Ad esempio Brescia

Il progetto del Centro Culturale Islamico di Colle Val d'Elsa

Volevo già   fare un post su Brescia, un post “Buona notizia”, un mea culpa per aver quasi detto che la scuola dei miracoli poteva essere solo da un’altra parte, quando invece ce l’avevamo in casa, proprio a Brescia. Poi tutto si è fermato perché mentre stavo scrivendo ecco che proprio nella provincia lombarda scoppia il caso della professoressa che somministra ai suoi studenti islamici un test tendenzioso. Così anche Brescia, da esempio, tornava ad essere normale.

Poi penso: forse è della normalità   che devo parlare, perché la cultura la fanno le persone, la fanno quei dirigenti scolastici e quegli insegnanti che hanno una visione e la portano avanti. Che sia buona cultura o cattiva ognuno lo decide da sé. Sono strade segnate, ognuno sceglie quale seguire e se seguirne una o progettarne un’altra.

Così il caso Brescia mi è apparso ancora più esemplare.

Da una parte una scuola elementare multietnica, la Calini, presa a modello dalla comunità   europea, dove una bambino su due è extracomunitario. La trasmissione Report che, quasi sola nel panorama televisivo italiano, ogni domenica informa su come vanno le cose nel nostro paese, le ha dedicato la copertina di chiusura dell’ultima puntata di questa stagione. Una di quelle belle “goodnews” che danno speranza nel futuro e mostra che volendo si può pensare una scuola diversa. Il servizio di Report è visualizzabile qui.

Dall’altra parte la storia che ha scandalizzato mezza italia benpensante: quella dell’insegnante della scuola media G. Pascoli che ha chiesto ai suoi studenti islamici di rispondere ad un test che definirei quantomeno bislacco e maldestro. Qui la notizia. Ma poi leggo, approfondisco, e scopro che la scuola media G. Pascoli è, un po’ come la Calini, all’avanguardia nell’accoglienza, ha un’altissima percentuale di immigrati, organizza laboratori linguistici per gli stranieri; per imparare l’italiano, sì, ma anche corsi di lingua madre, per far sì che i ragazzi stranieri non abbandonino la propria lingua d’origine. Progetti che coinvolgono le famiglie sia dei bambini italiani che di quelli stranieri, in una prospettiva di integrazione moderna e viva in cui si fa in modo che ogni differenza sia portatrice di valori.

Non voglio con questo sminuire la gravità   del test, ma il fatto che una notizia come questa esca allo scoperto, venga stigmatizzata e criticata e che anche l’associazione culturale islamica di Brescia lo consideri solo un incidente, tutto questo secondo me riporta tutto, anche questa notizia, nel calderone della buona notizia, in barba a quei quattro “padani” capitanati dal prode Borghezio che stasera erano in Toscana ad urlare slogan razzisti per bloccare i lavori di costruzione del Centro Culturale Islamico e della moschea di Colle Val D’Elsa, fuori Siena. Le parole della grande scrittrice ed intellettuale Oriana Fallaci sono state pronunciate dal dirigente leghista davanti ai paletti (divelti) che delimitano l’area per la costruzione: «Andrò dai miei amici anarchici, con loro prendo gli esplosivi e la faccio saltare in aria!».

Amen

Intercultura.it

Intercultura.it

Autunno del 1914, scoppio della prima guerra mondiale. Un gruppo di giovani americani a Parigi organizza una rete di ambulanze in appoggio all’ospedale americano di Neuilly. Julien Green in “Partir avant le jour” ricorda il suo arrivo al parco dov’erano parcheggiate venti ambulanze: “l’ultima, in fondo, era la mia”. Da questo nucleo di intellettuali nascerà   American Field Service (AFS). Nel 1955 nasce in Italia AFS Associazione Italiana, nota oggi come Intercultura.

Intercultura è una ONLUS, organizzazione non lucrativa di utilità   sociale iscritta al registro delle organizzazioni di volontariato del Lazio. Il suo partner internazionale AFS, fondato nel 1914 in Francia, ha statuto consultivo all’ONU, all’UNESCO e al Consiglio d’Europa, mentre Intercultura viene correntemente consultata dagli organismi pubblici italiani grazie alla sua esperienza in campo pedagogico ed educativo, documentata sia dall’attività   di scambio di studenti che da seminari, convegni e pubblicazioni.

