Questo post completa e approfondisce un post di marzo.
Ho scannerizzato alcune pagine, per far capire a voi lettori, che manuali vengono prodotti per gli studenti americani di lingue straniere.
(facciamoci il segno della croce)
Inizio con A VICENDA, 2 volumi (lingua e cultura), editrice McGraw-Hill Higher Education. Il libro e’ per i livelli intermedi. Secondo gli standard americani (le famose 5 C), nel livello intermedio si ripresenta tutta la grammatica daccapo, magari approfondendola, forse come vorrebbe questo manuale…
Nel precendente articolo avevo citato la prima lezione, in cui vengono presentati i protagonisti (cliccate sulle immagini per ingrandirle):
Ed ecco la seconda pagina, con il secondo protagonista:
Cosa c’e’ che secondo il mio punto di vista, modestissimo tra l’altro, non va?
Come gia’ affermato mi soffermerei prima di tutto sulla lunghezza dei brani e la difficolta’ del lessico, difficolta’ che va oltre le capacita’ di comprensione di uno studente di livello intermedio. Non ci sono esercizi di avvicinamento al testo e tanto meno un semplice abbinamento che possa essere da guida nella difficile lettura del brano, denso di ostacoli lessicali. Inoltre, sebbene le glosse siano piuttosto frequenti nei manuali, qui ne e’ presente una sola, per un avverbio che e’ siceramente trascurabile per la comprensione globale.
Ecco, per esempio, questa glossa ha il potere di farmi perdere la pazienza! E’ come dire, studente ti aiuto, ti do una dritta, favorendoti la comprensione di un avverbio, che proprio in quanto tale, potrebbe essere in realta’ omesso. Ora… dopo una faticossima lettura DI TUTTE E DUE I TESTI, e’ previsto un semplice esercizio di comprensione globale. Esercizio interessante, peraltro, ma per arrivare a questo esercizio mi chiedo se sia realmente prevista una lettura totale e dettagliata DEI DUE TESTI! La previsione della risposta mi rende irrequieta. Krashen avrebbe comunque attribuito un indice “input+25”.
Ma andiamo oltre, ecco le pagine successive:
Scusate, io non ce la faccio a commentare, provo del male fisico…
Pagina successiva:
Si’, effettivamente il male fisico aumenta…
Siccome devo fare un commento professionale, cerchero’ di centrare la questione, ma dovro’ ripetere i contenuti del mio intervento di marzo.
Trovo approssimativa e confusa la sezione con le domande personali, che potrebbero essere un buon inizio di conversazione, nonostante poi punti sui posti interessanti che ci sono all’universita’, come dire, in due battute, la conversazione e’ terminata. Riconosciamolo, tra i pregi degli studenti americani non c’e’, ahinoi, quello della loquacita’, quindi forse sarebbe il caso di stimolarli in modo diverso, ed essendo studenti di livello intermedio, in modo piu’ complesso ed articolato.
Per quanto riguarda il XXI secolo, dopo aver passato la prima mezzora noi come insegnanti, cercando di fargli ripescare nella loro memoria piu’ recondita il significato di XXI e di secolo RAGIONANDO IN ITALIANO, rimarranno gli ultimi 5 minuti per la conversazione in classe. Ma in realta’ il libro ha previsto un ripasso massiccio della grammatica italiana, per cui i numerali sono stati gia’ ripassati, erano all’esercizio 2659 che stava nelle pagine precedenti. Quindi una volta assicuratici della comprensione delle consegne, potremo lasciare i nostri studenti in conversazioni fidate su eventi e personaggi che hanno reso grande il suddetto secolo, e che non saranno di certo sfuggiti ai nostri cari ragazzi.
Io mi domando e dico, ma anche volendo farli parlare, come e’ possibile stimolarli con l’esempio del testo? Ma se nemmeno per strada, dal dottore o sull’autobus sarebbero funzionali questi input, con che coraggio possiamo portarli in classe a lezione?
