Interessante un articolo su “Il fatto quotidiano”, segnalato dal caro amico Piroclastico.
La riflessione “linguistica” nasce da un caso che ha fatto molto discutere in Italia.
Leggi l’articolo: E se smettessimo di chiamarli “onorevoli”?
Interessante un articolo su “Il fatto quotidiano”, segnalato dal caro amico Piroclastico.
La riflessione “linguistica” nasce da un caso che ha fatto molto discutere in Italia.
Leggi l’articolo: E se smettessimo di chiamarli “onorevoli”?
Utilizzando il sito, accetti l'utilizzo dei cookie da parte nostra. maggiori informazioni
Questo sito utilizza i cookie per fornire la migliore esperienza di navigazione possibile. Continuando a utilizzare questo sito senza modificare le impostazioni dei cookie o cliccando su "Accetta" permetti il loro utilizzo.
quando una persona è immersa nel suo lavoro e lo svolge con passione, è il primo a sentire certe ‘etichette’ come scomode e inadeguate.
Chi le difende come se fossero il contrassegno del rispetto e dell’onore, le usa come scudo.
Confesso: a volte a me mette a disagio il termine “professore”.
Non ‘professo’ niente.
O ricercatore. Chi ha un dottorato la sola cosa che ricerca è un lavoro.
O studioso. Nell’immaginario comune chi studia è un compilativo. Uno che fa riassunti. Legge molto. é passivo rispetto al sapere. Non crea il sapere. Non è un creativo. replica.
O intellettuale. Non mi piace. Sa di uno che non fa niente: non produce. Neanche insegnante mi piace, più che altro per ragioni di fonetica.
Docente, è troppo simile a decente. Suona male.
Mi piace la parola ‘tecnico’ (o esperto di….). Che è molto di moda in altri campi.
Tra parentesi: quando abbiamo in mente un tecnico, abbiamo in mente un geometra, un architetto, ecc.
Pensiamo a quanto potrebbe essere bello se queste professioni fossero umanistiche (anche). Un geometra umanistico ridurrebbe le colate di cemento . Un architetto umanistico penserebbe alla funzionalità delle opere che progetta e non solo all’impatto visivo (ho in mente il ponte di calatrava).
Allo stesso modo pensiamo a quanto potrebbe essere bello un aspetto tecnico nel mondo dell’insegnamento, attività ‘umanistica’ per eccellenza.
“Teacher is a technician, not a parent not a priest”, diceva Gattegno.
Tecnico nel senso che ogni azione è calcolata. Che l’apparente improvvisazione è frutto di un problem solving/decision making oculatissimo.
Che nella valutazione i margini di simpatia/antipatia si riducono .
Potremmo continuare, fino a quando le mie ipotesi non ci mettono d’accordo tutti, in un’attività di approssimazione del linguaggio alla realtà
Io penso che le parole riflettano un universo che volenti o non volenti ci dentro.
Il lessico rivela, in trasparenza, una dimensione sociale.
Se io incontro un parlamentare, e ammettiamo che non si tratti di personaggi risibili come Scilipoti o di Borghezio, ma di un parlamentare qualunque, anonimo, una parte di me, è portata all’inchino. A onorare l’altro.
Probabilmente questo titolo scomparirà quando questa sensazione che mi/ci portiamo dentro svanisce.
Quando un parlamentare è un tecnico. Come un ingegnere o un medico.
Se considero il contesto di quella scena videoripresa (a cui si fa riferimento nell’articolo) con il prete che appella ‘signora’ la prefetta (che poi non mi pare cosi irriverente…. meglio di prefetta… altre soljuzioni sono ridicole: il prefetto femmina? pare un insetto in via di estinzione; prefetto donna? pare un prefetto maschio transgender) io non vedo alcuna provocazione. Non c’è. Non è un Luca Casarin.
Mi pare sia un falso problema sociolinguistico. Piuttosto un’accusa di sgarbatezza utilizzata furbescamente dal prefetto di napoli per ragioni che mi sfuggono (può essere che l’argomento sollevato dal prete: il non intervento delle forze dell’ordine a reprimere i roghi di immondizie -quindi un inadempimento da parte delle prefettura- abbia fatto scattare una reazione, la stessa che, più in generale, fa dipingere l’aggredito come aggressore… molto diffusa in questi tempi). Oltretutto mi pare ridicolo l’appunto dello stesso prefetto, del tipo: “se io la chiamassi signore come reagirebbe?”.
E come dovrebbe reagire un prete? Scomunicandoti? Dandoti una penitenza? Dire che ‘non c’è più religione’? Somministrarti l’olio santo?
Un anedotto. Quando ero piccolo, nemmeno reverendo bastava per rivolgersi a un prete. Occorreva dire “Sia lodato Gesù Cristo”. E lui rispondeva “Sempre sia lodato”.
Mia zia un giorno andò dal medico. Il medico nel paese di campagna aveva una grande autorità. Simile a quella del prete, appunto.
Mia zia si confuse è lo salutò dicendo “Sia lodato Gesù Cristo”.
Un lapsus prezioso. Vale come un articolo di sociologia.
Non crederai a questo punto che io accetti a testa bassa il tuo dissentire. Sia chiaro..
Dissento. Anzi ho apprezzato l’implicito risvolto femminista delle affermazioni del prefetto di Napoli. Il giudizio migliore sull’accaduto mi pare l’abbia dato il prete: “Il problema proprio non sussiste, non sussiste proprio”: much ado about nothing; ricordo il giudizio di Berlanda, conservatore cosmopolita Senatore del Regno: “Pronti a tumultuare se un carabiniere gli strappa la bandiera rossa dalle mani durante una manifestazione e a testa bassa non fanno una piega accettando termini di carcerazione preventiva che non esistono in nessun paese del mondo.”. Non mi pare sia cambiato molto.
Mi attengo come da deformazione professionale all’etimo….
Onorevole: questo titolo o appellativo, in origine venne concesso perché i Parlamentari erano ritenuti “degni d’onore” in quanto percepivano solo un obolo simbolico per il loro servizio.
Quando Giolitti introdusse una sorta di “compenso” per i parlamentari, (guardando solo il lato positivo del fatto senza cercare ragioni “oscure”), l’intento era di permettere anche ad appartenenti a classi disagiate di poter accedere e rappresentare i cittadini al Parlamento. Tutti. Nessuno escluso.
Mentre “Signore” (dal latino senior, letteralmente più anziano), indica chi è superiore a qualcun altro, chi possiede, domina, governa o in generale ha potere su qualcuno o qualcosa. Nel primo caso non ci siamo, ma nemmeno nel secondo. Andrebbe istituito uno a partire dall’uso che designi tutt’altro e con chiara accezione negativa. Mi basterebbe disonorati da qualche tempo persino per Statuto, alla luce dei fatti e senza andare a rivangare nel miserrimo e sempre più biasimevole specchio di cronaca.
magnifico articolo, smettiamo di “onorare” chi non sa neanche cosa significhi il termine….