Fatemi fare anche a me ogni tanto un post moralista!
E partiamo da qui: forcone è la parola del momento.
Secondo il dizionario etimologico on line è un accrescitivo (ormai lessicalizzato) di forca: “Strumento formato da un ramo d’albero rimondo, lungo circa un metro e mezzo, che in cima si divide in due o tre rami minori tagliati, i quali appuntati e curvati leggermente da una parte si dicono rebbi; e viene adoperato per ammucchiare paglia, fieno o simili”.
Come detto, Forcone è un lessicalizzato, ma aspettiamo con ansia che i più giovani partecipanti a questo movimento vengano chiamati “forconcini”, per andare a rimpinguare le orride voci vezzeggiative che intasano negli ultimi anni la nostra lingua. Eccone una breve lista, rubata a Davide Guadagni, dell’Espresso:
Aggiustatina – L’atto di rassettarsi. Tipico del dopocena prima di avventurarsi nella notte.
Aiutino – Incresciosa richiesta di ausilio, tipica di quiz tv. Es.: “Mi dà un a.?”.
Amichetto – Oltre l’età delle elementari definisce maliziosamente l’amante o presunto tale.
Caffettino – Un caffè di fretta, a Milano.
Cinemino – Film dopo pasto frugale che induce a storpiare entrambi. Es.: “Pizzetta e c.?”.
Fighetto – Un tipo troppo azzimato per essere figo (v.), ma non ancora fighettino (v.)
Fighettino – Azzimato e vacuo. Dispregiativo ottenuto dal diminutivo di un vezzeggiativo. Aiuto.
Governicchio – Governo instabile. Un tempo erano balneari poi per tutte le stagioni.
Massaggino – Ricerca di sollievo attraverso manipolazione che talvolta nasconde intenzioni sessuali.
Messaggino – Sms (Short Message Service). Evitiamo di infierire sulle abbreviazioni relative.
Risottino – Come spaghettino e simili, nel lessico degli osti, rendono più appetibili piatti mediocri.
Ritocchino – Lieve intervento estetico che, ripetuto, genera esseri metà carne e metà silicone.
Secondino – Come attimino ma più preciso. Cronometrico, direi.
Sessantottino – Chi partecipò al movimento del ‘68. Esteso poi a chi, quell’anno, era vivente.
Sushino – Rapido pasto di pesce crudo. Es.: “Ci facciamo un s. veloce, poi cinemino (v.)?”.
Telefonino – Cellulare. Anche nel senso del numero relativo. Es.: “Mi dai il tuo t.?”, “No, mi serve”.
I diminutivi possono essere pericolosi, e non solo per la bruttezza linguistica (di pochi giorni fa la coniazione di “falchetti“, per indicare i giovani che appoggiavano Berlusconi nel momento della scissione del PDL), ma anche per la loro portata semantica, perché non solo “rimpiccoliscono”, ma anche sviliscono, depotenziano, si fanno burla della parola che vanno ad alterare.
Ricordo così su due piedi l’orrido neologismo delle “olgettine“: le ragazze che Berlusconi avrebbe ospitato nell’esclusivo residence Olgettina a Milano. O le “letterine” degli anni 2000, le “meteorine” e similari… diminutivi che rivelano un sessismo che fa rabbrividire.
O i potenzialmente razzistoidi: cinesino, negretto, indianino… zingarello.
🙂 Ecco il motivo per cui ho sempre disprezzato i diminutivi.