Spendibilità di una laurea in lingue del 2001, VO

Questo post (un pippone megagalattico) nasce con l’intento di intuire la fine che faremo noi vecchie guardie del VO, lauree quadriennali alle prese con il rompicapo del calcolo dei cfu (cmq orientativamente i nostri corsi annuali ne valgono 12). Le notizie contenute in questo post sono attendibili, un po’ meno i ragionamenti e le relative conclusioni che ne sono stati tratti, per ovvi limiti della mia conoscenza e fantasia. Diciamo che il livello di attendibilità di questo articolo rischia di essere pari a tutto quello che sta circolando sulla #CDCA23. Consideratelo come degli appunti presi al pc, perché quando ti serve, una penna che scrive non la trovi mai. 🙂

Introduzione

Mi presento. Laurea VO del 7/2001, Lingua e Letteratura Portoghese (tedesco triennale), Università La Sapienza di Roma.

Nel 2001 quando mi sono laureata io si parlava di esami obbligatori nel Piano di Studi (PdS) per poter insegnare italiano alle secondarie di II grado (le scuole superiori). Questi esami alla mia epoca erano due annualità di italiano (scritto e orale per la prima, solo orale la seconda) e geografia. Forse un’annualità di storia (comunque obbligatoria, ma non ricordo più se finalizzata all’accesso alle graduatorie e/o alla CDC ).

Quando mi sono laureata io nel 2001 non so quanti insegnanti di Italiano per stranieri fossero già alle prese con studenti non italofoni o popolassero quelli che sono diventati adesso Cpia. All’epoca avevo già iniziato a lavorare come insegnante di italiano per stranieri. Era attivo l’esame di glottodidattica da poco tempo e lo impartiva Serra Borneto; non avevo fatto in tempo a inserirlo nel PdS, ma per la mia laurea non era obbligatorio.

Svolgimento

Tra i numerosi commenti all’articolo di Ricoblog #CDCA23: proposta requisiti abilitazione, in particolare quello di Nadia ha accesso in me una lampadina: lavorando all’estero mi ero disinteressata al mio percorso di laurea, ma essendo anche la mia del VO non potevo tirarmi indietro:

(…) credo che non si possano valutare le vecchie lauree con i nuovi criteri, così come non si possono individuare gli stessi requisiti per il pregresso e per il futuro. Secondo me sarebbe opportuno individuare tre scaglioni di requisiti equivalenti, ma realistici per i percorsi disponibili nei diversi periodi storici: requisiti per i laureati vecchio ordinamento, quelli per i laureati fino al 2016, quelli per i laureati dal 2016 in poi. Questo perché chi si è laureato prima dell’esistenza della classe di concorso non ha potuto scegliere il percorso di insegnamento di italiano L2 con lo scopo di insegnare nella scuola pubblica in Italia. Credo anche gli scaglioni potrebbero da un lato “sanare” le situazioni variegate che abbiamo oggi, dall’altro fare un po’ d’ordine per il futuro.
(…) Ricordo che quando io mi sono laureata V.O. era obbligatorio sostenere alcuni esami, se poi si voleva insegnare nella scuola pubblica. (…) Così anche chi era laureato in altre facoltà ma aveva sostenuto quegli esami poteva insegnare. Forse per i V.O. si potrebbe ripartire da lì, ma chissà se sarà possibile ripescare quei requisiti.

Come prima mossa ho consultato la Bibbia di noi insegnanti riconosciuti o meno e, cioè, ho cliccato sul sito del MIUR dove i Titoli di accesso all’insegnamento consistono -tra i vari- in:

<<Laurea quadriennale o quinquennale di Vecchio Ordinamento con specifico piano di studi previsto dal Decreto Ministeriale n. 39 del 30 gennaio 1998 (per tutti gli insegnamenti)>>

A pagina 79 di tale DM finalmente ho la conferma che con la laurea presa entro il 2001/2002 avrei potuto partecipare al concorso 2012 nella CDC 45/A lingue straniere per la scuola media e nella CDC 46/A lingue e civiltà straniere (scuola secondaria di II grado) e la nota (b) specifica ovviamente che: “Le lauree lingue e letterature straniere, lingue e letterature straniere moderne, lingue e letterature orientali, lingue e civiltà orientali sono titoli di ammissione limitatamente alle lingue seguite in corsi pluriennali.