Da oltre mezzo secolo Intercultura propone a un numero sempre più ampio di famiglie italiane di accogliere in casa un giovane studente proveniente da un altro Paese.

Che cosa accomuna le ventimila famiglie che hanno già   vissuto quest’esperienza? à ˆ immediato pensare alla voglia e alla curiosità   di conoscere un altro Paese, le sue tradizioni, la sua musica, le sue storie… Ma chi osserva da vicino queste esperienze, si accorge che è solo la punta dell’iceberg.

Ospitare un giovane di un altro Paese significa educare i propri figlie se stessi a convivere con stili di vita, mentalità  , culture diverse; significa confrontarsi con qualcuno che ha abitudini differenti dalle proprie, sorprendersi a guardare da una prospettiva diversa ciò che prima poteva apparire strano o addirittura sbagliato.Alle famiglie che intendono vivere questa esperienza, Intercultura mette a disposizione la competenza dei suoi volontari per seguire passo passo tutte le fasi del programma: dalla preparazione prima dell’arrivo, all’inserimento dello studente in famiglia, a scuola e nella comunità   locale, alle varie fasi del programma.

Per i giovani sarà   come avere un fratello o una sorella in più. Per i genitori sarà   un modo per osservarsi attraverso gli occhi di un nuovo figlio e apprezzare in maniera diversa il proprio ruolo di educatori. Per tutti sarà   un modo di creare nuove relazioni e affetti che durano una vita e che generano, a catena, nuove opportunità   di incontro, conoscenza, esperienza. Sono, come dice il motto di Intercultura, “Incontri che cambiano il Mondoâ€.

Per maggiori informazioni vai al sito di Intercultura.

A ritmo di Rom

bambini rom

Il fatto: in una scuola elementare della provincia di Rovigo sono iscritti solo 19 bambini. Tutti Rom. Gli altri, gli italiani, piano piano negli ultimi due anni si sono spostati tutti altrove. I genitori italiani dicono che i rom rallentano l’apprendimento dei loro figli. L’Opera Nomadi si ribella e vorrebbe chiudere la scuola divenuta un ghetto.

L’articolo che racconta questa storia riporta cause e possibili soluzioni della vicenda, sperticandosi in parole vuote: “visione pedagogica”, “intercultura”, “multicultura”, “didattica”, “integrazione sociale”. Parole vuote non in sé, ma svuotate dal contesto in cui sono inserite.
Nell’articolo si cita una posizione che dice che la didattica interculturale “dà   maggiore importanza ‘al processo sociale dell’apprendimento’ e fa corrispondere i tempi della classe a quelli del bambino più debole o più fragile: tempi interculturali”. Ma da dove viene questa idea? Se questo fosse vero i genitori dei bambini avrebbero tutto il diritto di tutelare l’apprendimento dei loro figli. Ma siamo alla follia. L’intercultura determinerebbe un gioco al ribasso nel ritmo della classe? E poi per quale motivo i Rom avrebbero dei “ritmi” più lenti? Genetici? Mi viene da pensare che si scambi per ritmo la distanza da cui partono queste culture nei riguardi della scuola, una distanza maggiore rispetto a quella dei bambini italiani, ma è una distanza, non un ritmo. La differenza è che la prima è colmabile, il secondo no: è un dato da tener presente per la vita.
Per favore, colleghi di Venezia e del veneto tutto dove siete maestri di queste tematiche, dite la vostra, fatevi sentire..

Un’ultima nota: non ho mai pensato che la responsabilità   delle disfunzioni della scuola (compresi i problemi della classe, il mancato successo di una lezione, ecc.) fossero responsabilità   di come sono fatti gli studenti. Da insegnante ho sempre pensato che se non sono riuscito è su me che devo lavorare, perché in una scuola dominata dalla diversità   devo prima capire (o almeno provarci) e poi strutturare un’azione.
E invece in quest’articolo, nelle interviste ai vari responsabili non esce mai la parola “insegnanti”, mai la parola “strumenti”. Lo capisco: formare insegnanti in grado di affrontare una scuola davvero multiculturale è una visione iperuranica, costosa e al limite futuribile. Un’idea che può essere fonte di applausi in convegni, ma che non deve toccare nemmeno la mente di chi guarda da fuori certi fenomeni.
In fondo meglio un genitore inconsapevolmente razzista che una scuola che preferisce il razzismo piuttosto che affrontare i problemi in modo serio.

