La Dante Alighieri: esercizi on line

La Società Dante Alighieri nasce nel 1889 con lo scopo primario di “tutelare e diffondere la lingua e la cultura italiane nel mondo, ravvivando i legami spirituali dei connazionali all’estero con la madre patria e alimentando tra gli stranieri l’amore e il culto per la civiltà italiana”.

Il nuovo sito internet della Dante offre uno strumento tecnicamente raffinato indirizzato agli studenti per mettere alla prova le competenze acquisite nella nostra lingua.
Nella sezione “prova il tuo italiano” sono infatti presenti giochi e attività da svolgere direttamente in rete attraverso cui ogni studente può mettere alla prova le proprie conoscenze della lingua italiana. Non solo: oltre alle sezioni ESERCIZI DI ITALIANO, TEST D’INGRESSO PER IL LIVELLO A1, CERTIFICAZIONE DI COMPETENZA PER IL LIVELLO A1 – ASCOLTARE sono a disposizione gustosissimi esercizi che sono in grado di creare dubbi anche per gli insegnanti. I DUBBI LINGUISTICI DELL’ITALIANO e i DUBBI LINGUISTICI SUL LATINO sono domande dalla risposta spesso non scontata anche per madrelingua.
Nella sezione ANCHE TU POETA sono presenti curiosi esercizi di scelta multipla per cercare di ricostruire lo stile dei maggiori poeti italiani.
Altre sezioni interessanti sono LE PAROLE STRANIERE IN ITALIANO, I GRANDI CLASSICI DIALETTALI ITALIANI: LA DIVINA COMMEDIA, I DIVERSI ETIMI DIALETTALE E I GEOSINONIMI e PAROLE DIALETTALI ENTRATE IN ITALIANO.

Se una critica si può fare, soprattutto alla parte degli esercizi, riguarda la poca attenzione nei confronti della dimensione testuale della lingua anche a livelli di competenza alti.

Per poter svolgere gli esercizi è necessario il plugin Macromedia Shockwave.

Imparare e insegnare l’italiano come seconda lingua

Titolo – Imparare e insegnare l’italiano come seconda lingua
Autore – Gabriele Pallotti – A.I.P.I. Associazione Interculturale Polo Interetnico
Editore – Bonacci
Anno – 2005

Questo video per la formazione di insegnanti e operatori fornisce gli strumenti necessari a coloro che hanno il compito di accogliere bambini stranieri nelle scuole e nei centri extrascolastici per insegnare loro la lingua italiana.
Attraverso interviste a esperti, riprese in classe, analisi di casi, il video propone un percorso di formazione che tocca i temi più importanti della didattica dell’italiano a stranieri: l’organizzazione della scuola, il rapporto con la famiglia e le culture di origine, lo sviluppo del sistema linguistico, le pratiche di insegnamento più innovative.
Il video è corredato di un testo che comprende:
– sviluppi teorici delle nozioni presentate nel video;
– suggerimenti per l’uso in attività di formazione e auto-formazione;
– trascrizioni delle produzioni in interlingua e delle attività didattiche per facilitare l’analisi;
– indicazioni bibliografiche e altre risorse per trovare informazioni utili e approfondimenti.
Il corso di formazione è composto da:
• un DVD
• un libro

www.insegnare-italiano.it

www.insegnare-italiano.it è il portale degli insegnanti di italiano per stranieri. Sembra una cosa importante, ed infatti il progetto è ambizioso: creare un punto di riferimento in cui colleghi di tutto il mondo possano trovare informazioni di convegni, reperire gli indirizzi utili al proprio lavoro, scovare le organizzazioni attraverso cui realizzare un progetto, ecc.

Fiore all’occhiello del portale è il forum tematico.  Al momento sono attivi due forum: neurobiologia del linguaggio e apprendimento linguistico e teatro.
I moderatori sono degli esperti nella materia trattata di sicura affidabilità ma, come sempre nei forum, sono gli utenti che fanno la differenza. Per ora gli interventi sono sporadici ma la sfida è preparare qualcosa che cresca con il passa parola, un nuovo luogo dove porre domande e dare possibili risposte, dove chiacchierare di didattica tutti insieme, dal professore universitario al nuovo insegnante pieno tanto di aspettative quanto di dubbi.