Quindi con portoghese non avrei potuto partecipare al concorso, ma d’altronde uno mica si laurea in portoghese per insegnar(e)lo poi nella scuola, no? (Eppure negli US l’ho insegnato all’università). Avrei potuto tentare con tedesco, se solo mi interessasse insegnarlo. E nelle Graduatorie di Istituto sarei potuta entrare? Soprattutto mi chiedo, ci sarei potuta entrare con quei famosi esami che ricordava Nadia? Socorro!!!

Occhio che eravamo nel 1998, nel frattempo cosa è successo?

Intanto facciamo un bel balzo in avanti di 16 anni -che per coincidenza io ho trascorso allegramente all’estero- per approdare su un articolo di OS del 2014: Concorso a cattedra 2015: sbarramento a.a. 2001/02 per i non abilitati. Ma i ricorsi…
Secondo questo articolo, come già nel 2012, il concorso 2015 sarà aperto anche ai laureati del VO laureati entro il 2001/2002, non abilitati con i percorsi canonici (SSIS, Tfa), ma che abbiano determinati esami nel PdS che gli permettano l’accesso alle relative CDC. E io? Avrei potuto partecipare nel 2012 quindi? Potrei nel 2015? Ma davvero? L’insegnamento del portoghese non è ancora pervenuto, CDC inesistente. Forse qualche chance per il tedesco…

Se fossi ancora in cerca di conferme, potrei citare direttamente il Decreto Interministeriale 24 novembre 1998, n. 460 (in GU 7 giugno 1999, n. 131): Norme transitorie per il passaggio al sistema universitario di abilitazione all’insegnamento nelle scuole e istituti di istruzione secondaria ed artistica che decreta all’Art.2:

(…) Possono altresì partecipare ai concorsi di cui all’art. 1 coloro che conseguano la laurea entro gli anni accademici 2001-2002, 2002-2003 e 2003-2004 se si tratta di corso di studi di durata rispettivamente quadriennale, quinquennale ed esaennale e coloro che conseguano i diplomi indicati nel comma 1 entro l’anno in cui si conclude il periodo prescritto dal relativo piano di studi a decorrere dall’anno accademico 1998-1999.

E se poi tutto questo non bastasse, c’è anche chi chiede per i non abilitati, ma laureati entro il 2001/2002, la partecipazione al concorso 2015, sempre su OS Aprite il concorso 2015 a tutti i laureati non abilitati.

Ma la giornata di oggi è stata lunga, quasi quanto questo articolo. Posso contare su di voi?

Su Italiano per stranieri oggi pomeriggio si è parlato di lauree, abilitazioni e accesso alle CDC, il tutto facendo una sorta di indagine sull’anno e l’indirizzo di laurea e sull’università, raccogliendo 161 commenti che delineano come aver frequentato una diversa università significhi anche avere un PdS diverso, pur se negli stessi anni:

collega 1, la storica dei concorsi: Lettere alla Sapienza, immatricolata 89-90 laureata 1997. Per partecipare al concorso del 99 e abilitarsi a043 e a050 era richiesto: 1 letteratura latina, 2 letteratura italiana, 1 geografia, 1 storia

collega 2, la smemorata: Lingue e letterature straniere. 92/2000…ehm…confermo due annualità di italiano x insegnare it alle superiori, altri esami non credo

a cui rispondo: anche Geografia (altro esame che mi sarei evitata)

collega 3, la curiosona: Ma perché ladylink quando hai iniziato tu la laurea in lingue permetteva di insegnare italiano? Io ho iniziato l’università nel 1998 e la mia facoltà di lingue era diventata facoltà nel 1996 (prima era corso di laurea lingue facoltà magistero)

a cui rispondo: sì. altrimenti avrei fatto un’annualità sola di italiano. e pensa che all’epoca solo noi di lingue avevamo lo scritto di italiano (per quel primo e unico esame)

e che poi torna a chiedere: Ma dite che terranno conto di lauree in lingue v.o. che danno la possibilità di insegnare italiano in base agli esami fatti?

a cui nessuno, però, ha risposto, vi prego fatelo!!!

collega 4, la biennalizzata: Sapevo quanto dice XY,Lingue e letterature straniere V.O. Biennalizzai lingua e letteratura italiana apposta.Orientale di Napoli.Conta la data di inizio perché a seconda dell’anno ci sono state varie modifiche…tant’è che nell’ambito dei 4 anni,esistono due V.O. Non conosco le differenze però

Ed è qui che inizio a vacillare io, chiedendo spudoratamente ai VO se si ritenessero abilitati, intendendo se pensassero di poter accedere al concorso 2015. Il mio quesito fa saltare la collega 3, la curiosona, che mi risponde: Eh no ladylink! Io sono facoltà lingue corso di laurea lingue e letterature straniere. Non ho lo scritto di italiano ma solo l’orale. Ho però l’esame in didattica della lingua italiana, poi esami in linguistica generale, francese, inglese e filologia romanza e Glottodidattica. E un esame che mi ha fatto penare in dialettologia italiana.