PS: Vorrei tradurre una frase dell’articolo che riporta il pensiero del sindaco del paese in questione a riguardo dell’impossibilità   a chiudere la scuola: “Secondo Pizzi si tratta di garantire un servizio ai cittadini, tutelare l’identità   locale e limitare i costi economici”. Ovvero: non rompeteci le balle, non abbiamo nemmeno un euro per il caffè.

Un ultimo pensiero va a quegli insegnanti che hanno deciso di rimanere a lavorare nella scuola: hanno la mia piena solidarietà   e la mia stima, sarebbe interessante sapere loro cosa ne pensano della faccenda.

Le lingue d’origine nella scuola dell’obbligo

Ricevo dal caro Maurizio Leva questo articolo tratto dal giornale Italia Oggi, di oggi 25 luglio 2006.

Il sottosegretario all’istruzione, Letizia De Torre, spiega le strategie per favorire l’integrazione
Lezioni di lingua d’origine in classe
Gli alunni studieranno la cultura dei loro colleghi immigrati

di Alessandra Migliozzi

Lezioni di lingua e cultura dei paesi di origine in orario curricolare o extra. In più libri scolastici rivisti pensando a un’utenza multiculturale.

Lo scorso 5 giugno un decreto firmato dal ministro dell’Istruzione, Giuseppe Fioroni, le ha assegnato la delega in materia di immigrazione e integrazione scolastica.

E Letizia De Torre, sottosegretario al dicastero di via Arenula,si è subito messa all’opera: nelle sue stanze è cominciato il via vai dei dirigenti scolastici e direttori generali per avviare i lavori attorno a un tema che, secondo
la neo incaricata, «è ormai strategico per il futuro del paese”.

E già   fioccano le prime idee. “Perché se finora si è lavorato in emergenza”, spiega il sottosegretario, “adesso è tempo di andare a regime. La prima fase, quella dell’accoglienza, è finita. Ora comincia quella, più complessa e delicata, della reale integrazione in cui dovremo garantire ai minori stranieri due diritti: quello di sentirsi cittadini italiani a pieno titolo, ma anche quello di mantenere la propria identità  . Dobbiamo creare i presupposti per una società   multiculturale”.

Il ministero si prefigge, dunque, di dare linee guida più forti in materia di immigrazione e integrazione già   a partire dai prossimi mesi. “Il nostro sarà   un indirizzo generale che ormai è più che necessario vista la dimensione del fenomeno, ma si terrà   conto dell’autonomia delle scuole”, spiega De Torre, che elenca anche possibili ipotesi di lavoro. Tanto per cominciare si potrebbe pensare a dei corsi pomeridianio curricolari di lingua (il cinese, l’arabo, gli idiomi dell’Est dell’Europa) e cultura del paese di provenienza degli alunni immigrati, a patto, però, che siano aperti anche ai loro compagni italiani. Per un vero scambio tra culture.

Esperienze che alcune scuole della Lombardia già   stanno mettendo in atto con i bimbi di origine araba. Ma, pur tenendo conto di buone pratiche e eccellenze, la sfida ora è creare una situazione diffusa di progettazione sull’integrazione
che al momento manca.

“Da parte del ministero va sottolineata con più forza la nuova dimensione socioculturale del paese e il ruolo strategico che può avere la scuola nell’ambito dell’integrazione”.

Per centrare l’obiettivo dovranno essere coinvolti anche gli uffici scolastici regionali e gli enti locali. Ci vorrà   almeno un anno per avviare i lavori. Ma già   qualcosa si muove: il ministero sta cominciando a fare una rilevazione dei progetti più interessanti presenti sul territorio nazionale. “Poi bisognerà   agire anche sulle famiglie favorendo gli incontri nelle scuole e le reti a livello territoriale”, prosegue De Torre.