E AGGIUNGO (dopo una rilettura del mio stesso articolo): nel testo che i ragazzi hanno letto non si e’ mai parlato del XXI secolo e dai fatti storici degli ultimi 20 anni. L’input per la conversazione e’ “random”, gli studenti non hanno il vocabolario utile per parlarne e sono buttati allo sbaraglio, piccolo particolare…
Meno male che Micheal Phelphs ha vinto 8 ori olimpici, rendera’ sicuramente piu’ facile il lavoro delle nostre cavie…ehm… studenti.
Ad Maiora semper.
N.B. Ladylink, siccome a Natale siamo tutti piu’ buoni, vi fara’ felici con un secondo e terzo post sulla materia, da consumarsi in breve, piu’ che altro perche’ torna presto nel Belpaese!
Grazie delle vostre spiegazioni che mi aiutano a capire perche’ avvengano certi fenomeni. Fermo restando che comunque la didattica e’ sempre un’operazione difficile e complessa ad ogni latitudine (non credo che insegnare storia a studenti italiani sia piu’ semplice che insegnare italiano a studenti americani…tanto per dirne una), e fermo restando che la preparazione dei docenti che insegnano italiano all’estero e scrivono testi non e’ omogenea, non vi sono standard o riconoscimenti specifici, ma spesso e’ sufficiente che uno sia amico di tizio o di caio, resta il fatto che come docenti dovremmo avere meno paura della gerarchia ed esprimere i nostri dubbi sui testi in modo piu’ diretto, anche se e’ rischioso, lo so.
In classe abbiamo pero’ la possibilita’ di mettere in discussione proprio quei cliche’ che i testi veicolano, aprire dibattiti, problematizzare i dati, magari proprio usufruendo della tecnologia (giornali on line, you tube, siti web, blog, film, ec…), e allora li’ gli studenti americani emergono dal loro torpore e danno il meglio. Per quanto riguarda la mia esperienza, devo dire che a volte con gli studenti americani bisogna gioire di piccoli progressi senza aspettarsi troppo. L’inglese e’ una lingua apparentemente facile ma bastardissima, e gia’ mi pare un miracolo che la conoscano bene per pretendere che diventino fluenti anche in un’altra (lo so che molti non saranno d’accordo su questo, ma dire che l’inglese sia ‘piu’ facile perche’ ha meno grammatica’ e’ un’affermazione errata che fanno molti). Per esempio io lavoro molto sulle composizioni e devo dire che alla fine del semestre scrivono davvero bene, dopo tante fatiche, anche se non lo ammetteranno mai, vista la loro attitudine altezzosa. Ma io cerco di usare i testi come supporto, non come base per il mio lavoro, tempo permettendo. Devo dire che ho inseganto italiano a stranieri anche in Italia con docenti italiani espertissimi di glottodidattica e li’ invece ho avuto l’esperienza opposta, una estrema se non eccessiva professionalizzazione nella glottodidattica che rendeva il lavoro una tortura: si discuteva per ORE se usare una parola invece di un’altra in un esercizio, il che mi pareva eccessivo, e poi anche li’ alla fine tutti in coro a cantare VOLARE (giuro, in una universita’ italiana!). L’acquisto dei libri dei docenti poi e’ una pratica anche fortemente italiana, che viene replicata pari pari all’estero. Non e’ consolante, ma da’ un po’ di prospettiva.
Bisogna darsi da fare e cercare di smuove le cose proponendo testi nuovi, migliori, produrre nuovo materiale! siamo ottimisti! baci a tutti.
Sottoscrivo in pieno quanto affermato da Vanessa: il messaggio semplificato e e stereotipato che questo tipo di testi veicola (esempio tratto da “Prego!”: “i giovani italiani vestono all’americana”…) rivela il timore di scioccare gli studenti americani-tipo con informazioni troppo complesse, contraddittorie e articolate, quasi che fossero degli imbecilli. Ladylink poi si chiede perche’ ci si ostini a pubblicare certi materiali: perche’ garantiscono entrate certe e pingui guadagni sia alle case editrici che agli autori , dal momento che questi ultimi li fanno adottare nei corsi che insegnano e/o coordinano, senza molte esitazioni. Il cosiddetto “magna-magna”, gli amici degli amici, le baronesse di Carini e l’assenza di meritocrazia non sono una prerogativa esclusivamente italiana.
