Sottotitolo: Ogni sgarrafone è bello a professoressa soja (1)
Traduzione: Riflessioni concitate sul semestre appena finito in mille parole circa (esclusa biblio-sitografia)
È così (1) che commento la fine tanto auspicata, ma alla fine anche un po’ malinconica, del semestre. Come ogni semestre anche questo si è contraddistinto per gli esami finali scritti, quelli orali, le presentazioni orali, tentativi in zona Cesarini (miei e loro) di recuperare l’irrecuperabile, composizioni che fioccano inaspettate, ripasso inviato alla prof al novantesimo minuto, ansie, nervosismo da parte degli studenti, ma anche sorrisi, anzi risatone e finito l’esame abbracci e baci, a cui seguiranno sottolineature e molti sospiri (solo miei stavolta), correzioni, voti, calcoli da far venire il mal di testa, conti che non tornano, un voto tolto lì e rimesso qui, insomma la solita manfrina a cui non ci si rassegna mai.
Ma questo semestre è speciale. È la fine del 232, del quarto semestre di lingua, che è il requisito di molti corsi di laurea. Alcuni continuano a studiare italiano e li rivedrò ancora, altri si comporteranno come le sonde Voyager.
Saluto i miei studenti dopo due semestri intensi di lavoro insieme, alcuni ce li ho avuti per la terza volta consecutiva (<<dei sopravvissuti>> gli ho detto, dandogli una pacca sulla spalla!). Questi studenti quando li ho salutati mi hanno detto tante cose belle, che gli studenti americani sanno dire, ma i miei in particolar modo e comunque erano sinceri, perché sono i miei studenti e anche a me mancheranno.
Ho ottenuto davvero molti ringraziamenti e complimenti, sia per email che a voce, si vedeva negli abbracci timidi o nelle risate mentre gli illustravo esercizio per esercizio l’esame finale, che stavamo per mettere la parola fine a qualcosa di speciale durato un anno. Peccato dovergli dare un voto, non mi piace dover quantificare e soprattutto non è giusto non poter far rientrare nel voto tutto quello che è successo a lezione decretando il successo del corso e che non rientra nel sillabo (certo poi bisognerà vedere le valutazioni finali… O povera me!). Allora per rincuorarmi ho deciso di aprire il post con la foto del ringraziamento di Matt (nome fittizio assai). Questa è una grande ricompensa, che ci farà pure sorridere, ma non è assolutamente scontata.
La seconda parte del post invece riguarda Frank e Mary, due nomi fittizi anche questi, che per il corso sugli autori migranti e italiani di seconda generazione, mi hanno proposto di sostituire il classico saggio di commento con due progetti alternativi. Il primo progetto era sulle poesie di Gëzim Hajdari, poeta di origine albanese (che ci è piaciuto tantissimo), per commentare le quali hanno pensato ad una corrispondenza immaginaria tra l’autore e l’Albania (una lettera era anche indirizzata a me) ed in cui hanno anche scritto una poesia, ricalcando Per voi uomini dell’Europa che vi affannate ogni giorno. Sono stati eccellenti.
Il secondo progetto mi ha spiazzata. Rispetto alla prima proposta questa volta non ne abbiamo parlato affatto e, come quasi presentivo, venerdì i miei sgarrafoni si sono presentati con un progetto che è andato oltre la mia immaginazione: una maglietta bianca piena di parole e disegni coloratissimi, con cui hanno rielaborato i racconti “Salsicce” di Igiaba Scego e “Curry di pollo”di Laila Wadia. Ero sbalordita. La maglietta, come potete vedere dalle foto, non ha bisogno di ulteriori descrizioni. Ero stupefatta, letteralmente. E nel giro di pochi attimi la mia mente e di riflesso il mio viso hanno espresso stupore, gradimento, eccitazione e preoccupazione. Preoccupazione? Certamente! Perché ho pensato (in romanesco) <<E mo che voto gli do????>>. Si sono alternate sensazioni così diverse nell’arco di pochi istanti che devo essere sembrata una trottola di espressioni facciali. Ho subito fatto una foto, a loro, alla maglietta e a me con loro che mostravano la maglietta orgogliosi e gli ho detto che avremmo dovuto pensare ad un “paper”, ad una conferenza, a questo e a quello, perché la mia mente americanizzata pensava a dover ricompensare, riconoscere, gratificare, sfruttare quel loro interesse che li aveva portati a quel progetto alternativo così prezioso.
Frank si è subito tirato indietro, no grazie, magari a Mary interessa di più… Mary mi ascoltava un po’ rintronata dal mio entusiasmo.