Il terzo passo potrebbe essere quello di rimettere mano ai libri scolastici tenendo conto, soprattutto per materie come storia e geografia, della nuova realtà   multiculturale che si respira nelle classi. Per le risorse bisognerà   fare i conti, è il caso di dirlo, con le ormai note ristrettezze economiche del paese. Ma si potranno usare fondi paralleli come quello Sociale europeo.

MI SONO PERMESSA di evidenziare in rosso le parti che a mio modesto avviso sono le più interessanti dell’articolo, nonché le più reali. Si fa presto a parlare di multicultura ed intercultura, termine quest’ultimo che nell’articolo non era nemmeno citato e che in realtà   è quanto di più difficile da attuare. Persino per noi adulti che ne intuiamo la complessità   del significato, ma che anche per mancanza di occasioni vere e proprie non siamo abituati a mettere in atto. E non parlo del lavoro in classe come insegnanti, parlo proprio di occasioni al di fuori del lavoro, dove ci si trova a contatto con persone di origini, lingue ed abitudini diverse.

La prima riga è quanto di più si salva dell’articolo, che io estenderei anche all’ora di religione. Suggerirei a proposito al sottosegretario di fornire, a ciascuna scuola, un calendario interculturale, utile per entrare direttamente a contatto con l’altro, qui tanto enfatizzato.

Le parti in grassetto sono quelle più scandalose. E’ a dir poco demagogico definire la fase dell’accoglienza come finita. Questo ce lo auspichiamo tutti, ma già   solo un minimo contatto con la scuola dell’obbligo (un esempio per tutti l’intervista a Scilla Luciani, del 26 giugno scorso) ci fanno rendere conto di quanto l’emergenza accoglienza sia alta e di quanto impreparati siano gli Istituti.

Ancora una volta il vertice ignora cosa succeda alla base.

Basta davvero un corso magari extracurricolare, che sicuramente non incide nella media e che quindi perché dovrei frequentare, per porre le basi all’integrazione? Basta davvero solo questo per far sentire a proprio agio, per integrare nella nostra realtà   e in una quotidianità   non generosa, un alunno extracomunitario? Cioè basta un corsetto di lingua e cultura cinese, polacca, rumena, russa, araba per far di un semplice studente sperduto, un cittadino a tutti gli effetti, consapevole, preparato, ben integrato ed italiano? (italiano poi solo se nato da uno dei genitori di nazionalità   italiana, altrimenti ma quale italiano a tutti gli effetti!!!).

Bastano 2 orette settimanali per la conservazione della sua cultura? Ma dove sta la sua famiglia? Dove si parla di coinvolgimento dei genitori? Dove sta la parola intercultura? E’ questa la proposta della sinistra al potere…

No, non ci sto.

E lo so bene che la scuola ha un ruolo fondamentale, ma qui ancora si indora la pillola e prendere in giro tutti gli italiani, non solo gli elettori.

E la sottosegretario De Torre farebbe meglio a girare per le scuole e a perdere un anno per capire cosa sta succedendo, invece che convocare dirigenti scolastici e fare finta che tutto vada bene, con progetti sì interessanti, fondamentali, ma che devono ancora la precedenza all’accoglienza e ad un duro lavoro quotidiano di integrazione in una realtà   scolastica sempre più difficile da gestire.

E basta con questa storia delle ristrettezze economiche…

Postato da Ladylink

Bimbi stranieri a scuola: Piacenza è un modello

Qualcosa sembra muoversi anche in Italia nell’educazione all’intercultura nella scuola. E forse non è un caso che la regione più avanzata sia l’Emilia Romagna. Un articoletto da Libertà.it riporta i risultati del convegno dell’ASA.Pi. (Associazione scuole autonome di Piacenza) sull’interculturalità:

