere la loro attenzione è stata cosa facile. Prevalentemente, questi studenti studiano le lingue per motivi professionali e non hanno interessi espliciti per la cultura. Servono materiali didattici che sappiano motivare gli studenti, introducendo sin dalle prime unità didattiche di lingua italiana anche elementi di ordine microlinguistico. In conclusione, posso dire che le microlingue o lingue settoriali sono certamente il futuro dell’apprendimento linguistico all’interno del mondo formativo europeo e forse anche per tante aree del mondo che guardano al vecchio continente, come il continente modello.
Purtroppo, questa riforma scolastica propone allo studente un sapere linguistico prettamente professionale, dimenticando il ruolo del professore di lingua, come esperto che fa vedere i “segni” nascosti nella lingua oggetto, diventando l’animatore per un confronto tra la propria cultura e quella di studio.
Edoardo Natale
Docente di lingua italiana all’Istituto di Lingue Applicate di Nabeul (Tunisia)
Edona54@hotmail.com