L’articolo con cui concludiamo il mese di marzo è uno straordinario esempio di quanto, in un corso di lingua italiana per stranieri, si possano integrare e seguire percorsi diversi per la riflessione linguistica, assecondando le doti e peculiarità dei nostri studenti.
Questo articolo mi è arrivato quasi all’improvviso. Lo pubblico con estremo piacere, fiera di sapere che sia stato scelto Ildueblog per la sua diffusione. L’autrice è un nome e pseudonimo noto nel panorama romano della didattica dell’italiano per stranieri, che colgo l’occasione di ringraziare.
“Se ascolto dimentico, se vedo ricordo, se faccio capisco”. (Confucio)
È innegabile che chiamando in causa gli approcci linguistici più moderni ci si interpelli ancora, saldi sulle coordinate e convinzioni di partenza, sul saper fare lingua, ancor prima di esercitare un controllo costante fin troppo attento alla forma. E tali approcci didattici non arbitrariamente coinvolgono tuttora processi pedagogici storicamente già noti a noi, seppur introdotti in modalità puramente empirica intesi come: arcano, stabilito da antiche conoscenze, ma già consapevoli di come funziona un processo di apprendimento subordinato a diverse categorie, anche d’ordine etico e filosofico.
Platone e Confucio da due diversi mondi, eppure in contatto stretto.
Perciò non si deve mai non prescindere dal concetto glottodidattico di appagamento totalizzante di quel fare che scaturisce dal piacere: innato e implicito nella natura umana.
Se desideriamo poi porre l’accento sulla dimensione appunto globale in termini di abilità e competenze (primarie ed integrate, di produzione scritta e orale), chiamiamo in causa anche la teoria della bimodalità che presuppone un’analisi e una serie di passaggi specifici nell’elaborazione dell’input (non esattamente da considerarsi scontata se vedremo che si tratta di una condizione anche culturale non sempre fissa nel suo procedere, ovvero nell’ordine “naturale” di acquisizione, come è stato di recente dimostrato; gli orientali, ad esempio come pure i sudamericani, vengono da una scuola e società che privilegiano l’emisfero destro: questa differenza di impostazione va, senz’altro tenuta in debito conto).
Citando Edgar Dale e il suo emblematico grafico Cone of Experience (Audiovisual Methods in Teaching. 1969), proprio come Confucio infatti, afferma che di una comunicazione si ricorda:
- il 10% di ciò che si legge;
- il 20% di ciò che si ascolta;
- il 30% di ciò che si vede;
- il 50% di ciò che si vede e si ascolta similmente;
- l’80% di ciò che si dice;
- il 90% di ciò che si dice dopo aver discusso, valutato, elaborato, lavorato.
Non a caso, attraverso attività pragmatiche e ludiche, ormai in uso nei corsi di lingua (e ci si auspica che siano destinate a occuparne spazi ancor maggiori) lo studente facendo impara e impara dimenticandosi di quei rigidi ruoli che per una senso personale di percezione della lezione e dello studio lo porterebbero a:
non esprimersi
- non esporsi con un proprio punto di vista personale
- limitarsi all’esecuzione di task più o meno meccanici
L’attività proposta in questa sede dunque, non prende unicamente spunto da alcune delle attività ludiche più utilizzate con gli studenti come il memory, i riconoscimenti, gli abbinamenti, completamenti, gli opposti o i giochi con le carte, ma ha il profondo intento di capovolgere il punto di vista della produzione dell’input figurativo: l’immagine non è cercata, scelta, somministrata o creata dall’insegnante, ma elaborata dagli stessi studenti attraverso il disegno.
Perché proprio il disegno?
La leggenda riporta che quando Michelangelo scolpì il Mosè fu talmente soddisfatto della resa realistica e naturale della sua opera che gli sferrò un colpo indignato e gli gridò, come se il marmo lo ascoltasse “perché non parli?!” oppure basti pensare alle statue parlanti di Roma, agli affreschi nelle chiese che mostravano episodi del Vecchio Testamento, la biblia pauperum o l’epica d’Orlando, illustrata in Sicilia o ancora l’historia picta…
L’importanza della dimensione iconica nell’apprendimento, il legame a tratti indissolubile di immagine e parola, figure retoriche e simboliche, non solo nella linguistica, così come il continuo ricorso che si fa alla comunicazione visiva e non solo in fatto di didattica, ma nei media e nel nostro vissuto quotidiano ci porta a riflettere sulla sua portata e valore anche in termini espressione e linguaggio universale, come la musica, e persino la gestualità, la prossemica, traducibile in linguaggio a parole, messaggio verbale, traslato e figurato e viceversa.
Citiamo un passaggio de La Tregua (La curizetta, calco dal russo non di minor interesse): II guerra mondiale, Levi e i suoi compagni di viaggio proseguono il viaggio a piedi, fino ad arrivare in un altro paese della campagna Bielorussia. Qui Cesare decide di comprare una gallina, ma la difficoltà a parlare un’altra lingua che non conosce lo porta a disegnare a terra la sagoma dell’animale, finalmente una vecchia capisce ed esclama “Kura! Kuritza!” ovvero “Gallina! Gallinella!”, e i due possono barattare i loro piatti con la gallina.
