Prima lezione di grammatica

Qual è l’oggetto della grammatica? Come avviene per altre parole cariche di tradizione e tradizionalmente legate all’esperienza scolastica, anche il termine grammatica evoca cose molto diverse tra loro. (p. 1)

La Prima lezione di grammatica di Luca Serianni, già autore della imponente Grammatica Italiana della Utet, è un agile libretto, gustoso e nello stesso tempo rigoroso, che regala al lettore alcune riflessioni efficaci e a volte illuminanti.

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Che correttore sei?

La Guerra Edizioni ha una sezione “L’officina della lingua. Formazione insegnanti. Italiano Lingua Straniera” composta da 3 libri: Lessico. Insegnarlo e impararlo, di Alessandra Costa e Carla Marello, Grammatica. Insegnarla e impararla, di Cecilia Adorno, Franca Bosc e Paola Ribotta ed infine Analizzare e correggere gli errori di Anna Cattana e Maria Teresa Nesci.

La struttura di questi libri prevede una parte teorica introduttiva e quindi vari paragrafi in cui si affrontano vari aspetti legati appunto al lessico, alla grammatica o al concetto di errore. Sono anche presenti esercitazioni pratiche, alcune volte con delle risposte aperte, altre con dei mini quiz, la cui chiave è a fine libro. Spunti di riflessione sono quindi offerti proprio dalla concezione ed impostazione del libro stesso, tramite anche degli esercizi che si possono facilmente riprodurre in classe.

In questo post vorrei trattare del volume Analizzare e correggere gli errori, non tanto per approfondire la tematica, quanto per proporvi il test con il quale il volume inaugura la sua prima attivit : Che correttore sei?

Il test, c’è da dire, è nato da un progetto molto più vasto iniziato e portato avanti tuttora, credo, dalla Universit degli Studi di Torino, presso la Facolt di Lingue e Letterature Straniere, nella sessione Progetti e Formazione Insegnanti. In poche parole si chiede di esprimere un proprio parere circa la correttezza o meno di ogni frase (ci sono esattamente 32 frasi da giudicare). Nella pagina principale di questa sessione Progetti e Formazione si legge:

La preghiamo di compilare il test con questionario immaginando di correggere elaborati di studenti stranieri. Non tutti gli enunciati che le sottoponiamo sono stati effettivamente prodotti da apprendenti stranieri, tuttavia è interessante per noi sapere se lei li correggerebbe. Con le sue risposte ci aiuter a capire almeno parzialmente la sua idea di norma e il suo metodo di correzione.
Inoltre, riempiendo la parte con i dati personali, ci fornir indicazioni per mettere in relazione le tendenze nel correggere e la formazione dell’insegnante, il suo essere o non essere parlante nativo di italiano, ecc.

Se vi va, eseguite il test e fateci sapere che tipi di correttori siete, io l’ho fatto tempo fa sul libro ma mi rimetto in gioco, stavolta on line, e poi vi farò sapere…

Buon lavoro!

L’italiano contemporaneo

Autore: Paolo D’Achille
Titolo: L’italiano contemporaneo
Editore: Il Mulino
Anno: 2003

Se a qualcuno fosse sfuggito, consigliamo di trovare una scusa e correre in libreria ad accaparrarsi L’italiano contemporaneo di Paolo D’Achille.
Un libro scritto bene, chiaro, interessante e a volte illuminante sulla nostra lingua in continua evoluzione.
Di seguito la scheda di presentazione dell’opera:

Il volume intende presentare l’italiano di oggi ai vari livelli di analisi linguistica, dalla fonetica e fonologia alla morfologia flessiva e lessicale, dalla sintassi al lessico (compreso il settore dell’onomastica, in genere trascurato nelle trattazioni generali). Sono affrontati tra l’altro alcuni aspetti di carattere variazionale particolarmente significativi, con capitoli dedicati al parlato, allo scritto, al trasmesso e approfondimenti sul linguaggio giovanile, sulle varietà regionali e sulla lingua dei semicolti. Per ogni livello di analisi linguistica sono messi in rilievo tanto gli aspetti strutturali quanto le “linee di tendenza”, vale a dire le possibili evoluzioni dell’attuale sistema.

Indice: Premessa. – I. La lingua italiana oggi. – II. Onomastica. – III. Lessico. – IV. Fonetica e fonologia. – V. Morfologia flessiva. – VI. Morfologia lessicale. – VII. Sintassi. – VIII. Le varietà parlate. – IX. Le varietà scritte. – X. Le varietà trasmesse. – Conclusioni. La città della lingua. – Bibliografia. – Indice analitico.