(i.mol) Piacenza città d’eccellenza nell’accoglienza dei bambini stranieri a scuola. Parola dell’esperto in interculturalità Aluisi Tosolini, relatore lunedì pomeriggio al convegno organizzato dall’Associazione scuole autonome di Piacenza (Asapi). «Piacenza è l’unica città d’Italia che mette in pratica un protocollo per l’inserimento scolastico degli alunni condiviso tra scuole, Centro servizi amministrativi e Comune – ha ricordato -. Qui avviene regolarmente anche un utilizzo significativo dei mediatori culturali e delle associazioni attive sull’insegnamento dell’italiano agli stranieri. Resta solo da mettere a regime tutte le esperienze già acquisite». Al centro del dibattito è stata posta le definizione di interculturalità. «In una società multiculturale è necessario che le scuole si chiedano come contribuire alla costruzione del tessuto sociale futuro», ha ricordato Tosolini, che durante l’incontro ha preso in considerazione i due documenti emessi dal ministero dell’Istruzione, sul tema. «Recentemente sono stati divulgati alcuni testi che segnalano un improvviso interesse del ministero sull’argomento – ha sottolineato -. A questo proposito, sono state individuate delle linee guida per l’integrazione degli alunni stranieri, accanto ad un pronunciamento del Consiglio nazionale della pubblica istruzione». Tosolini si è soffermato sulla necessità di individuare un progetto educativo globale sul tema dell’accoglienza. «Siamo una società sempre più interculturale e la domanda da porsi è se esiste davvero un progetto complessivo rispondente alle vere esigenze a questo nuovo tipo di organizzazione sociale», ha sottolineato. L’esperto ha poi focalizzato l’attenzione sugli obiettivi della formazione, mettendo in luce anche una mancanza di risposta da parte delle istituzioni ministeriali: «Il problema è chiedersi che tipo di cittadini stiamo formando, e se sono persone radicate nel loro luogo di nascita, ma capaci anche di collegarsi con il mondo».
Libertà on line – 30 marzo 2006

Da come si legge sono più domande che risposte. Speriamo di avere presto qualche delucidazione.

Polizia a scuola di immigrazione

Una notizia interessante:

(AGI) – Firenze, 4 gen. – Imparare a gestire al meglio le relazioni con i cittadini stranieri nelle nostre citta’, con la consapevolezza che la conoscenza delle diverse culture sara’ un aspetto sempre piu’ importante delle competenze professionali delle forze dell’ordine. E’ questo il significato dei seminari che, organizzati dalla Regione Toscana e dalle universita’ di Firenze, Pisa e Siena, nei prossimi mesi coinvolgeranno diverse operatori dei corpi di polizia municipale e provinciale della Toscana.
“Si tratta di un investimento importante, in termini di prevenzione e quindi di sicurezza”, spiega il vicepresidente della Regione Federico Gelli. “Credo infatti che a nessuno sfuggano i benefici che possono derivare da una polizia ben preparata ad affrontare la complessita’ multiculturale della nostra societa’ e in grado di essere percepita dalle stesse comunita’ di cittadini stranieri come organismi di cui ci si puo’ pienamente fidare, magari anche solo perche’ piu’ attenti e sensibili alle differenze culturali. La realta’ delle nostre citta’, e anche delle nostre periferie, e’ completamente diversa da quella delle banlieus francesi. Eppure anche da noi c’e’ bisogno di un’attenzione e di una preparazione specifica”.
I tre seminari – diversi ma tutti imperniati sui temi dell’intercultura, della mediazione culturale, delle strategie di integrazione – si terranno nel primo semestre di quest’anno e per ognuno di essi saranno ammessi venticinque partecipanti, uno per ogni corpo di polizia. Tra gli insegnanti ci saranno anche esperti stranieri che illustreranno alcune “buone pratiche” messe a punto in paesi di piu’ antica e massiccia immigrazione straniera, come l’Inghilterra e l’Olanda. (AGI) –

COPYRIGHTS 2002-2005 AGI S.p.A.

www.strarete.it

L’Istituto Statale di Istruzione Superiore “C. Cattaneo” di Modena ha aperto una Commissione Intercultura e tutti i materiali in via di progettazione e realizzati sono sul sito www.strarete.it.
Nella presentazione si legge:

Salve, siamo un gruppo di docenti dell’Istituto di Istruzione Superiore “C. Cattaneo”, accomunati dall’interesse per le tematiche interculturali. Oltre alla quotidiana e sempre più complessa attività di docenti, lavoriamo per facilitare l’inserimento e l’accoglienza degli alunni stranieri nella scuola e nella società, confrontandoci per trovare insieme risposte a problemi sempre nuovi. La necessità di coordinare tanti progetti diversi e non disperdere le energie ha imposto un forte sforzo organizzativo.

