“Il linguaggio è una legislazione e la lingua ne è il codice. Noi non scorgiamo il potere che è insito nella lingua perchè dimentichiamo che ogni linguaggio è una classificazione e che ogni classificazione è oppressiva… un idioma si definisce non tanto per ciò che permette di dire, quanto per ciò che obbliga a dire.
In francese sono costretto a pormi anzitutto come soggetto: ciò che io faccio non è che la conseguenza e la consecuzione di ciò che sono; allo stesso modo, io sono obbligato a scegliere sempre tra il maschile e il femminile, mentre invece mi sono vietati il neutro e il promiscuo; e ancora, io sono obbligato a precisare il rapporto che mi lega all’altro ricorrendo sia al tu, sia al voi: la suspense affettiva o sociale mi è negata. Ecco dunque che, per la sua stessa struttura, la lingua implica una fatale relazione di alienazione. Parlare, e a maggior ragione discorrere, non è, come si ripete troppo spesso, comunicare: è sottomettere: tutta la lingua è una predeterminazione generalizzata.”
Da R. Barthes, Lezione, Einaudi, Torino, 1981.
immagino…
p.
La mia era una drammatica constatazione
Alcune volte gli studenti sono stravolti dal contenuto del corso. Non coinvolti, stravolti.
é un punto, cara LL*, da cogliere…
da un lato la ns lingua è una lingua di sovrapposizioni, anarchiche prese di turno…
dall’altro ci sono gli studenti. sicuramente ce ne avrai una serie tra i tuoi che hanno uno stile introverso. Ovvero: necessità di sedimentazione, pause di sintesi. A volte gli studenti devono avvertire il silenzio dell’insegnante per sentirsi spinti a parlare. Su questo concordo con Gattegno…
ciao
p.
@piroclastico: i miei studenti non si possono permettere il lusso del silenzio, non c’e’ tempo!
Quindi io non lo posso gestire, o lo faccio male.
le diverse restrizioni imposte dai singoli sistemi linguistici sono croce e delizia del traduttore;)
Interessante studiare l’altro dal linguaggio (qualsiasi linguaggio): il silenzio.
Ci sono aree del comunicare che affondano nell’altro dalla lingua. I silenzi.
Il silenzio è una variabile culturale, da un lato, e personale dall’altro.
Noi insegnanti come gestiamo il silenzio?
p.
Allora e’ il caso di leggere: WRITTEN ON THE BODY di Jeanette Winterson, Mondadori (In italiano “Scritto sul corpo”).
Il libro e’ strutturato in modo che dall’inizio alla fine non si capisca se siamo alle prese con un protagonista o con una protagonista, che narra il suo amore per Louise, donna dalla lunga chioma rossa…
E’ un libro che scava dentro, proprio perche’ il linguaggio mette a nudo i sentimenti, ed il sesso del narratore passa assolutissimamente in secondo piano.
Questo sempre che abbia capito la citazione di Roland Barthes… spero di non aver postato un OT.
🙂
Molto interessante. E che dire del linguaggio della poesia?
LA POESIA, L’ARTE DI DIRE QUEL CHE NON SI SA
liberamente tratto dal poeta Davide Rondoni