La risposta cara vanessa e’ facilissima, ma ahime, assai lunga.
Dipende dall’autore del libro e dal suo percorso lavorativo e formativo nel campo della glottodidattica e quindi dal tipo di studente che lui ha in mente. Studente che viene a tratti considerato un cultore della lingua italiana ottocentesca e a tratti un menomato mentale.
Ma questi grandi autori, che vantano di aver fatto sperimentare il testo ad altri grandi luminari, in realta’ hanno PhD in letteratura e filologia dantesca (tanto per dirne una) e di glottodidattica hanno studi e formazione pari a numeri negativi. E soprattutto mancano di sensibilita’, l’ingrediente fondamentale.
Gli studenti americani hanno una grande lacuna: non hanno studiato la grammatica della loro lingua, ne sono consapevoli quanto un bimbo italiano di 4 anni… e questo rende il nostro lavoro molto ostico.
Inoltre anche i piu’ motivati, possono anche non essere mai stati in Italia ed avere un’idea molto vaga del Belpaese. Si bevono qualsiasi cosa tu gli dica, sono spesso incoscienti del loro essere americani. In questi libri tutti i testi sono stati prodotti dagli esimi autori, che parlano a se stessi piu’ che ai destinatari. Di spontaneo ed autentico non c’e’ nulla. Mi chiedo anch’io perche’ allora aver dovuto produrre dei testi cosi’ lontani, inappropriati, improponibili. Perche’ ostinarsi nel voler danneggiare lo studente, rendendogli la lingua italiana ostile e la lezione noiosa…
Non lo so.
Le stesse case editrici ci bombardano di richieste di pubblicazioni e ci chiedono di fare recensioni… ahhahah te lo immagini quello che potrei scrivere? Alle case editrici non importa un fico secco della qualita’ del libro. La stessa casa editrice pubblica ottimi libri di glottodidattica per poi immettre sul mercato queste mine vaganti, che ci rimangono per anni. La didattica dell’inglese e’ all’avanguardia in Europa, non negli Usa. Ma conoscete la mailing list Italian Studies? Si’, ecco fidatevi soprattutto di “Studies”, perche’ si parla esclusivamente di letteratura. Eppure girano proposte di lavoro per insegnare la lingua, ma pur essendo richiesta la “teaching excellence”, in realta’ poi il candidato ideale deve avere gia’ il titolo di Dottore, all’americana, in mano; dottore ovviamente in letteratura e non in glottodidattica (non interessa a nessuno).
Gli autori stessi hanno un’idea vaga del Belpaese… forse stando a lungo all’estero si perdono le coordinate. Io torno ancora due volte l’anno. Leggo i giornali e ascolto la radio sempre online. Mi confronto con gli amici, quelli che ho in Italia e con i colleghi, coetanei, che ho qui (all’estero ci sono davvero molti cervelli scappati o rifugiatisi che dir si voglia). Inoltre ho un’indole curiosa ed occuparmi de ildueblog ossigena i pori, comunque e’ faticoso rimanere aggiornati. A me sembra che questi autori si siano cristallizzati. Ma che soprattutto vadano a lezione con un burka.
Qualche volta ci vorrei andare anch’io con una benda sugli occhi… quando per esempio mi sono resa conto che solo Benigni e Bocelli erano i personaggi famosi… che la Bellucci e Berlusconi erano sconosciuti completamente…
Ora… non sara’ una grande perdita, ma in Italia di questo si parla… Ma io non posso fare i miracoli, perche’ lavorare negli States e’ molto impegnativo, bisogna dedicarsi tantissimo al materiale da portare a lezione e poi due volte al mese un Quiz ed un Test, poi correggili. Qui tutto inoltre e’ computerizzato, la mitica Blackboard e’ una schiavitu’… per non parlare delle mail degli studenti, che se va bene ne ricevi solo 5 al giorno.