Invito i visitatori del blog (purtroppo ancora molto anonimi e silenziosi, ma dalle statistiche so che ci siete) a dare un’occhio. Iscrivetevi ai forum e non abbiate paura a dire la vostra.

Un po’ di calore umano nel mondo virtuale di internet non fa male.

Psicopedagogia e didattica

Titolo: Psicopedagogia e didattica
Autore: Lerida Cisotto
Aditore: Carocci

“Psicopedagogia e didattica” è un libro ottimo per tutti coloro che si avvicinano alla didattica non solo delle lingue e vogliono interrogarsi (ed anche avere qualche risposta) sulle teorie che si sono susseguite riguardo al funzionamento della mente nella fase dell’apprendimento.

L’opera inizia con un interessante capitolo “storico” che parte dal momento in cui il cognitivismo impose la centralità della mente e dei processi di pensiero nel dibattito riguardante la conoscenza. Fu il superamento delle teorie comportamentistiche che immaginavano l’apprendimento solo come la risposta meccanica ad uno stimolo.

Fin dall’introduzione però ci si rende conto di come l’autrice consideri il termine “cognitivismo” ormai sorpassato; un concetto che, superato il momento storico della rottura con il passato, si è troppo schiacciato su una visione dell’apprendimento che è uscita sconfitta dal tempo: quell’idea che avvicinava il funzionamento della mente a quello del computer. “La metafora del computer come modello di funzionamento cognitivo e l’idea della rappresentazione della conoscenza sotto forma di proposizioni logiche hanno fatto prevalere quell’aspetto tecnicistico che, nel tempo, ha offuscato anche l’innovazione più significativa del cognitivismo, ossia il carattere costruttivo del processo di conoscenza”.

E proprio da questo aggettivo, “costruttivo” si muove la ricerca della Cisotto.

Dopo aver ripercorso le tappe delle teorie della mente, da quella modulare di Fodor, a quella delle intelligenze multiple di Gardner, alle tesi del connessionismo di Rumelhart e McClelland, il libro giunge alle considerazioni “ecologiche” di Bateson, che vede la mente come un qualcosa di “aperto” all’esterno, parte di un tutto da cui non può prescindere, correlata e dilatata con un esterno sociale, culturale, naturale.

E Bateson rappresenta davvero un punto di partenza del libro, il superamento definitivo del cognitivistmo fodoriano: “l’Autore – scrive Cisotto – ha insegnato piuttosto a vedere “la struttura che connette”, provocando il nostro pensiero ad andare oltre le inerzie abituali del codice binario illuministico-romantico, la cui dicotomia ancora influenza il nostro moderno immaginario.

Da qui in poi il termine di riferimento del libro è “costruzione” di conoscenza nei contesti e nelle situazioni. L’approccio di riferimento non può che essere quello “socioculturale” per il quale, “nella prospettiva del costruttivismo sociale, pensare significa sostanzialmente situarsi, sincronizzare risorse interne e risorse esterne”.

Più si procede nella lettura del libro più si percepisce la grande influenza del pensiero di Bateson, e anche il calore attraverso cui l’autrice espone le sue riflessioni la dice lunga sulle sue convinzioni.

Dopo aver presentato il contributo di Vigotskij al moderno approccio socioculturale, l’autrice giunge alle parti centrali del suo studio: quella che riguarda il cosiddetto “approccio dialogico” teorizzato da Bachtin e quella sulla didattica centrata sulla narrazione ispirata dal pensiero di Bruner: “La narrazione appartiene profondamente all’esperienza umana e le sue molteplici forme, i racconti, i miti, i drammi, intessono le trame connettive della cultura”.

Fin qui la parte teorica. Ma il saggio della Cisotto non si ferma qui e propone spesso delle vere e proprie attività didattiche da svolgere secondo le teorie esposte. E’ questa purtroppo la parte più debole del libro: le idee presentate sono spesso contorte e poco chiaro e sembrano non tener conto dei molteplici fattori che abbracciano l’insegnamento. Anche i capitoli finali sono orientati più all’aspetto pratico, ma anche qui l’autrice appare distante dai reali problemi degli insegnanti, degli studenti, dell’ambiente classe, del sistema scuola.
Se vuoi leggere la presentazione del libro clicca qui.

