Tocchiamo oggi un tema che ultimamente è molto sentito, l’amicizia tra studenti e insegnanti.
Per lunghi anni, quando ho cominciato ad insegnare, era ritenuta un aspetto addirittura positivo: insegnanti che riuscivano ad instaurare dei rapporti cordiali e di vera amicizia con alcuni studenti erano visti di buon occhio dalla direzione.
Andare a cena insieme, partecipare a feste… tutto incoraggiato.
Ovvio che in quella situazione si creavano anche relazioni più strette, avventure, vere e proprie storie d’amore tra allievi e prof.
Leggo oggi un articolo della Repubblica che mi fa riflettere anche, ad esempio, sul racconto di alcuni colleghi che hanno lavorato o lavorano negli Stati Uniti, dove addirittura gli insegnanti non possono intrattenersi asieme ad un allievo senza un testimone.
Ok, l’articolo è su un altro tenore, ma anche in questo caso, l’affermazione dell’esperto (!) “Il rischio è quello di perdere autorevolezza senza creare un rapporto reale” mi lascia alquanto perplesso.
Mamma mia Ciro… che amarezza…
Per le aule di scuola passa un filo che e’ sempre suscettibile di corto circuito per chi dirige la baracca: gli insegnanti, come gli altri, sono generalmente rincoglioniti da televisione, borsettina di prada e striscetta di cocaina il sabato sera, ogni tanto, quando la Mazzamauro decide di darla al Fantozzi, perche’ pure lei prima o poi la deve dare a qualcuno se non vuole proprio farla marcire. I ragazzini, almeno fino ai 15 anni sono invece materiale assai esplosivo, perche’ hanno una sola ossessione appena si alzano la mattina: giustizia e potere. Abituati a sottostare a tutti, sento il problema della giustizia e del potere in modo assai forte, bruciante. Ricordo che gli unici momenti che i ragazzi si animavano dal torpore era quando si parlava di problemi di politica, problemi morali. Ma i capoccia hanno gia’ un piano ben preparato: “un laptop per ogni studente” recitava il ministero della pubblica istruzione di Melbourne quando me ne sono andato. Li metteranno tutti di fronte ad uno schermo con degli esericizi idioti a forma di videogioco e il problema sara’ risolto. Non sono mai andato in guerra, eppure ho visto molti filme di guerra. Ma non me ne fido, per un motivo di natura analogica: non ho mai visto un film che riproduca veridicamente la normale situazione di classe: lo spreco di intelligenza che avviene nell’aula di una media scuola dell’obbligo statale (lasciamo stare le scuole private, li’ forse e’ un altro discorso). Sono tutti film falsi, in cui la realta’ viene stravolta in modo piu’ o meno sottile, proprio come probabimente succede nei film di guerra. Ricordo di aver letto da qualche parte che i superstiti di un plotone francese morto sotterrato dalla terra alzata di una granata tedesca durante la Prima proprio non ce la fecero piu’: all’ennesimo strombettamento sul loro spirito indomito e sforzo eroico si ruppero gli zebedei e protestarono sonoramente contro i sindaci e sottosegretari che ci si compravano i cappotti di pelliccia a forza di discorsi sull’eroismo francese della Prima Guerra Mondiale. Il gioco che funziona in aula e’ sostanzialmente: tu non rompere i coglioni a me, io non rompero’ i coglioni a te. La stimolazione cognitiva e’ qualcosa che se avviene e’ accidentale. Se ci fossero delle telecamere in classe e i genitori potessero vedere quali figli di troia sono i loro pargoli e quale livello scarsissimo di insegnamento viene loro assegnato dai governi dei loro stati, penso che molti di loro comincierebbero a piangere. Sospetto che gli anni della scuola, la noia mortale subita, il tempo infinito sprecato, siano esperienze cosi’ traumatiche che vengono rimosse dalla psiche di ognuno. Altrimenti non mi spiego perche’ i genitori che pure erano stati alunni ai loro tempi non abbiano nessuna idea di cosa succede realmente in classe. Si’, proprio come i civili che sventolano le bandierine e depongono fiori se qualche soldato muore non hanno nessuna idea di quello che succede realmente in una caserma.
Molto interessante.
Mi sembra che questo tema sia guidato dalla stessa logica per cui nelle caserme, quando io ho fatto il militare circa 20 anni fa, i superiori non facevano nulla per arginare il nonnismo, anzi… Creare differenze, distinguo, antagonismi tra i protagonisti di una comunità è il modo migliore per tenere quella comunità sotto controllo.
La relazione insegnante/studente nella scuola pubblica e’ al centro di un complesso gioco politico e sociale molto stringente. La regola basilare del gioco e’ che il governo paga lo stipendio degli insegnanti e dei presidi e al contempo prende voti dai genitori degli studenti. Fra poco arriveranno regole di condotta anche in Italia, non mi stupirei se fossero assai simili a quelle dei paesi anglofoni. La ragione di cio’, mi pare, e’ che i minorenni, la ‘protezione’ dei minorenni (da una genuina attivita’ di pensiero) ottenuta soprattutto attraverso lo sbandieramento ai quattro venti del pericolo di una sessualizzazione ossessiva e disumanizzante che viene agitato dalle classi dirigenti ogni qualvolta si parla di contatto fra giovani ed educatori adulti funziona come ottima profilassi nei confronti del pericolo che i punti di vista degli insegnanti (lavoratori) e degli utenti (studenti ma soprattutto genitori tax payers) possano convergere verso una sana e liberante lotta di classe.
La mia esperienza in un paese dal capitalismo imperante e totalmente vincente (Australia) mi ha convinto che lo scopo di presentare l’insegnante come possibile violentatore e pervertitore del pargolo non mira a mantenere la sanita’ sessuale dello stesso (ed infatti non a caso le leggi piu’ stringenti in materia di asetticita’ della relazione fra studenti e insegnanti vengono dagli USA, cioe’ dal paese che produce il 99,9% della pornografia mondiale) quanto ad evitare che il genitore e l’insegnante diventino amici, si parlino e si dicano:
Insegnante: “Ma lo sai che la scuola dove mi fanno lavorare non insegna assolutamente nulla a tuo figlio, lo rimbambisce dalla mattina alla sera e l’unica cosa che gli insegna e’ a giocare al gioco dei padroni del vapore.”.
Genitore: “Ma lo sai che lo sospettavo, perche’ non ci uniamo per fare qualcosa?”.
Un video istruttivo in merito e’ il racconto dell’esperienza di Howard Zinn come insegnante in un college di studenti neri negli anni Sessanta. Allora si poteva ancora uscire con gli studenti e magari farsi un paio di birrette con loro, la sera dopo scuola; questa prossimita’ favori’ anni di contestazione acida per le classi dirigenti che evidentemente dopo di allora impararono bene la lezione.
http://www.youtube.com/watch?v=IMt7cFFKPeM (dal punto 10 minuti e 50 secondi).
corretto!
Solo un appunto, c’è qualche errore di distrazione nel post: “Amicizia tra studenti e alunni” “tra allievi e studenti”..