<<Che caos!>> penso.

E potrei continuare all’infinito con la collega 4, la sfortunella: Anche noi a Rm3 dovevamo passare lo scritto d’italiano (un riassunto di un passaggio letterario) per poter fare l’orale, ma molti non passavano 🙁 o con la 5, la nostalgica: 1992, Lingue, università di Torino, anch’io avevo inserito due esami di letteratura italiana.

Poi, finalmente, una vocina, quella della collega 6, mi risorta sulla retta via: L’abilitazione per qualsiasi cdc si ottiene con concorso o con tfa o con pas. Non ci sono corsi di laurea abilitanti ad eccezione di scienze della formazione. O con la vecchia ssis ovviamente. Il discorso di esami sostenuti e crediti é per rientrare in qualsiasi cdc almeno in quella che é\era III fascia (graduatorie di istituto, cioè appunto x non abilitati).

Per quanto riguarda il concorso 2015, gira una tabella non ufficiale, ma data per tale anche dall’indefesso Max Bruschi, che la prende da OS. Secondo questa tabella non ufficiale alla #CDCA23 possono partecipare tutti, quelli come me, i Tfa e anche tua nonna e il suo gatto.

Vediamo bene. Intanto con la mia laurea in teoria potrei accedere al percorso di abilitazione, non direttamente al concorso, sempre che i candidati (cioè io, noi)

siano forniti dei titoli di specializzazione italiano L2 individuati con specifico decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca. Le lauree sono titoli di ammissione ai percorsi di abilitazione purché il titolo di accesso comprenda i corsi annuali (o due semestrali) di: lingua italiana, letteratura italiana, linguistica generale, lingua latina o letteratura latina, storia, geografia, glottologia; glottodidattica; didattica della lingua italiana; ovvero almeno 72 crediti nei settori scientifico disciplinari L-FIL-LET, L-LIN, M-GGR, L-ANT e M-STO di cui: 12 L-LIN/01; 12 L-LIN/02; 12 L-FILLET/12; e almeno 6 L- FIL-LET/10, 12 LFIL-LET/04, 6 M-GGR/01, 6 tra LANT/02 o 03, M-STO/01 o 02 o 04.

Lo specifico decreto ancora non c’è. Però noi i 72 crediti abbiamo cercato di racimolarli, per evitare questa disgrazia ancora non ufficializzata, leggete leggete:

E’ altresì titolo di accesso al concorso l’abilitazione nelle classi 43/A, 50/A, 51/A e 52/A, 45/A e 46/A del previgente ordinamento, purché congiunta con il predetto titolo di specializzazione e purché il titolo di accesso comprenda i seguenti CFU: 12 L-LIN/01; 12 L/LIN/02; 12 L-FILLET/12 ovvero un corso annuale o due semestrali nelle seguenti discipline: glottologia o linguistica generale; glottodidattica; didattica della lingua italiana.

Conclusione

Sinceramente non so come farvi capire che dobbiamo cercare una soluzione che includa quanti più di noi -prevedendo e precedendo le mosse del Miur- e che la formazione che abbiamo deve senza ombra di dubbio compensare eventuali crediti mancanti. Per non parlare poi del riconoscimento degli anni di servizio. Non fatevi illudere dalla pausa estiva o dalle lentezze della burocrazia, o sarà una carneficina.

E in conclusione, ho gli stessi dubbi di prima, perché non sono sicura di poter accedere al concorsone #CDCA23 bella abilitata, riconosciuta e riconoscente. La mia laurea VO è stata equiparata alla LM-37, che non appare nel documento, seppur non ufficiale, delle nuove CDC. Dalla mia ho comunque tanti anni di esperienza e formazione. Ma basteranno?

E’ per questo motivo che scrivo anche a Ferragosto. Ci dobbiamo sbrigare e svegliare, si può fare di più, si può fare di meglio. Quindi sono ben accetti i contributi di chi vuole continuare a capirci qualcosa, anzi, “commenta, che ti passa!”.

Last, but not least:

Ringrazio per quest’articolo il supporto di Ale Marino, intervenuta tempestivamente con messaggi privati.

Non per vantarmene, ma ho sostenuto l’orale con Asor Rosa, 27/30. Check!