Paolo D’Achille è professore straordinario di Linguistica italiana nell’Università di Roma Tre. E’ autore tra l’altro del saggio “L’italiano dei semicolti” per la “Storia della lingua italiana” a cura di L. Serianni e P. Trifone (Einaudi, 1994), di “Sintassi del parlato e tradizione scritta della lingua italiana” (Bonacci, 1990) e di “Breve grammatica storica dell’italiano” (Carocci, 2001).

Libri – L’italiano settoriale

Le maggiori case editrici di libri di italiano per stranieri hanno investito nel proporre volumi per l’apprendimento delle lingue settoriali.
Sono sempre più numerose infatti le richieste di corsi di lingua orientati ad acquisire competenze linguistiche riguardo ad uno specifico campo di conoscenze, interesse determinato generalmente da esigenze lavorative.
Proponiamo qui una breve carrellata di quello che offre il mercato, suddiviso per aree tematiche.

Invitiamo i lettori ad integrare la lista attraverso un commento che potrete fare cliccando sotto al post.

Italiano commerciale e degli affari:

G. Pelizza, M. Mezzadri – L’italiano in aziendaGuerra, 2002
Può essere utilizzato sia come testo di base per un corso di italiano per gli affari e per il commercio, sia come strumento di supporto per il linguaggio settoriale in corsi di italiano dal livello pre-intermedio, all’intermedio/avanzato.

S. Catena – Introduzione al marketingGuerra, 1998


D. Forapani, G. Pelizza – L’italiano in azienda (collana: italiano settoriale) – Guerra, 2000

Un kit (libro, cd-rom, audiocassetta, videocassetta) composto da una Unità introduttiva e sei Unità tematiche. Ogni unità è costituita da segmenti didattici di comprensione orale su video o audio, segmenti didattici di comprensione scritta corredati da esercizi, oltre a numerose attività di produzione orale scritta.

N. Cherubini – L’italiano per gli affari, Bonacci, 1992
Il testo è incentrato sulla lingua e la cultura degli affari in Italia. Il successo in affari è visto sia come forma di comportamento culturale, sia come area di utilizzo di conoscenze linguistiche settoriali.

M. Spagnesi – Dizionario dell’economia e della finanzaBonacci, 1994
Il volume intende essere uno strumento di facile e rapida consultazione per coloro che per vari motivi si trovano ad affrontare testi di economia in lingua italiana.

L. Incalcaterra McLoughlin, L. Pla-Lang, G. Schiavo-Rotheneder – Italiano per economistiAlma, 2003
Il libro si rivolge a studenti, ricercatori e professionisti stranieri che hanno bisogno di usare l’italiano dell’economia per la loro attività. Si indirizza a un pubblico con una conoscenza dell’italiano di livello pre-intermedio e arriva fino a un livello avanzato.

Italiano giuridico:

Una lingua in preturaBonacci, 1996
L’opera si rivolge agli studenti con una conoscenza di base dell’italiano, che intendono accedere a testi scritti e orali affrontati nei corsi di laurea in Giurisprudenza e Scienze Politiche.

D. Forapani – Italiano per giuristi Alma, 2003
Il libro si rivolge a studenti, ricercatori e professionisti stranieri che hanno bisogno di usare l’italiano del diritto per la loro attività. Si indirizza quindi a un pubblico con una discreta conoscenza dell’italiano (livello intermedio o avanzato) e del mondo giuridico in generale.

Italiano della medicina:

D. Forapani, G. Pelizza – L’italiano della medicina 1 (collana: italiano settoriale) – Guerra, 2000
Un kit (libro, cd-rom, audiocassetta, videocassetta) composto da una Unità introduttiva e sei Unità tematiche. Ogni unità è costituita da segmenti didattici di comprensione orale su video o audio, segmenti didattici di comprensione scritta corredati da esercizi, oltre a numerose attività di produzione orale scritta.

Dica 33Bonacci, 1994
Dica 33 risponde alle esigenze di formazione linguistica per scopi accademici degli studenti stranieri che, già in possesso di una conoscenza di base dell’italiano, intendono avvicinarsi e approfondire gli aspetti linguistici che possono essere affrontati nei corsi di laurea in Medicina e Chirurgia.

D. Forapani – Italiano per mediciAlma, 2004
Il libro si rivolge a studenti, ricercatori e professionisti stranieri che hanno bisogno di usare l’italiano della medicina per la loro attività. Si indirizza quindi a un pubblico con una discreta conoscenza dell’italiano (livello intermedio o avanzato) e della medicina in generale.