E’ dura sotto ogni punto di vista… conta che in 40 ore circa io dovrei fargli acquisire un livello del framework. E che nei primi due semestri di corso, circa 80 ore vedono 3 modi verbali, pronomi dir, indir e combinati, comparativi, superlativi e non mi ricordo che altro, il tutto da studiare con un manuale difficile pure per un madrelingua … il filtro affettivo viene all’insegnante, credimi!
Siamo tutti surviver, insegnanti e studenti…
…mumble mumble…
OT: uno stralcio della mia lezione di martedi’, la prima dopo Thanksgiving:
“Allora ragazzi che cosa avete fatto a Thanxg.?”
MANGIATO! BEVUTO! (l’ausiliare, questo sconosciuto)
“E cosa AVETE mangiato?”
PUMPKIN PIE
“E come si dice in italiano PUMPKIN PIE?”
PUMPKIN TORTA
(ridacchio e proseguo) “Si’, va bene per la torta, ma PUMPKIN, come si dice in italiano?”
A)B) [insieme] PUMPKINO!
(la faccio breve, devono fare il Test 3 e iniziare il ripasso per il finale in 75 minuti]
“No, non e’ PUMPKINO, ma zucca”
A) [stupito] NON E’ PUMPKINO?!?!
(ridacchio e proseguo) “No, non e’ PUMPKINO, e’ zucca”
Ciao a tutti, un commento veloce su A Vicenda o A Vicenza come lo si voglia chiamare…ma perche’ quando si propongono agli stranieri informazioni sulla nostra cultura si tende sempre a generalizzazioni del tipo… “i giovani italiani fanno cosi’…” “le donne italiane sono cosa’…” e via discorrendo (il libro e’ pieno di questi cliche’). Io credo che prima ancora del “modo” in cui e’ strutturata la didattica in questi testi, dovremmo preoccuparci del messaggio che veicolano, degli stereotipi spesso negativi o al contrario incensatori che trasmettono…
capito!
@porfido: mi limito alle abilità di ricezione del B1, come da CEF. E’ possibile che con 90 ore riescano a comprendere testi orali e scritti B1; non a produrre, naturalmente. Il minimo per poter poi fare al 4 anno un modulo di carattere introduttivo alla microlingua. Vorrei tanto adottare il clil, visto che la mia madrelingua è l’italiano, ma la collega del primo e secondo non spiccica una parola e lavora col metodo grammaticale-traduttivo.
E’ dura, e’ dura…
Ladylink e’ molto confusa…
Certo Alessandra che non e’ il migliore dei mondi possibili. C’e’ pero’ da dire che stai accumulando molta esperienza a livello di insegnamento universitario, non e’ poco. Il fatto poi che abbiate questa liberta’ ti consentira’ sicuramente di imparare molto e di preparare molti materiali tuoi. Io ho lavorato per tre anni in un college americano in cui tutto era programmatissimo e lo spazio lasciato alla creativita’ del lettore molto limitato. Dovevo fare i salti mortali per conservare una certa coerenza didattica. Pero’ e’ anche vero che guadagnavo piu’ di 12 euro l’ora. Hmmm…
No, infatti. Ma… fammi capire: con 90 ore di lezioni (frontali) in tre anni i vostri studenti dovrebbero raggiungere il B1?
lavoro in un’università privata in Serbia, la “Braca Karic”, presso la Facoltà di Scienze Bancarie e Commercio. Non sono lettore, perchè non li abbiamo…la lingua veicolare è il serbo. I miei studenti hanno al primo e secondo anno un’altra insegnante; al terzo cerco di far loro raggiungere le abilità di ricezione del B1; al quarto faccio microlingua economica. Il monte ore per ciascun anno prevede 30 ore di lezioni frontali in tutto. Da quest’anno ho cominciato ad affiancare al corsi i forum che ho creato su yahoo. Li usano soprattutto per scaricare i materiali (audio, filmati, trascrizioni, testi, dispense di grammatica che scrivo io, adattando i testi usati nelle facoltà filologiche, programmi, esercizi itd.)
