Sono l’immagine della nostra cultura e del nostro paese all’estero. Rappresentano un punto d’incontro per gli italiani residenti fuori dal nostro paese e un luogo per ricercare le radici per tutti quelli nati e vissuti fuori dal paese d’origine della loro famiglia.
Sono gli Istituti italiani di cultura, istituzioni dipendenti del Ministero degli Affari Esteri che vivono, negli ultimi anni, un periodo difficile e poco chiaro tra dipendenza da Roma e un’autonomia propagandata ma poco reale né realistica.
Troppo spesso, è bene dirlo, la fortuna dei vari istituti sparsi nel mondo dipende dalla buona volontà o dalla competenza dei loro direttori, cosicché i “cambi di guardia” sono sempre fonte di speranza o di ansia per chi negli istituti lavora.
C’è poi chi non si dà per vinto, chi di fronte ad anni di fallimenti ha ancora la forza per lanciare un grido di speranza e invita la propria “capitale all’estero”, l’istituto stesso, a rialzare la testa, a rivivere il proprio ruolo. E’ il caso di Atene. Nel numero di Gennaio la rivista Eureka dedica all’IIC il proprio editoriale, una denuncia, un invito, un’opportunità da non lasciar dissolvere nel nulla.
Lo ripubblichiamo qui, sul nostro blog.
Editoriale di “Eurekaâ€, Grecia, gennaio 2006, editore-direttore Sergio Coggiola
C’era una volta un Istituto di Cultura
C’era una volta ad Atene un Istituto Italiano di cultura che di un “istituto†esibiva soltanto le mura.
C’era una volta un Istituto Italiano di cultura che per cinque lunghi anni non ha saputo essere il fulcro e il motore della cultura italiana ad Atene, ma la fucina del poco, dell’evanescente, e forse del nulla.
C’era una volta sempre un Istituto di cultura che non riteneva importante dare pubblicità ai corsi di lingua e alla cultura italiana, ma dare importanza a ciò che importanza non aveva. Mentre c’erano, e ci sono ancora, dei collaboratori di tale Istituto che avrebbero voluto fare o forse fare meglio, ma che ciò non era loro né richiesto e né tanto meno consentito.
C’era una volta la cronistoria – lo ammettiamo con una punta di autocritica – di una perigliosa crociata svolta contro tale Istituto di cultura, che, come per molte delle crociate, è stata troppo lunga, troppo dispendiosa, ed in conclusione non ha ottenuto i risultati sperati.
C’era una volta il desiderio degli italiani che avrebbero voluto riconoscersi nella programmazione culturale di quell’Istituto, per riaffermare e magari rimarcare il loro orgoglio dell’appartenenza alla cultura italiana e provare il piacere di vederla rappresentata ad Atene nel modo più consono e che invece assistevano attoniti o alla totale latitanza di tale Istituto, oppure ad una serie di eventi culturali sparuti, non attinenti e dalle platee vuote. Ma tutto questo, e qualcosa di altro, appartiene al “c’era una volta†e ci auguriamo che non sarà più!
Se è vero che ogni vita ha un suo tempo ed ogni musica il suo ritmo, confidiamo che la musica cambi e che si possa veramente dire che con l’anno che viene si volti pagina – o che addirittura si cambi libro. Niente più ammaini del nostro bel tricolore, niente più programmi annuali fatiscenti, niente più sterili polemiche, ma riassunzione dei reciproci ruoli, collaborazione, impegno, programmazione mirata, ma soprattutto dialogo con la comunità . Ci auguriamo che tutto ciò non resti semplicemente una speranza, ma si concretizzi in un effettivo cambiamento, perché se la cultura, come dice il nostro Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, è l’anima di un Paese ed è la sua memoria che deve vivere nel presente, per trasmettere e custodire tale meravigliosa eredità , con tutte le sue raffinate espressioni, occorrono competenza, dedizione e passione. (Eureka)
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