Italiano per il turismo:

C. Kernberger – L’Italiano nel Turismo, Guerra, 1995
Un testo di lingua italiana per studenti di istituti professionali e scuole alberghiere e per operatori nel campo turistico che, da un livello di principianti assoluti e non, vogliono acquisire subito gli strumenti comunicativi necessari per il loro lavoro.

E. Ballarin, P. Begotti – Destinazione ItaliaBonacci, 1999
Questo volume presenta un ampio ventaglio di situazioni tipiche del mondo del turismo, mostrando e discutendo un’ampia tipologia di testi, dalla telefonata al fax, dalla lettera al dépliant.

Giochi senza frontiere

Giochi senza frontiere

Titolo: Giochi senza frontiere
Autori: Paolo Torresan – Roberta Ferencich
Edizioni: Alma
Anno: 2005

Paolo Torresan e Roberta Ferencich sono gli autori di questo libro che altro non è che una vastissima ed originale raccolta di giochi didattici rivolti non solo ad insegnanti di italiano L2/LS, ma anche a docenti di altre lingue, di ogni ordine e grado, che abbiano interesse a utilizzare il gioco come strumento per sviluppare nello studente capacitù di apprendimento. Il motto del volume potrebbe essere: imparare senza accorgersi di imparare e senza far fatica, stimolando la creatività e il coraggio di sperimentare.

Le attività prettamente linguistiche, pur facendo la parte del leone, sono incastonate in una vera e propria filosofia del gioco come attività ricreativa, motivazionale, energetica, multisensoriale. Pertanto, accanto alle attività più classiche di comprensione e produzione orale e scritta, sono presentati anche moltissimi giochi per favorire la concentrazione, migliorare la dinamica di gruppo, rompere il ghiaccio, aprire e chiudere una lezione o un corso, formare gruppi o coppie, separare momenti diversi della lezione, creare rilassamento o ricaricare le energie.

Ogni attività prevede una scheda per l’insegnante (spesso accompagnata da materiale fotocopiabile) con istruzioni chiare e dettagliate su obiettivi e svolgimento.

La scuola dei giochi

AUTORI: Pier Aldo Rovatti, Davide Zoletto
TITOLO: La scuola dei giochi
CITTà: Milano
EDITORE: Bompiani
ANNO: 2005

