I nostri fedeli lettori avranno sicuramente familiarità con il nome di Roberta Barazza. A marzo abbiamo postato il racconto di una disavventura capitatale negli Stati Uniti, paese in cui ancora si trova, anche se ancora solo per pochi giorni.
Da qui l’idea di contattarla per ildue chiacchiere con, invito al quale ha risposto con il solito entusiasmo. E siccome il suo è un fiume di parole, ammetto che ho faticato un po’ per incanalarlo. Eccovi, dunque, la prima parte dell’intervista…
Proprio ieri navigavo tra le pagine del Bollettino Itals e incappo nel tuo nome, sei tra i 3 della redazione ed ho pensato:
“Ma questa Roberta Barazza ultimamente la ritrovo ovunque: mailing list, blog, Bollettino Itals, un articolo su in-it, forse proprio nell’ultimo numero, ma Roberta Barazza chi è? “
In Italia sarei un’insegnante di inglese nelle superiori. Ho laurea in inglese e Master in poesia, ma ho anche frequentato dei corsi Itals per insegnare italiano a stranieri, e infatti negli ultimi anni ho insegnato italiano all’estero.
Ho fatto questa scelta dapprima per un disagio personale a vivere in Italia, poi perché insegnare all’estero può permetterti di fare cose più interessanti, come lavorare per università come lettrice, mentre in Italia lavorerei alle superiori. Da non sottovalutare le opportunità di fare PhD, oltre naturalmente alla possibilità di scoprire un paese straniero per cui, come in un viaggio, tutto diventa più vivace e significativo. Qui dove mi trovo, in USA, si lavora con più facilità: accesso a internet, biblioteca, mezzi informatici, … tutto più dinamico e accessibile che altrove; quindi posso fare più cose e curare i legami e le collaborazioni con l’Italia. Forse è proprio per questo che mi si trova più spesso in internet: perchè ho mezzi e possibilità di lavorare di più, di scrivere articoli, di interessarmi di più cose.
Una domanda che rivolgo sempre ai miei compagni di chiacchiera è come hanno iniziato questo lavoro, a te la parola…
Come accennavo, lavoravo a Venezia come insegnante di inglese alle superiori. Avevo superato il concorso ed ero supplente a tempo pieno. Poi sono stata molto disturbata da certe persone e ho pensato che sarebbe stato meglio trasferirsi altrove. In un primo momento mi sono iscritta nelle graduatorie di Roma, mentre ora sono a Bologna, ma sempre di più ho cercato di insegnare all’estero. E devo dire che ci sono state esperienze interessanti; dapprima, com’è comprensibile, piuttosto incerte, ma poi sempre più sicure, anche a livello contrattuale.
Tutto è iniziato con un mese di volontariato come insegnante di italiano in Egitto, nella bellissima Luksor. Ero ancora a Venezia ma ho chiesto il permesso di assentarmi per qualche giorno in più durante le vacanze di Natale.
Poi in Messico con una collega presso la Dante Alighieri di Leon. Ci siamo andate, abbiamo insegnato per qualche tempo, ma meno di quanto pattuito, perché ci sembrava che quanto proposto dal direttore non fosse corretto.
Poi in Lituania nel 2003 con una borsa di studio Comenius: insegnavo italiano in una scuola superiore a Joniskis, nel Nord del paese, ma vivevo a Riga, capitale della Lettonia. Subito dopo sono stata all’Università di Varsavia con una borsa di studio del Ministero degli Esteri, per studiare storia polacca. Sono tornata in Italia, a Roma, per poi decidere di espatriare di nuovo: in Cina stavolta, dove ho insegnato inglese per circa quattro mesi: ho lavorato con bambini dell’asilo, delle elementari, medie e superiori, fino ad un’università sino-canadese. Spot pubblicitario: c’è una grandissima richiesta di insegnanti di inglese in Cina e credo sia una esperienza molto bella. Di recente sono aumentati i contatti con l’Italia e quindi anche le offerte di lavoro per insegnanti di italiano.
Nel 2005 sempre grazie al MAE, sono stata due mesi all’Università di Skopje in Macedonia e ne ho approfittato per visitare i Balcani; ho conosciuto dei colleghi di italiano e sono stata invitata a sostituire per un anno accademico un’insegnante presso l’università americana South East Europe University di Tetovo in Macedonia. Anche questa è stata una esperienza di lavoro molto interessante: lì c’è un grande interesse per la lingua italiana e ho potuto fare molte cose.
Attualmente sappiamo bene che ti trovi a lavorare negli Usa, alla Purdue University, in Indiana…
Sì, lavoro presso la Purdue ancora per pochi giorni. Qui ovviamente tutto funziona molto meglio: ottimi computer, efficienza e organizzazione, e non è poco: si lavora molto, e meno disturbati del solito; l’ambiente è dinamico e produttivo. Ottime strutture in USA. Per altri aspetti l’ambiente è molto meno entusiasmante. Non è un giudizio generale – mi riferisco sempre alle mie vicende personali. Infatti mentre nella precedente università in Macedonia ho potuto impegnarmi molto per l’università stessa e fare molte cose (ho lasciato in regalo un centinaio tra libri, film e cd), il mio lavoro era apprezzato e incoraggiato, e la mia competenza richiesta, qui la percezione è giusto l’opposta. Fin dall’inizio, vista la mia abitudine, ho fatto girare e-mail e informazioni relative al settore di italiano per stranieri: borse di studio, conferenze, nuove pubblicazioni, posti di lavoro … Sono stata bloccata subito e senza mezzi termini mi hanno detto di non disturbarli. Per non parlare di vicende personali più gravi, accuse assurde, e pesanti perdite di denaro, per le quali vi rimando ai miei articoli su PeaceReporter:
Ho lavorato bene, come dicevo, ma per conto mio. Ed è giusto così, visto quel che l’istituto si è permesso nei miei confronti.