5 pensieri su “Spendibilità di una laurea in lingue del 2001, VO

  1. Pingback: #CDC A23: requisiti abilitazione tra legge 107 e Tfa, l’ipotesi scaglione e Max Bruschi – Ri. N. P. it Riconoscimento nazionale della professionalità degli insegnanti di italiano L2/LS

  2. salve io sono laureata in lingue e letterature straniere indirizzo storico culturale vecchio ordinamento… però ho conseguito la laurea da qlc anno, quindi con molto ritardo, io sapevo che potevo insegnare italiano agli stranieri, ma se volessi insegnare italiano e storia alle medie posso farlo o devo per forza prendere anche la laurea in lettere o in storia? perchè c’è qualcuno che mi ha detto che potrei farlo, anche se non sono sicura , leggendo i vs commenti noto che siete molto preparati sull’argomento, potrei avere una vs risposta? grazie

  3. Ciao, mi piace questo blog e mi riconosco nelle vostre preoccupazioni, per questo vorrei condividere con voi la mia esperienza.
    Laurea in Lingue e Letterature Straniere VO (Inglese IV e Tedesco III), indirizzo Storico-culturale.
    Due annualità di linguistica applicata, due annualità di linguistica inglese.
    Un interminabile esame di letteratura italiana (scritto di 6 ore e orale “modello roulette russa” su un periodo di circa 8 secoli)
    Anno di laurea 2001.
    Votazione 110 e lode.
    Non sono mai riuscita a trovare lavoro come docente in Italia grazie alla mia laurea e l’idea di seguire un corso SSIS mi intristiva.
    Volevo lavorare!
    Così ho svolto altri lavori: dalle traduzioni, al call center, alla promozione di corsi di formazione continua.
    Malgrado avessi un lavoro soddisfacente a Milano, volevo provare qualcosa di diverso e nel 2004 sono emigrata in Svizzera (continuando a lavorare a Milano per un anno).
    Dal 2005 al 2010 ho lavorato come docente di italiano per stranieri a tempo pieno, specializzandomi anche come esaminatrice CELI a Perugia. I corsi del CVCL mi sono piaciuti molto.
    A parte un patetico corso di preparazione al Ditals 2 a Siena nel 2006 e un corso Filim (a distanza) qualche anno più tardi, non ho seguito corsi specifici sulla didattica delle lingue. Non ho quindi titoli di studio in grado di attestare le competenze che ho acquisito attraverso l’esperienza.
    Ho avuto molte soddisfazioni come docente di italiano L2. Ho preparato agli esami CELI di tutti i livelli oltre 300 studentesse e studenti provenienti da diversi cantoni svizzeri; con loro mantengo tuttora ottimi rapporti.
    4 anni fa ho perso quel lavoro e ho iniziato a occuparmi d’altro, specializzandomi parallelamente in andragogia e riconoscimento degli apprendimenti esperienziali.
    Oggi tra le mie attività è inclusa anche la promozione di corsi per illetterati (analfabeti funzionali), ma non tengo lezioni. Non tornerei indietro. Ho smesso di sperare di guadagnarmi da vivere insegnando l’italiano o le altre lingue che conosco (inglese, tedesco e francese).
    Per insegnare nelle scuole pubbliche bisogna conseguire un’abilitazione cantonale (non riconosciuta a livello nazionale!), frequentando corsi lunghi (2 anni) e famigeratamente noiosi, peraltro a numero chiuso (simili alla SSIS).
    D’altra parte il lavoro nelle scuole private è precario e pagato male.
    Per finire è pieno di volontari, che rovinano ulteriormente il mercato…
    Spendibilità della laurea VO all’estero?
    Uhm!? Scarsa!
    Vi seguo volentieri e vi sono vicina.
    Un saluto dalla Svizzera italiana,
    Silvia

  4. Mi presento, laurea VO in Lingue e letterature straniere (facoltà di Lettere e Filosofia), immatricolata 1998. Al momento di presentare il piano di studi, mi ricordo distintamente la segnalazione nella guida ai corsi: biennalizzazione di letteratura italiana e un’annualità di geografia davano accesso all’insegnamento dell’italiano nelle scuole medie superiori. La SSIS ancora non esisteva e c’erano degli esami “abilitanti” all’insegnamento, se così si possono chiamare. La riforma dell’università non era ancora in cantiere e sarebbe esplosa due anni dopo. A parte questo chiarissimo ricordo degli esami abilitanti, e il rimorso di non aver biennalizzato italiano e di aver snobbato geografia, non ho purtroppo altri contributi per la discussione. Ma voglio ringraziare Ladylink per aver sollevato la questione e per lo splendido lavoro che sta facendo per il dibattito sulla CDCA23.