“Un pamphlet su come fare scuola”, così U. Galimberti l’ha definito sulle pagine delle Repubblica (19 aprile), lasciando intendere che il testo oggetto di recensione avesse una funzione propositiva, se non addirittura profetica.
Io non sono d’accordo. Il volume ha soprattutto una funzione di dichiarazione, di testimonianza.
L’opera si divide in due: da un lato le pagine che deliziano filosofi astratti (il ragionamento si traduce in giochi di parole; è la parte curata da Rovatti), dall’altra, un’analisi acuta e precisa dello status quo della scuola (è la parte curata da Zoletto). Ci concentriamo sulla seconda.
Che si voglia o che non si voglia, a scuola si gioca, dice Zoletto: studenti e insegnante hanno ruoli (inconsapevoli) di giocatori. In che senso? Nel senso che esiste un patto tacito, ovvero un “consenso operativo” che sta alla base del fatto che l’insegnante insegna e lo studente ascolta: “nessun adulto può interpretare la parte dell’insegnante se non c’è un allievo che cooperi a rendere quel ruolo riconoscibile e riconosciuto”. C’è, insomma, una “collusione”, termine che deriva dal latino e che significa “giocare insieme”. C’è uno stare al gioco da parte di insegnante e allievi che è tale anche quando l’insegnante non riesce ad insegnare perché gli studenti non vogliono ascoltare; “anche nelle situazioni di «circo», anche quando non riusciamo a «tenere» la classe, stiamo di fatto giocando un ruolo assieme agli altri […]. Il «circo» è anch’esso frutto di una collusione fra adulti e bambini, anche se, probabilmente, non piace a nessuno dei due”. Vale quindi la pena che l’insegnante si chieda “a che gioco si sta giocando” in classe, prima di mettere “fuori gioco” qualche studente.
Nella vita di classe ci sono sempre, dicevamo, delle regole, spesso implicite. L’esempio di una regola che l’insegnante è chiamato a seguire è quella dell’imparzialità: “Un insegnante non può farsi influenzare dalle sue inevitabili simpatie per questo o quell’allievo (un allievo non può essere cioè, nel game della classe, un individuo che piace o non piace, ma dev’essere sempre e comunque un piccolo d’uomo da educare)”. L’esempio di una regola che riguarda invece la condotta dell’allievo, è il fatto che è considerato inopportuno che uno studente disturbi compagni e insegnante con continue richieste di attenzione, dato che “come gli/le insegnanti non cessano di ricordare –e come imparano presto, e a proprie spese, i bambini appena inseriti nella suola dell’infanzia–, la socializzazione in classe può essere misurata dal grado in cui i bambini rinunciano a fare richieste del tipo “Guardami!” o “Guarda quello che sto facendo!”; e, viceversa, la non socializzazione è misurabile in base a una maggiore tendenza e insistenza dei riferimenti a se stessi”.
Ora, la regola delle regole, riprendendo il discorso accennato poc’anzi, sta nel fatto che dall’insegnante ci si aspetta che sappia più degli studenti (se così non fosse, i genitori ritirerebbero i figli da scuola) e che gli studenti imparino.
E’ ben vero però che il sapere di più da parte dell’insegnante diventa molte volte motivo di assoggettamento dell’altro: io so e se tu non sai, per il fatto che non ripeti quello che io ho detto e quindi sei «fuori dal gioco»! In questo gioco di potere, le regole sono così rigide da non permettere di giocare: i ruoli sono come cristallizzati: se sai, sai, se non sai, non sai; se sai, sei intelligente, se non sai, sei ignorante. Dice Poletto: “Quando si conosce già la risposta alla domanda che si fa, i giochi di potere e di sapere corrono maggiormente il rischio di bloccarsi in una situazione di dominio”. In altre parole, nel momento in cui un gioco si riduce a sole regole, e perde il suo altro lato caratteristico che è la libertà, e quindi il margine di imprevedibilità dei risultati, il gioco rischia di estinguersi: la classe langue, la motivazione cala, e si studia (o, meglio, non si studia) perché si deve studiare, perché si è costretti a studiare.
Un modello alternativo vede l’insegnante come ricercatore più esperto tra altri ricercatori; il suo sapere non è il fine da trasmettere ma il mezzo mediante il quale si potenziano e sviluppano le abilità degli allievi. Secondo questa prospettiva, si riconosce sì il valore della programmazione, del curricolo, dei contenuti, ma pur sempre nell’accettazione di quel margine di imprevedibilità che è insita nel gioco; il fatto cioè che non tutto sia padroneggiabile, definibile, e che quindi non si possa decidere a tavolino come e quando mettersi a giocare ma si debba essere sempre pronti a ridefinire le regole del gioco. Per certi aspetti è come dire: non si può imparare a giocare a comando: “se nella scuola dei giochi pensiamo di poterci affidare solamente a un metodo, cioè a una strada che ci porti da qualche parte, ci troveremo alla fine in un’aporia. Non andremo cioè, letteralmente, proprio da nessuna parte. E non farà alcuna differenza che il nostro metodo sia basato sul gioco e sul giocare”.
Ci dispiace quindi, anche sul finale, contraddire la lettura di Galimberti, che scriveva a caratteri marcati: “L’istruzione deve essere ludica. E’ il parere di Pier Aldo Rovatti e di Davide Zoletto”. No, non si tratta di introdurre nella scuola una serie di attività piacevoli e divertenti, che prima non c’erano. Si tratta, piuttosto, di creare un spirito di ricerca e di rigore intellettuale sin dalle elementari e fino all’università –che può certo trasmettersi anche tramite attività ludiche, ma non ne è vincolato. Se così è, insegnanti e studenti non giocano più gli uni contro gli altri, ma gli uni con gli altri contro le regole, per definirle e ridefinirle nei mille modi possibili che l’esperienza di volta in volta “insegna”.
Insomma un pamphlet sull’intelligenza, la quale è appunto una tra le forme più caratteristiche del gioco –coinvolta tanto nei giochi di potere quanto nei giochi economici, tanto nel giocare con i sentimenti quanto nel giocare in borsa del broker più spietato…

Recensione a cura di Piroclastico

Psicopedagogia e didattica

Titolo: Psicopedagogia e didattica
Autore: Lerida Cisotto
Aditore: Carocci

“Psicopedagogia e didattica” è un libro ottimo per tutti coloro che si avvicinano alla didattica non solo delle lingue e vogliono interrogarsi (ed anche avere qualche risposta) sulle teorie che si sono susseguite riguardo al funzionamento della mente nella fase dell’apprendimento.

L’opera inizia con un interessante capitolo “storico” che parte dal momento in cui il cognitivismo impose la centralità della mente e dei processi di pensiero nel dibattito riguardante la conoscenza. Fu il superamento delle teorie comportamentistiche che immaginavano l’apprendimento solo come la risposta meccanica ad uno stimolo.