Oltre ai progetti e ai numerosi materiali on line, il sito ha un forum a cui è possibile accedere, leggere e scrivere. I temi naturalmente spaziano dalle tematiche interculturali alle problematiche legate all’accoglienza, alla discussione sull’ìapproccio didattico alla classe plurilingua, a come insegnare l’italiano come lingua di studio.

Alunni con cittadinanza non italiana

Titolo: Alunni con cittadinanza non italiana. Scuole statali e non statali – anno scolastico 2004/2005
Autore: MIUR – Direzione Generale per i Sistemi Informativi e Direzione Generale per lo Studente
Editore: MIUR
Anno: 2005
Genere: Intercultura

Si avvicina a 400.000 il numero di alunni stranieri presenti nella nostra scuola. Provengono da 187 Paesi del mondo e rappresentano una percentuale che supera il 4% della popolazione scolastica complessiva.
Anche quest’anno il Ministero approfondisce con la nuova indagine sugli alunni con cittadinanza non italiana i diversi aspetti di una realtà sempre più stabile e strutturale.

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Imparare e insegnare l’italiano come seconda lingua

Titolo – Imparare e insegnare l’italiano come seconda lingua
Autore – Gabriele Pallotti – A.I.P.I. Associazione Interculturale Polo Interetnico
Editore – Bonacci
Anno – 2005

Questo video per la formazione di insegnanti e operatori fornisce gli strumenti necessari a coloro che hanno il compito di accogliere bambini stranieri nelle scuole e nei centri extrascolastici per insegnare loro la lingua italiana.
Attraverso interviste a esperti, riprese in classe, analisi di casi, il video propone un percorso di formazione che tocca i temi più importanti della didattica dell’italiano a stranieri: l’organizzazione della scuola, il rapporto con la famiglia e le culture di origine, lo sviluppo del sistema linguistico, le pratiche di insegnamento più innovative.
Il video è corredato di un testo che comprende:
– sviluppi teorici delle nozioni presentate nel video;
– suggerimenti per l’uso in attività di formazione e auto-formazione;
– trascrizioni delle produzioni in interlingua e delle attività didattiche per facilitare l’analisi;
– indicazioni bibliografiche e altre risorse per trovare informazioni utili e approfondimenti.
Il corso di formazione è composto da:
• un DVD
• un libro

La qualità dell’integrazione scolastica

Il convegno sull’integrazione scolastica è sicuramente il più importante appuntamento per quanti operano nel campo della disabilità sia per la qualità dei contributi scientifici, sia per la quantità dei soggetti che vi partecipano.

Quest’anno il Convegno prevede anche una sessione speciale sull’autismo. La direzione scientifica, come per le precedenti sessioni, è affidata ad Andrea Canevaro e Dario Janes.
La struttura del convegno prevede:
– 3 Sessioni plenarie, programmate per venerdì 11 novembre, sabato 12 novembre e domenica 13 novembre dalle ore 9.00 alle ore 13.00 .
– 77 workshop di approfondimento
– 142 relatori
– Ospiti stranieri
– Spazio aperto agli interventi liberi
– Esposizione di software e materiale didattico
– Crediti ECM
– Enti patrocinatori
– iscrizioni al convegno
77 workshop di approfondimento .
Sia il venerdì che il sabato ogni partecipante avrà la possibilità di scegliere tra due workshop di due ore ciascuno (uno tra le 14.00 e le 16.00 e l’altro tra le 16.30 e le 18.00) o uno di quattro ore (dalle 14.00 alle 18.00).

Gli ospiti stranieri previsti in programma sono:
– Howard Gardner
«Le intelligenze multiple in classe: come individualizzare la didattica»
– Boris Cyrulnik
«Costruire la resilienza: bambini più forti attraverso legami e significato»
– Margot Sunderland
«Raccontare storie aiuta i bambini: il valore educativo e terapeutico della narrazione»

L’iscrizione entro il 4 novembre prevede una quota ridotta.

L’informazione è tratta dalla rivista on line LA TECNICA DELLA SCUOLA