L’italiano è la seconda lingua straniera, presso il Centro di Nis dove io lavoro. Gli studenti possono scegliere tra diverse lingue, ma qui da noi tutti scelgono la nostra, almeno finora è stato così. Abbiamo assoluta libertà di scelta dei libri di testo e dei materiali sussidiari. Forse dal prosimo anno le cose cambieranno, perchè l’Università è stata venduta di recente. Io, per il momento, lavoro a contratto. Percepisco 12 euro l’ora. Le spese di viaggio sono a mio carico. Non mi vengono versati contributi, nè ho diritto alle prestazioni sanitarie come lavoratrice. Non è il migliore dei mondi possibili….
Wow, fantastico il fraintendimento. La dice lunga sul’aspettativa e la fiducia di Adalberto.
ops… pardon me 🙂
Alessandra non ha specificato dove lavora, la sua magari era semplicemente una proposta chimerica, non un metodo di lavoro (congiuntivo esortativo, non indicativo presente, Adalberto nota l’assenza del Noi iniziale, che fa la differenza).
Che bello, Alessandra: la vostra dev’essere una situazione privilegiata. Oltre ai frequenti conflitti d’interessi (non mi stupirei affatto se “A vicenda” fosse adottato nei dipartimenti in cui insegnano i suoi autori), molto spesso e’ l’impossibilita’ (o la poca voglia) di lavorare in squadra con i colleghi a impedire di fare scelte come la vostra. Che invidia, davvero. Immagino che abbiate preparato una sorta di “coursepack” con alcuni materiali di base per il corso, e che poi integriate di volta in volta con tutte queste attivita’. E’ sempre stato cosi’? E’ un cambiamento recente? E’ bello comunque sapere che il grigiore burocratico non trionfa ovunque (nei college americani).
Scarichiamo da internet, anche filmati di you tube, facciamo le trascrizioni, inventamo le unità didattiche, usiamo i forum, i blog, come supporto alla didattica e facciamo spendere meno soldi agli studenti…
Grazie a voi per il vostro impegno 🙂
Certo, so benissimo che “A Vicenza” non e’ un’eccezione: ho gia’ avuto modo di menzionare in passato “Prego!” (per i principianti), sulla cui copertina troneggiano Arlecchino e Colombina, e “Ciao!”, sempre con il punto esclamativo. Sarebbe interessante fare una lista di questi materiali, raccogliendo le opinioni di chi li ha usati.
Adalberto, grazie mille per il tuo esaustivo intervento. Vista la ta dedizione e determinazione ci farebbe molto piacere se ti unissi alla nostra squadra di autori.
Sono d’accordo su tutta la linea e ti seguo perplessa… non credere che gli altri manuali si scostino da A vicenda, se sapessi quello di portoghese…
Seguici, ok?
Ed ancora e sempre grazie
Cara ladylink, che sorpresa!
D’istinto, mi verrebbe da urlare: “Fermateli!!!”, giacche’ la coppia in questione ha gia’ pubblicato altre perle in passato (per quel che ne so, “Insieme”, stesso editore).
Ma partiro’ dalla stessa struttura bipartita dell’opera: da una parte la “cultura”, dall’altra la lingua. Da un lato i concetti alti, dall’altro la lingua, che evidentemente cultura non e’. A questo punto i calzini mi sono gia’ scivolati all’altezza del tallone e puntano decisi verso le dita dei piedi.
Il problema fondamentale, secondo me, e’ che i poveri studenti che avranno la sfortuna di dover comprare questo libro (per la modica cifra, con il course pack, di 200 e piu’ dollari…) dovranno leggersi a casa, in solitudine, le vicissitudini di due personaggi inesistenti (motivazione intrinseca: -87,5% di botto, dall’inizio), per arrivare a lezione “preparati”.