Fin dall’introduzione però ci si rende conto di come l’autrice consideri il termine “cognitivismo” ormai sorpassato; un concetto che, superato il momento storico della rottura con il passato, si è troppo schiacciato su una visione dell’apprendimento che è uscita sconfitta dal tempo: quell’idea che avvicinava il funzionamento della mente a quello del computer. “La metafora del computer come modello di funzionamento cognitivo e l’idea della rappresentazione della conoscenza sotto forma di proposizioni logiche hanno fatto prevalere quell’aspetto tecnicistico che, nel tempo, ha offuscato anche l’innovazione più significativa del cognitivismo, ossia il carattere costruttivo del processo di conoscenza”.

E proprio da questo aggettivo, “costruttivo” si muove la ricerca della Cisotto.

Dopo aver ripercorso le tappe delle teorie della mente, da quella modulare di Fodor, a quella delle intelligenze multiple di Gardner, alle tesi del connessionismo di Rumelhart e McClelland, il libro giunge alle considerazioni “ecologiche” di Bateson, che vede la mente come un qualcosa di “aperto” all’esterno, parte di un tutto da cui non può prescindere, correlata e dilatata con un esterno sociale, culturale, naturale.

E Bateson rappresenta davvero un punto di partenza del libro, il superamento definitivo del cognitivistmo fodoriano: “l’Autore – scrive Cisotto – ha insegnato piuttosto a vedere “la struttura che connette”, provocando il nostro pensiero ad andare oltre le inerzie abituali del codice binario illuministico-romantico, la cui dicotomia ancora influenza il nostro moderno immaginario.

Da qui in poi il termine di riferimento del libro è “costruzione” di conoscenza nei contesti e nelle situazioni. L’approccio di riferimento non può che essere quello “socioculturale” per il quale, “nella prospettiva del costruttivismo sociale, pensare significa sostanzialmente situarsi, sincronizzare risorse interne e risorse esterne”.

Più si procede nella lettura del libro più si percepisce la grande influenza del pensiero di Bateson, e anche il calore attraverso cui l’autrice espone le sue riflessioni la dice lunga sulle sue convinzioni.

Dopo aver presentato il contributo di Vigotskij al moderno approccio socioculturale, l’autrice giunge alle parti centrali del suo studio: quella che riguarda il cosiddetto “approccio dialogico” teorizzato da Bachtin e quella sulla didattica centrata sulla narrazione ispirata dal pensiero di Bruner: “La narrazione appartiene profondamente all’esperienza umana e le sue molteplici forme, i racconti, i miti, i drammi, intessono le trame connettive della cultura”.

Fin qui la parte teorica. Ma il saggio della Cisotto non si ferma qui e propone spesso delle vere e proprie attività didattiche da svolgere secondo le teorie esposte. E’ questa purtroppo la parte più debole del libro: le idee presentate sono spesso contorte e poco chiaro e sembrano non tener conto dei molteplici fattori che abbracciano l’insegnamento. Anche i capitoli finali sono orientati più all’aspetto pratico, ma anche qui l’autrice appare distante dai reali problemi degli insegnanti, degli studenti, dell’ambiente classe, del sistema scuola.
Se vuoi leggere la presentazione del libro clicca qui.

Recensione di Carlo Guastalla

Psicopedagogia e didattica

Inauguro oggi la sezione di presentazioni di libri. A presto anche una recensione.

Titolo: Psicopedagogia e didattica. Processi di insegnamento e di apprendimento
Autore: Lerida Cisotto
Editore: Carocci
Data di Pubblicazione: 2005

Il volume esplora le principali implicazioni delle teorie dell´apprendimento in campo educativo e didattico, seguendo un itinerario che si sviluppa dalle tesi del cognitivismo fino a quelle più recenti degli studi socio-culturali – il costruttivismo sociale, l´approccio dialogico e quello narrativo – e ne considera le ripercussioni sugli obiettivi dell´istruzione e sulle metodologie dell´intervento didattico. Se il cognitivismo ha avuto il merito di porre in risalto la centralità dei processi con cui gli studenti imparano, la prospettiva socio-culturale amplia il punto di vista su tali processi, sostenendo la necessità di considerarli alla luce dei gruppi sociali, dei contesti e delle pratiche di attività. Ma vi sono altri aspetti che hanno grande influenza sull´imparare a scuola, in particolare quelli sottesi all´autonomia dell´apprendimento e ai fattori affettivo – motivazionali. Il volume si sofferma anche su motivi, in quanto orientano gli atteggiamenti più o meno impegnati con cui gli studenti partecipano al curricolo scolastico. Il filo conduttore è dunque il complesso rapporto tra processi di pensiero, conoscenza didattica e il volamelo esplora anche al fine di proporre spunti utili per l´innovazione delle pratiche didattiche degli insegnanti.