Nel turbinio delle emozioni la mia mente matematica ha anche pensato che a quel progetto poi avrei dovuto attribuire un voto… E speravo che prima o poi da non so dove (visto che non avevano gli zaini) uscisse un foglio bianco con dei caratteri neri in Times New Roman, 12, double spaced che mi avrebbe tolto da ogni imbarazzo. E mentre pensavo questo, pensavo anche che stare a pensare questo non era bello, ma era più forte di me, io dovevo quantificare e saper argomentare le mie valutazioni e calcoli, soprattutto considerando che un’altra studentessa avrebbe presentato il classico saggio scritto.
Questi studenti mi hanno dato tanto.
Questi studenti mi hanno dato tanto in cambio.
E ora, io, però, che voto gli do?
Biblio-sitografia commentata
Su Gëzim Hajdari ci abbiamo passato tutta una lezione (qui si lavora con ritmi serrati da catena di montaggio per creare prodotti artigianali) cercando di capire soprattutto le seguenti poesie: Addio mia patria e Buongiorno Albania e Per voi giovani dell’Europa che vi arrangiate ogni giorno (poesia VI). Gli studenti si sono appassionati e da lì è nato tutto.
Per le poesie di Hajdari posso citare come riferimento questo volume che le conteneva tutte (non le ho ritrovate online): Maria Cristina Mauceri, Maria Grazia Negro, Nuovo Immaginario Italiano, Sinnos, 2009.
La poesia numero V, invece, rappresenta le stesse tematiche delle prime due citate.
Di Igiaba Scego ho fatto leggere “Salsicce” e di Laila Wadia “Curry di pollo”. Entrambi fanno parte della raccolta Pecore Nere, libro molto diffuso oramai. Questi due racconti valgono il libro. In particolar modo “Salsicce” è importante perché c’è una parte in cui l’autrice elenca una serie di abitudini che la fanno sentire somala e una serie di comportamenti che la fanno sentire italiana. Questo esercizio lo faccio sempre fare agli studenti e io con loro. Escono fuori riflessioni profonde che partono con silenzi e tentennamenti. Questa lista copiosa di “cosa mi fa sentire come” la legge Ibiaba Scego in persona qui.
Gabriella Kuruvilla, Ingy Mubiyai, Igiaba Scego, Laila Wadia, Pecore nere, Editori Laterza, 2005
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Intanto grazie per i suggerimenti, sul taglio da dare alla lezione ci ho lavorato proprio oggi e quello che hai scritto mi è stato molto utile. In effetti quella che è iniziata come una risposta a me potrebbe diventare un nuovo post, da quanto è ricca e articolata. Appena concludo il ciclo di lezioni che ho in mente scrivo qui nei commenti un breve resoconto. Grazie ancora, buon lavoro a tutti.
mah ci pensavo mentre lo scrivevo… grazie, ci penso, così guadagno tempo per la seconda parte di quello sul lavoro negli US. smack
Ma insomma Sora Link, proprio tu? Quoque tu? Un siffatto commento buttato lì a perdersi. E facci una seconda parte, un secondo post per la delizia di tutti noi accaniti lettori della bella Lady collegamento… e non solo a vantaggio della cara Nicla.
Risposta 2
Ora… siccome ho dovuto imparare ad essere efficace in poche mosse, diciamo che come introduzione all’attività, potrai anche inventare che quel giorno prima di incontrarli ti sei bevuta un cappuccino perché avevi bisogno di quel gusto, di quell’abitudine che avevi in passato in Italia ecc ecc oppure, più efficace perché li inorgoglisce, gli dici che hai bevuto, letto, fatto qualcosa che ti ha fatto sentire tedesca (sai tu cosa potrebbe essere) e da lì cerchi di portare il discorso sull’essere italiani e tedeschi per loro. Però, non conoscendo i tuoi studenti non so quanto si lascerebbero andare iniziando la lezione in questo modo. La loro duttilità dipende da tantissimi fattori, questo lo sai solo tu.
Buon lavoro e facci sapere!!!!
Risposta 1
Cara Nicla. Condividerò qui con te e con i lettori degli spunti per portare quel video di Igiaba Scego a lezione.
Avendo trattato in un corso di letteratura un intero racconto (e non solo la parte estratta dal video), il mio procedimento è diverso. Mi lampeggia davanti agli occhi la parola “stereotipo”. Igiaba Scego forse non la cita mai, ma certo la diffidenza con cui la guardano gli italiani deriva dall’immagine stereotipata che hanno su chi è di colore (non possono essere italiani anche loro) o su chi è di una religione diversa o mangia cibi diversi. Inoltre, nel racconto IS accenna ad un colloquio per un lavoro in cui l’esaminatrice alla fine le chiede se si sentisse più italiana o più somala (e per dipanarle qualsiasi dubbio e farsela amica rassicurandola, le disse mentendo “italiana”). Cmq trattare lo stereotipo può essere un modo per approfondire come gli altri ci vedono (come i tedeschi sono visti) e come i tedeschi vedono gli italiani (sicuramente i tuoi studenti saranno stati in Italia, quindi ci sarà da parlare). Per motivarli potresti utilizzare quei titoli e immagini di giornale che nel 2006, durante i mondiali di calcio in Germania, la stampa tedesca produsse in grande quantità (chiamando i calciatori mangiatori di pizza ecc ecc). Da qui puoi arrivare a chiedere quali degli stereotipi sono i più veritieri (partiamo dal presupposto che degli stereotipi racchiudano sempre della verità) senza però approfondire troppo, giusto per portarli verso l’argomento.