A lezione, infatti, dopo aver risposto alle immancabili e IMPREVEDIBILI domande di comprensione sul testo (“Lele e’ di Ascoli Piceno: V F”) dovranno solo “praticare”, magari attraverso i gustosi spunti generosamente offerti dal libro stesso (“Parla di te e dei posti piu’ interessanti che ci sono SUL campus”). Non prima di aver corretto una tonnellata di drills , sicuramente offerti in quantita’ (“Lele MANGIA la pastasciutta tutti i giorni ” “Io non MANGIO la pastasciutta tutti i giorni” “Gli italiani…” und so weiter).
Come notavi tu, non viene offerto alcun appiglio all’apprendente. Non gli viene suggerita alcuna strategia per affrontare quella tonnellata di lingua in gran parte nuova e ostile, ne’ questo accadra’ in seguito, se il libro assomiglia anche solo vagamente al gia’ citato “Insieme”, degli stessi autori e che ho avuto modo di leggere. La scarsa rilevanza dei contenuti non puo’ che rendere ancor piu’ penoso e privo di scopo lo sforzo dello studente.
La filosofia didattica degli autori sembra essere ispirata al piu’ puro approccio grammatical-punitivo, non credi?
Il limite sta proprio nell’impostazione dei corsi per i quali questo materiale e’ stato pensato: l’apprendente e’ completamente solo di fronte all’immane lavoro che lo attende (apprendere, se non acquisire, una nuova lingua), proprio in virtu’ di questa impostazione (in classe “si pratica”: il resto va fatto e studiato a casa per conto proprio). Non c’e’ alcuna possibilita’ di socializzare le proprie scoperte o i propri dubbi, i propri punti di forza ma anche le proprie debolezze. Non c’e’ la possibilita’ di apprendere in modo piacevole e in un ambiente rilassato e amichevole, perche’ il rapporto di forze all’interno della classe e’ totalmente squilibrato, perche’ non c’e’ alcun riconoscimento delle difficolta’ degli apprendenti, perche’ chi si ferma e’ perduto (nulla di cio’ che viene studiato nella lezione “x” verra’ ripreso in seguito) e perche’ l’obiettivo vero di questi corsi e’ la selezione degli studenti attraverso la valutazione in itinere (in media un quiz ogni due settimane; se poi il lettore e’ “poco simpatico”, ci sono di mezzo pure i famigerati “pop-quiz-a-sorpresa-cosi’-questi-imparano-a-studiare-io-al-liceo-dovevo-farmi-un-mazzo-cosi’-mica-come-loro-che-ci-hanno-tutto-pronto”).
Quando da adulti questi ragazzi sentiranno parole come “Italia”, “italiano”, “italiani” “ita…”, verranno presi da capogiri, senso di nausea e crampi allo stomaco (Pavlov insegna).
Nella lezione-tipo, in 50 minuti sparati il prof. deve controllare le risposte alle domande, correggere otto esercizi di grammatica, raccogliere le ultime composizioni (titolo: “Parla di te e dei posti piu’ belli SUL campus”) , comunicare le prossime urgenti scadenze, fare qualche domandina come warm-up (“Jim, qual e’ il posto piu’ bello SUL campus, secondo te?” “E per te, Amy? ecc.) e magari “far praticare comunicativamente” le strutture grammaticali apprese (qualcuno mi sa dire come si puo’ far fare “pratica” comunicativa a partire da elementi grammaticali discreti? Questo e’ cio’ che viene richiesto ai lettori di italiano in questo tipo di corsi).
Risultato: “Lo….. posto…… bello…… campus……. hummmm…….. hummmmmmmm……… io……… Lele………… eeehhhh……. hmmmmmmmmmmmmmmm………. festa……….. hmmmmmmm…….. birra…….. hmmmm…….”
und so weiter…
Mettiamoci pure che non sono moltissimi gli studenti di college che scelgono di studiare una lingua straniera per vocazione e passione: non vorrei essere nei panni di chi dovra’ per forza di cose utilizzare questo testo, ecco.