Insegnare italiano in Belgio

Nel nostro gruppo Facebok “Italiano per stranieri”, che ha ormai superato i 5500 membri, c’è stata nel luglio scorso una bella discussione sull’insegnamento dell’italiano in Belgio. Ad animarla Giusi Vaccarecci, insegnante in  centri di educazione per adulti (CVO – Centra voor volwassenenonderwijs). Giusi ha poi pubblicato sul gruppo un interessante vademecum per chi è interessato ad insegnare in questo Paese, che siamo lieti di ospitare sul nostro blog.

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Seminario Dilit 2013

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Il 19° seminario Dilit, che si è svolto il 20 e 21 aprile scorsi, ha avuto come titolo “Applicazioni pratiche in classe dell’Analisi conversazionale”.

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Insegnare italiano negli Stati Uniti, parte 3

Giunti al terzo appuntamento non ci resta che parlare dell’insegnamento dell’italiano nelle scuole. Per le scuole americane è necessaria una certificazione specifica, la Teacher licensure (1), certificazione che si può conseguire attraverso diversi percorsi di studio. In linea di massima si deve preparare un esame scritto, il Praxis, accettato nella maggioranza degli Stati e suddiviso in due parti, la prima (in cui si viene testati in inglese -comprensione scritta, produzione scritta- e matematica) è propedeutica al Praxis II, in cui si supereranno delle prove più specifiche, legate alla materie che si vogliono insegnare. Gli Stati che non hanno adottato il Praxis hanno delle certificazioni proprie e, in generale, il Praxis è considerato uno dei requisiti per accedere alle certificazioni specifiche di ogni Stato.

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Insegnare italiano negli Stati Uniti, parte 2

In questa seconda parte cercheremo di capire meglio in cosa consiste il lavoro di un insegnante di italiano.

I corsi di lingua

(Queste affermazioni sono abbastanza arbitrarie. La situazione è complessa, per cui ho scelto di dare una versione abbastanza realistica, ma non esaustiva).

Nella maggior parte delle università i corsi di lingua sono di circa 40 ore a semestre, distribuiti su 3 incontri settimanali da 50 minuti (per i primi due livelli questo monte ore sale a 50). Gli studenti spesso devono studiare una lingua per quattro semestri. I primi due semestri, ottengono 4 crediti per corso, perché ci sono tre incontri settimanali (2×75’ e 1×50’). Gli ultimi due semestri i crediti scendono a 3 (come per qualsiasi altro corso che frequenteranno) e le lezioni passano a 2×75’.

Gli studenti devono essere esaminati spesso. Bisogna produrre voti che quantifichino il progresso e portino a un risultato numerico. Il voto finale è molto importante, per cui pur cercando di essere obiettivi, si cerca sempre di indorare la pillola.

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Insegnare italiano negli Stati Uniti, parte I

Insegnare italiano negli Stati Uniti è un’opportunità di lavoro che vorrebbero avere in tanti.

In realtà insegnare italiano in un’università americana è un’esperienza a sé, piuttosto particolare, poi, se si hanno avuto esperienze anteriori sia in Italia che all’estero. Qui insegnare significa anche produrre voti ogni 15 giorni:  è una maratona di 40 ore semestrali equivalenti ai 42 chilometri che ci separano da Atene.

Nelle università americane l’italiano va? Sì, dai, va! Anche se in passato ci sono stati casi di Dipartimenti che hanno subito grossi tagli per esempio nell’università Suny, se non sbaglio (1). Nella parte est degli Stati Uniti l’italiano è studiato anche nelle scuole, soprattutto in New Jersey, dove in passato c’è stata una forte emigrazione di italiani. Anzi, alcuni miei studenti hanno la famiglia lì, ma vengono a studiare qui in Virginia, dove paradossalmente l’italiano non è insegnato nelle scuole ma solo nelle Università. (2)

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Ho conseguito il Master, e ora?

Master sì o master no? A voi le conclusioni, a me i dati.
Sul gruppo Italiano Per Stranieri su Facebook non sono poche le richieste di informazioni circa i percorsi formativi da intraprendere da parte di chi vuole iniziare questa splendida professione.
Alcune richieste rivelano anche la confusione riguardo a sigle come Ditals e Cedils e la differenza tra una certificazione o un Master.
Sul tema si era già espresso porfido nel 2006; questo post è stato pensato con l’idea di aggiornarlo (alcuni link, per esempio, non funzionano più).
A distanza di anni l’offerta formativa si è ampliata, ma le riflessioni di porfido rimangono estremamente attuali e validissime.
Lo scopo di questo articolo, e dei successivi che lo completeranno mano mano che la raccolta di testimonianze crescerà, è “semplicemente” capire come va l’occupazione nel nostro settore e quanto e se il Master sia una discriminante per il successo della ricerca (in Italia? e all’estero??). Ci piacerebbe, inoltre, avere un riscontro occupazionale dei “masterizzati”, ma questa è un’impresa piuttosto ardua.