Concludo citando un blog che ho iniziato da poco e in cui si trovano altre informazioni sulle mie attività e i miei interessi.
(segue)
Prego prego! Io non sono mai stata una fanatica patriota, ma credo che sia importante anche riportare le esperienze dei cervelli in fuga ri-costretti alla fuga! Ne ho conosciuti diversi di Italiani piu’ americani degli americani (piu’ realisti del re!) e ci manca poco che vadano in giro sventolando la bandiera a stelle e strisce. Ora, pur riconoscendo i punti di forza che ci sono e vi ho gia’ accennato nel messaggio precedente, non posso esimermi dal resto….e se Roberta (non io!) ha lavorato in tutto il mondo ha avuto problemi solo con gli Usa…direi che allora il problema ha a che fare con certe teste. Perche’ loro credono non solo CHE LA PERFEZIONE ESISTA (mentre io credo profondamente che si debba aspirare ad essa senza mai raggiungerla ..e meno male!) ma….CHE SIANO LORO AD ESPRIMERLA! Con le eccezioni, voglio ripetere…..Buon viaggio allora e buon rientro e..abbiate il coraggio di AFFRONTARE I VOSTRI CAPI CHE VI TRATTANO MALE. La dignita’ e’ la cosa piu’ importante
Grazie Paola di questo commento, lo dedichiamo a tutti gli entusiasti dell’emigrazione: andate, andate, poi ci dite.
Trovo che Roberta sia una ragazza non solo preparata ma anche molto coraggiosa, forse ..scomoda! Soprattutto in un Paese come gli Stati Uniti, paese che conosco e che ho felicemente lasciato per ragioni estremamente simili a quelle della Barazza. E’ incredibile come si venga incoraggiati (a parole) ad esprimere la propria opinione e ad essere ‘critici’..ma poi, come uno si azzarda, le reazioni sono immediate. Io ebbi problemi SERISSIMI di comunicazione con la Direttrice del mio Dipartimento in una prestigiosa universita’ americana, una donna notoriamente afflitta da vicende personali che aveva deciso di sfogare la sua insoddisfazione sui poveri italiani che aprivano bocca. Sono stata vittima di mobbing senza poterlo dimostrare (d’altra parte e’ una pressione difficilmente dimostrabile…). Le mie osservazioni metodologiche venivano puntualmente strumentazlizzate e scagliate contro di me. Non mi sono mai permessa di alzare la voce o di essere maleducata, o scarsamente professionale. Insegnare italiano mi piaceva, anche se poi non si aveva tempo di andare avanti nelle ricerche accademiche (ma questa e’ un’altra storia, avrei potuto scegliere di non dormire la notte e lavorare…ma calo’ la palpebra! Ed ebbi bisogno delle mie ore di sonno…!). La delusione maggiore e’ venuta dai miei colleghi, sottoposti ciclicamente a delle pressioni da parte della stessa…forse non sono arrivati al mio punto di insofferenza (non ce la faccio a stare in un posto in cui mi si manca cosi di rispetto e si calpesta la mia dignita’..risparmio i particolari ma vi sara’ facile immaginare un ambiente in cui una donna IN CARRIERA ed INFELICE decida di intraprendere una guerra con un elemento scomodo….) ma non si sono rivelati neppure cosi solidali e forti nell’affrontare una situazione simile. Tutti sapevano come andassero le cose in quel Dipartimento, ma sono un professore ha preso le nostre difese. Ah! Cosa piu’ importante….tutto questo per…udite udite! 1000 USD al mese….una miseria! IL SOGNO AMERICANO E’ FINITO. E’ una balla. Esistono tanti posti belli dove andare e dove stare. Gli Usa sono belli da visitare ma….puntate su una vita piena d’affetti….quello e’ un paese in cui esiste solo il lavoro, la carriera, e’ un paese in cui una nota di tristezza viene scambiata per una malattia…PUT ON A PRETTY FACE, questo e’ lo slogan! Si e’ vero, le biblioteche funzionano, le apparecchiature anche…ma e’ un paese ESTREMAMENTE individualista. A lungo andare…con rarissime eccezioni…e’ un tipo di societe’ che abbrutisce, spegne.
W L’AMERICA…EH???!!
Buon lavoro!
Putroppo Andrea noi non ci occupiamo di opportunita’ lavorative. Roberta Barazza ha un blog piuttosto attivo in questo senso. prova a rivolgerti a lei direttamente.
ll*
Mi piacerebbe insegnare la lingua italiana in Lituania.
Sai se c’è qualche opportunità in tal senso?
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