Cos’è l’Italia? La sua cultura, la sua lingua?
Cosa significa sentirsi italiani? Cosa significa ad un oceano e “a decine di anni” di distanza? Cosa significa quando la terra in cui si vive, spesso in cui si è nati, non è l’Italia; quando in Italia forse non si è mai nemmeno stati?
Sono stato in Brasile per lavoro, un viaggio fantastico in mezzo a colleghi insegnanti e non solo, italiani che sono partiti pochi anni fa, italiani che non vedono l’Italia da 40 anni, italiani con nonni arrivati in Brasile alla fine dell’800.
Ma tutti italiani. Italiani di un’Italia che mi piace, non accartocciata attorno alle quattro facce dei soliti quattro politici, non presuntuosa e vecchia, non proiettata verso il futuro e polverosa.
Un’Italia invece curiosamente cristallizzata in tante forme. un’Italia fatta dalle persone, dalle loro interpretazioni, dal loro “essere italiani in quel luogo”, “essere Italia in quel luogo”. Come nel quartiere italiano di Santa Felicitate a Curitiba, il quartiere degli immigrati italiani, che è divenuto attrattiva turistica per gli stessi brasiliani: un’Italia a me sconosciuta, con case, ristoranti, vie, gruppi folclorici italiani.
Italiani come l’immagine dell’Italia della più famosa telenovela brasiliana, Terra Nostra. Basta guardare qui sotto la sigla di apertura per capire.
Tutte “Italie” che non conoscevo e in cui non mi riconosco, che sento distanti nello spazio e nel tempo, e che certamente lo sono. Ma che non per questo potrei considerare fuori dai confini del paese nel quale sono nato.
Qualcuno resiste, alla lingua venduta come italiana e sentita dai “più italiani” come vecchi dialetti infarciti di portoghesismi; alla cultura della memoria cristallizzata, della tipicità, dell’italianità pizzettara. Ma è una resistenza inutile, perché puramente intellettuale di fronte ad un sentimento di appartenenza vissuto nel profondo e indipendente dal come è, oggi, il territorio italiano.
Al punto che quando qualcuno torna nel Bel Paese, a sua volta non lo riconosce. “Ho trovato tutto diverso”, “è tutto cambiato”, “non ho riconosciuto questo e quello…” le espressioni più usate. Perché anche la nostra Italia, insieme alla sua lingua e a noi, cambia.
E anche io sono un po’ cambiato dopo questi incontri con i miei connazionali d’oltre Oceano, che ringrazio dal profondo del cuore.
e circa la telenovela Terra Nostra, siccome sono stata anch’io in Brasile me ne hanno parlato spesso:
a) la telenovela è stata molto importante per ricordare anche ai brasiliani il ruolo e l’impatto degli italiani e della loro cultura, nella crescita economica e culturale del Brasile
b) i miei parenti mi hanno assicurato che per più di un anno in Brasile si parlava un portuliano, ci si salutava esclusivamente in italiano ed erano entrate nel linguaggio comune espressioni come ECCO, MAMMA MIA ecc ecc
un vero tormentone….
ll*
se però questi italiani che vivono in brasile continuano a vedere pippo baudo, toto cutugno e little tony sul palco di sanremo, sarà sempre più difficile fargli capire che non è proprio ( non è più quella) la musica che la maggiorparte degli italiani ascolta?
a proposito, ma quando vieni negli states????
Sentirsi italiani in Brasile è avere la certezza che ci siano profonde radici che uniscano i popoli di questi due Paesi. Per gli italiani del Brasile, tornare (o andare per prima volta) in Italia è forse provare quella sensazione del navigatore che è partito pensando che un giorno sarebbe tornato al posto di origine e avrebbe ritrovato i luoghi e la gente che ha sempre amato.
Gli italiani del Brasile portano alla memoria la memoria dei loro antenati. Raccontano un’Italia piena di gente per bene, una gente che valorizza la famiglia, una gente spontanea, affettuosa e vivace, che ama la bellezza e che, soprattutto, ama cantare, mangiare e parlare ad alta voce.
Gli italiani del Brasile hanno l’anima carica di un dolce romanticismo verso l’Italia e il popolo italiano, perché si sentono ancora parte dalla loro origine e ritengono, nostalgici, che dall’altra parte dell’oceano ci sia qualche ricordo oppure la curiosità ancora viva nei confronti della vita che possano aver vissuto quelli che sono partiti.
Ah scusa, sono Desi.
Ah. Grazie!
Ma non ti sei svelata…
Grazie a te, sei stato molto simpatico a Curitiba!
dimenticavo:
Feliz Navidad y un hermoso 2008!
bello quello che scrivi, porfido, se non ci fossero i nomi, le foto, ecc. potrei dirti che si tratta di una parte dell’Argentina: stesse sensazioni, stesse emozioni, stessi momenti di non saper bene dove si è.