Carlo, ma perché devo dire che io e Marcus “siamo andati“, con la lettera i? La lettera i è maschile, e io non sono un maschio! Perché la vostra lingua deve essere macha. Anche tu, quando parli qui in classe, usi sempre il maschile, ma qui siamo otto femmine e un solo maschio, sempre il povero Marcus!
E che le devo rispondere alla povera Katie, australiana molto sveglia, una vera forza della natura?
Che ha ragione ma che non ci sono soluzioni.
La nostra cultura è così, e magari fosse solo un problema di i… magari fosse solo un problema di lingua.
Gli stereotipi di genere ci aggrediscono fin da piccolissimi, fin dai primi grembiuli, e ci insegnano ruoli e comportamenti ben definiti; tanto che in Paesi più attenti del nostro si è affrontata la questione molto seriamente. In un asilo di Stoccolma i bambini si chiamano con un unico pronome «hen», parola artificiale e asessuata inventata da un giornalista negli anni Sessanta. Troppo? Forse.
Ma invito chi è sensibile alla problematica a leggere questo articolo. Per riflettere, null’altro. Perché risposte da dare a Katie, credo non ce ne siano molte.
Una risposta grammaticale potrebbe essere che in italiano il maschile fa anche le funzioni del neutro, ma non è molto soddisfacente. Questa questione mi fa venire in mente un bellissimo libro per bambini di Bianca Pitzorno. Parla di un extraterrestre che viene sul nostro pianeta a fare uno scambio culturale ma c’è un problema. Il sesso degli abitanti del suo pianeta si rivela solo dopo i dieci anni di età e quindi la famiglia si fa un sacco di problemi se trattarlo/a come bambino o bambina. E’ uno spunto molto interessante. Il titolo è “Extraterrestre alla pari”, io ll’ho usato anche un paio di volte in classe.
sull’aspetto ‘androcentrico’ della lingua può essere interessante la lettura agile e chiara di Luca Serianni pp.131-136 in Prima lezione di grammatica.