Recensione di Carlo Guastalla

Potere della mente

Un articolo pubblicato qualche giorno fa su Repubblica on line (rintracciabile QUI) riportava una nuova tendenza della didattica che sta prendendo piede negli Stati Uniti.
La “nuova moda” sarebbe quella di dividere gli studenti in classi maschili e classi femminili per migliorare l’apprendimento degli studenti.

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Gli studenti… perché non imparano?

Oggi propongo un articolo di ormai 25 anni fa scritto da Christopher Humphris e reperibile insieme a molti altri sul sito della Dilit – IH. Mi sono imbattuto in questo testo e credo che, in molte classi, l’invito di Christopher sia ancora inascoltato. La colpa, sia ben chiaro, non voglio darla ai professori, ma a chi non ha ancora capito che la conoscenza di una materia non crea automaticamente un buon insegnante. L’ho sempre sospettato quando ero studente, ne sono certo oggi che sono nell’altro lato della classe.

Buona lettura.

Perché non imparano?
Christopher Humphris

Il concetto tradizionale dell’insegnante è di una persona che dà. “Insegnare” è un verbo attivo, cioè l’insegnante fa qualcosa; lo fa coscientemente, decide cioè che cosa farà e come lo farà, e poi lo fa. Si può fare un’analogia con l’atto di fare un regalo: si formula l’idea, si compra il regalo, e si porta il regalo al destinatario. Il destinatario non è attivo, riceve e basta. È passivo.

Però se spostiamo la nostra attenzione dal verbo “insegnare” al verbo “imparare” viene fuori un’altra visione delle cose. L’analogia fatta non regge più. Dopo che il donatore ha presentato il regalo, il destinatario lo possiede. L’atto attivo di “dare” determina per forza l’atto passivo di “ricevere”. Se una cosa viene data non può non essere ricevuta. Invece sappiamo che tante cose “insegnate” non vengono “imparate”. Conclusione: imparare è un atto attivo autonomo, cioè non dipendente da un atto di insegnamento.

Esaminiamo questo verbo “imparare “. Vuol dire passare da “non sapere” a “sapere” qualcosa. Il destinatario del regalo è passato da “non possedere” a “possedere” il regalo senza fare niente. Il discente, invece, come abbiamo detto, deve essere attivo se vuole passare da “non possedere” a “possedere” nuove conoscenze. Altrimenti, non impara. Il discente non è un destinatario, è un “appropriatore”, prende attivamente le nuove informazioni.

Visto da questo punto di vista il problema del “non imparare”, che è il problema di tutti gli insegnanti, prende tutt’un altro aspetto. Se una persona non impara qualcosa, non è perché l’insegnante non l’ha insegnata bene – abbiamo detto che i due verbi non sono dipendenti l’uno dall’altro. È semplicemente dovuto al fatto che il discente non ha preso. Prima di prendere una cosa una persona ha voglia di prenderla, le interessa o le serve. In queste condizioni la prende, la prende subito, tranquillamente; il discente si appropria della nuova informazione.

Però se la persona si trova in un ambiente in cui il suo diritto di prendere non è riconosciuto da chi ha più potere, avrà la tendenza a non prendere più, almeno quando il potere è presente. Parallelamente il discente che ha un insegnante che gli impone il ruolo di destinatario, è cioè l’insegnante che decide che cosa, quando e in che modo lui dovrebbe ricevere, avrà la tendenza ad assumere un ruolo passivo.

In quest’ottica il ruolo dell’insegnante sarebbe quindi quello di offrire ai discenti esperienze vastissime in modo che la probabilità di incontrare nuovi elementi di conoscenza sia maggiore e quindi maggiore sia la voglia di appropriarsene. L’insegnante dovrebbe inoltre dimostrare con una prassi costante di essere convinto che il discente è in grado di appropriarsi delle conoscenze da solo.

È quest’ultimo punto ad essere il più difficile; proprio perché implica l’abbandono totale della figura dell’insegnante che “interroga”, che “controlla”, che “segue” e che ha tutte le particolarità della chioccia.