Secondo quanto anticipato brevemente questa tecnica è di fondamentale importanza non solo perché si tratta nel mio caso specifico di studenti che si accingono a fare ingresso nelle nostre Accademia di Belle Arti e di nazionalità cinese (fattori sì importanti ma non essenziali in toto, se poi si considera la dimensione di robusta iconicità, referente figurativo e sintesi grafica degli stessi hanzi o caratteri cinesi della scrittura….) ma perché è implicito e rafforzato un approccio quasi multidimensionale in termini cognitivi, che coinvolge quel profondo senso di piacere e di gioco, di momento rilassante, di creatività assoluta, e quella motivazione a cui abbiamo fatto cenno. Si può fare ricorso ad essa nel caso di studenti analfabeti o con diverse abilità e con successo. Da non dimenticare l’importanza, se non sarà opportuno chiamarla “riscoperta”, della coordinazione oculo manuale, azione che interviene a pieno titolo nello svolgimento dell’attività del disegnare, ritagliare, sagomare, modellare, colorare e comporre.
Lavorando in gruppo, assegnata l’idea di un progetto da elaborare, durante la suddivisione dei ruoli nel gruppo, sceneggiatore, scrittore, ideatore, uno o più esecutori del progetto disegnato e suddiviso in storie, episodi, coerente e coeso nel testo e nella narrazione anche iconica, è dunque necessario capire quello che i compagni o gli “avversari” dicono o scrivono e allo stesso tempo si deve elaborare l’idea, fungere da monitor e comunicare con il gruppo:
- assegnazione del tema;
- suddivisione della classe in gruppi;
- scelta dei ruoli, libera a seconda della capacità e desiderio del singolo studente a seconda dei casi;
- scelta della tipologia di “testo” da elaborare, nel rispetto del sillabo (strutture e lessico conosciuti, competenza socioculturale, capacità di sintesi e metaforica);
- scelta della tecnica/ dei materiali per svolgere l’elaborato;
- scelta della tipologia narrativa da utilizzare (fumetto, biografia, ricetta, storia ad episodi, illustrazione di una fiaba, racconto, un aspetto della storia/ della tradizione del proprio Paese).
In questa sorta di “libretto delle istruzioni” il docente agisce in maniera marginale, con un focus implicito sul punto 4, aspetto di cui gli studenti si renderanno conto assai poco, soprattutto impegnati a mettere in atto un vero e proprio forsennato piano d’azione che si concentra sul risultato finale e sulle sue fasi di realizzazione, in un vero e proprio rule of forgetting dell’attività ludico-pratica.
Il gioco, si sa, aiuta a superare imbarazzo e timidezza, incoraggiando anche gli studenti più timidi e introversi a partecipare attivamente, quasi senza accorgersi che si tratta di un’attività a pieno titolo proposta dall’insegnante.
Il desiderio di superare e superarsi in questa sorta di sfida che questo comporta fa sì che si accetti con entusiasmo e serenità anche un argomento “serio” come la grammatica, spesso considerato difficile, ma accettato “istituzionalmente” dagli studenti.
Altresì è importante che alla fase strettamente ludica ed esecutiva, proceda un momento di riflessione, il dopogioco. Riflettere sulle abilità linguistiche praticate durante la fase ludica, sui processi cognitivi attivi in essa, sugli atteggiamenti interpersonali ed empatici di cooperazione (ma anche eventualmente conflitto) scatenati nella dinamica del gruppo, nonché sui sottesi obiettivi didattici dell’attività svolta è fondamentale per evidenziare l’intenzionalità educativa di questo modello riconosciuto di metodologia glottodidattica.
Nello specifico, tornando all’attività qui illustrata:
- gli elaborati alla fine del tempo assegnato vengono appesi, una volta conclusi, i lavori dei rispettivi gruppi;
- In piena autonomia i ragazzi sceglieranno uno di loro che dovrà illustrare alla classe, in plenaria, il proprio lavoro, motivando scelte e sempre quasi senza accorgersene, sforzando la propria competenza di produzione orale più di quanto non farebbe in altrettante attività guidate o libere che siano.
Al docente non rimane che stare a guardare lo svolgersi di questa meraviglia sotto i suoi occhi, osservare gli allievi lavorare con spensieratezza, impegno e divertimento, non senza vivace e accesa polemica a volte, poiché devono essere in grado anche di patteggiare forme e contenuti, quello che più lo appaga (e stavolta è il suo senso del piacere), dimenticarsi del tutto o quasi della sua ormai “ingombrante” presenza in classe.
Conosciamo meglio l’autrice dell’articolo!
Monica Febbo / Pallino Pinco
Nasce inizialmente come storica dell’arte prestata alla didattica della lingua italiana. Dopo la laurea in Lettere collabora con riviste letterarie e insegna scrittura creativa, successivamente ottiene la Cedils poi il Master di II livello. Insegna italiano come LS (segue anche progetti per L2) dal lontano 1999. Ha lavorato dapprima nell’Istituto di Cultura di Varsavia e nella facoltà di Italianistica della stessa città come lettore. Tornata in Italia ha collaborato dapprima con la scuola Scud’it e dal 2012 lavora ininterrottamente per i progetti Erasmus, Ciencia sem Fronteiras e Turandot per l’Accademia di Belle Arti di Roma, l’Università per Stranieri di Siena, Roma II e Roma III.
Ciao Alejandro, grazie per aver commmentato. Siamo interessati alla tua collaborazione, ma vorremmo intanto conoscerti e sapere meglio come intenderesti commentare. Scrivici e parlaci del tuo lavoro e dei tuoi interessi nella lingua e cultura italiana: ladylink@ildueblog.it. A presto, ladylink
Ciao, mi chiamo Alejandro Vargas. Sono messicano e vivo in Juárez, Chihuahua. Mi piace questo blog. E ‘possibile collaborare con voi da Ciudad Juarez? Sono jornalista in Periódico Norte.