  5. Ciao Collega,

    concordo profondamente con l’idea dell’inclusione e della nostra social catena estiva. Guarda a che ora mi trovo sveglio a scriverti!!!!

    Dopo giornate a leggere i commenti delle colleghe e dei colleghi, penso che rivedere lievemente la buona proposta di requisiti avanzata da Riconoscimento possa portare all’inclusione di cui tu parli e alla qualità dei docenti futuri di italiano L2. Sono entrambi fattori importantissimi.

    Non sono d’accordo con i 24 CFU di letteratura italiana soprattutto perché scoprire, da formatore di glottodidattica, che per insegnare italiano a studenti parlanti italiano L2 occorreranno due annualità di letteratura italiana del vecchio ordinamento mi rende profondamente amareggiato: mi sembra un salto indietro nel tempo e nella qualità che la glottodidattica italiana ha raggiunto. So che alcuni di noi hanno dato due esami per quella remota possibilità di insegnamento all’estero per lo Stato italiano, ma perché penalizzare chi questo secondo esame non lo ha dato? Possono andar bene i 24 CFU previsti da Riconoscimento per quest’ultimo ambito se, come loro fanno, ampliano la possibilità di scelta tra settori disciplinari diversi (anche filologia, filosofia del linguaggio; magari anche antropologia, pedagogia etc.).

    Pessima la tabella presentata su Orizzonte Scuola: geografia, latino etc etc Allarmante! Per non parlare dell’esclusione: gli immatricolati di Lingue nel 1997 a Firenze, per esempio, non avevano esami obbligatori di geografia, potevano dare letteratura italiana moderna e contemporanea al posto di letteratura italiana, potevano scegliere esami all’interno di “aree” generiche (un esame a scelta all’interno dell’area “Scienze storiche” etc). Quindi indicare crediti su settori disciplinari specifici in discipline non fondanti va a penalizzare chi si è ritagliato piani di studio calibrati, di valore e magari più adatti all’attuale professione di facilitatore linguistico. Perché non puntare su CFU su settori specifici della nostra professionalità?

    Perché non ci concentriamo sugli esami che tutti abbiamo più o meno dato e che sono stati al contempo fondamentali per la nostra formazione come insegnanti/facilitatori linguistici di italiano L2?

    Che ne pensi, Ladylink, della proposta che segue simile a quella di Riconoscimento? Ho aggiunto qualche settore disciplinare per aumentare i CFU rintracciabili nei nostri piani di studio (rileggendo anche i commenti su Riconoscimento). Sono tutti settori disciplinari fondanti. Più possibilità a tutti i professionisti competenti!

    – 24 crediti nel settore disciplinare L-LIN/02 Didattica delle lingue moderne
    (anche attraverso le certificazioni DITALS, DILS-PG, CEDILS, CEFILS);

    – 24 crediti tra L-LIN/01 Glottologia e linguistica, L-FIL-LET/12 Linguistica italiana, M-PSI/01 o L-LING/01 Psicolinguistica
    (ho accorpato i due settori disciplinari perché a Lingue ai miei tempi non erano obbligatori quelli di L-FIL-LET/12; ho inserito psicolinguistica);

    -12 (o 24) crediti fra: L-FIL-LET 10 Letteratura italiana, L-FIL-LET 11 Letteratura italiana contemporanea, L-FIL-LET 13 Filologia della letteratura italiana, L-FIL-LET 14 Critica letteraria e letterature comparate, M-FIL/05 Filosofia e teoria dei linguaggi, M-DEA/01 Discipline demoetnoantropologiche, M-PED/01 o 02 o 03 o 04)
    (tutti i laureati in Lettere e Lingue hanno almeno 12 CFU; ho aggiunto pedagogia e antropologia)

    Mi sembra altamente inclusiva, pertinente alla classe di concorso in questione e 60 (72) CFU sono più che sufficienti. Se qualcuno dovrà recuperare dei crediti, lo farà su settori disciplinari fondanti e magari prendendo una certificazione (cosa che da facilitatori facciamo, giustamente, da vent’anni).

    Voglio ricordare alle colleghe e ai colleghi che più facilitatori verranno inclusi nella CdC, più saremo visibili come professionisti agli occhi dell’opinione pubblica. Dobbiamo far sì che nella CdC entrino i facilitatori e non chi ha crediti su settori generici (vd. tabella Orizzonte Scuola). Altrimenti, da invisibili che eravamo, scompariremo per sempre!

    Notte

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