Passare dagli stereotipi a Igiaba si può fare magari mostrando solo una
sua foto e gli dici che lei può rappresentare uno stereotipo e che però devono dirti loro chi è, compilando la carta d’identità di Igiaba Scego (e copi le info di una classica carta d’identità aggiungendo altre voci). Devono inventare la sua bio, dov’è nata, quando e anche il lavoro, dove ha studiato, i suoi interessi ecc ecc. Poi in plenaria vediamo se il lavoro sugli stereotipi ha dato i suoi frutti e poi sarai tu a dargli la versione corretta (magari sempre con un esercizio di abbinamento o con una lettura veloce con una bio presa da internet o con una lettura cloze).
CIRCA LA LETTURA DEL BRANO DI IS, posso aggiungere che con i miei studenti è sempre stata fruttuosa, ma non è facile riflettere su come ci sentiamo, per cui mi sono sempre preparata prima io, cioè le ho testate su di me, per poterli aiutare nell’autoriflessione (facendo esempi solo apparentemente semplici: mi sento italiana quando dico Ciao! quando arrivo o quando vado via, quando mi preparo il caffè espresso a casa con la Moka. Mi sento americana quando (più difficile, ma esaltante!) quando compro le confezioni d’acqua da 24 bottigliette (è successo!), quando faccio benzina da sola, quando do una mancia del 20%, quando esco da Starbucks con una bevanda in mano ecce cc).
Ah poi, tornando all’inizio del commento, una volta finita la fase sugli stereotipi, potrebbero scrivere loro la definizione di stereotipo, come se fosse un lemma del dizionario, così esercitano le varie abilità.
Sempre sugli stereotipi, ti ricordo il video di Bruno Bozzetto Italy vs Europe http://www.youtube.com/watch?v=tzQuuoKXVq0 (che però a me è servito anche per rendere consapevoli gli studenti del fatto che anche qui si possono ordinare tantissime combinazioni diverse di caffè, attività molto divertente, perché li/ci faceva ridere ordinare quelle bevande lunghe una frase!!!).
Bellissimo post e ottimi spunti che mi aprono un mondo nuovo. Stimolata da quanto post e dalla sito-bibliografia ho pensato di usare il video in cui Igiaba Scego legge la lista “mi sento italiana quando/mi sento somala quando” ed eventualmente il racconto da cui è tratta, o degli estratti, per un corso di letture e conversazione B2 alla VHS (Germania). Visto però che la classe è omogenea (tutti tedeschi) e che NON è un contesto universitario, ma un corso di lingue per svago, mi chiedevo se il l’idea non sia un po’ “troppo” carica e densa. Idee per la didattizzazione? Magari qualcuno che ha già lavorato con questi materiali sa consigliarmi? Grazie mille. Davvero bello e utile tutto questo blog!
Bello e interessante.
Vi suggerisco anche altri siti di letteratura migrante (un argoemnto che mi appassiona da un po’). spero potranno servirvi.
http://www.disp.let.uniroma1.it/basili2001/
http://www.disp.let.uniroma1.it/kuma/kuma.html
e da ultimo questo approfondimento
http://www.maldura.unipd.it/masters/italianoL2/Lingua_nostra_e_oltre/N3_2010Home.htm
Grazie per i vostri commenti. La letteratura della migrazione cresce esponenzialmente. Un portale molto attuale e di riferimento e’ questo http://www.el-ghibli.provincia.bologna.it/.
Purtroppo il corso di letteratura non si e’ mai riempito e infatti l’ho dovuto offrire come corso a parte (independent study) per quattro studenti che avevano bisogno di un corso di letteratura per laurearsi in italiano. E’ un grande sforzo per un insegnante lavorare a questo corso extra, ma e’ davvero appagante.
Bel post, un piacere leggerlo. Utilissime le informazioni biblio-sitiografiche, mi aprono a un mondo sconosciuto. Grazie mille!
Adoro i tuoi articoli, Ambra!
Grazie mille, Ladylink! Adoro le tue storie! Bellissima e utilissima la biblio-sitografia!
Bellissimo post! E che passione!
@ Giusy: Scusami Giusy, ieri ho combinato un pasticcio. Ho appena ripubblicato il l’articolo. Buona lettura! ladylink