Esperienze – Esame CILS all’IIC di NYC

Riceviamo e volentieri pubblichiamo una lettera di una studentessa di italiano a New York.

Negli Stati Uniti, la carta della diploma vale molto più dei fatti.
Non essendo un’italiana né dal punto della nazionalità e né dall’aspetto fisico, non c’è quasi nessuno che creda che io parlo l’italiano, perciò dopo che mi sono trasferita in New York, ho deciso di avere una prova — il certificato dell’esame CILS.

Guardando un sito internet dell’Università di Siena, l’iscrizione dovrebbe essere fatta 40 giorni prima della data di esame, la data dell’esame a cui mi volevo iscrivere era il 8 Giugno, 2006.
Siccome il mio ricordo di Roma mi diceva che durante la Pasqua gli uffici sono chiusi oppure non-funziona–quasi-niente, ho mandato un e-mail all’istituto di cultura italiana di NY per la richiesta dell’iscrizione, alla data del 16 Aprire.
Per più di una settimana intera loro non mi hanno fatto sapere NIENTE e ho cominciato a sentire un brutto presentimento, così ho provato a mandare un altro e-mail e anche a chiamare direttamente. Ma al telefono, la responsabile di questa sezione non rispondeva MAI, all’e-mail, dopo 2 giorni della mia seconda lettera mi e’ arrivata una cortissima risposta, diceva di aver trasferiro il mio e-mail alla persona che si sta occupando dell’esame. Poi…. oggi mi è arrivato un e-mail da un’interna.

>Gent.ma Sig.ra,

>purtroppo le iscrizioni per la sessione di giugno sono già chiuse. La prossima sessione sarà in dicembre. Colgo l’occasione per chiederle se può fornirci l’indirizzo della sua abitazione così possiamo spedirle il certificato dell’esame che ha sostenuto in dicembre.
>Cordiali saluti,

—-NON E’ POSSIBILE!!!!!!!

Poi, alla seconda linea, quest’interna mi ha scritto di farle sapere il mio indirizzo, ma quando ho avuto il mio risultato alla fine di questo marzo, subito le ho mandato un e-mail dicendo se hanno bisogno del mio indirizzo, me lo faccia sapere. Mi da la risposta dell’e-mail di marzo alla fine di aprile??? E’ una cavolata totale. Come potrei credere alla parola di una persona con questo tipo di lentissima azione?
Quindi ho scritto un e-mail nuovamente e ho chiesto di farmi sapere esattamente quando l’iscrizione è scaduto e, se alla data della mia prima richiesta non stavo in tempo, con tanta cortesia finta e gelida per farle sapere che mi ero incazzata totale e sapevo che loro avevano fatto un errore grosso. Poi ho pensato anche di scrivere un e-mail all’Università di Siena per cercare il modo di farmi iscrivere.
Alla fine della conseguenza, soltanto 10 minuti dopo dalla mia incazzata e-mail all’istituto, quella mi ha mandato un e-mail dicendo;

>Gentile Sig.ra ,
in seguito alla segnalazione dell’Università di Siena allora Le comunico che puo ancora iscriversi all’esame dell’8 giugno, però deve spedire il prima possibile la domanda d’iscrizione e l’assegno qui in Istituto.

Grazie, cordiali saluti,

—– Bene. Sono molto soddisfatta.
Siccome dovrei anche scrivere una lettera di questo genere all’esame scritto, mi sono fatta anche una piccola prova del funzionamento del mio italiano.
Comunque.

Non so se supererò l’esame……. speriamo.

Lettera firmata

Didattica – Cos’è un laboratorio?

Come già introdotto in post precedenti, come già affrontato nei commenti ai post precedenti, il convegno Dilit 2006 ha aperto un altro ambito di discussione, tangenziale (ma non troppo) rispetto ai temi trattati.
Molti dei laboratori proposti al Convegno Dilit sono stati deludenti, non tanto per i contenuti quanto per la gestione stessa di quelli che avrebbero dovuto essere dei “workshop” pratici e invece sono risultati in molti casi delle conferenze per un numero di persone più ristretto.

A questo punto la domanda tra noi “addetti ai lavori” è sorta spontanea e abbiamo cominciato a chiederci cosa intendessimo noi (noi partecipanti) per “laboratorio”, cosa ci aspettassimo.

L’organizzatore del convegno, Christopher Humphris è andato oltre e sulla lista di discussione di Perugia ha inviato un messaggio dall’ironico titolo “Cercansi conduttori di laboratori”, il cui testo recita testualmente:

Qui alla Dilit International House di Roma abbiamo appena finito il nostro terzo convegno biennale per insegnanti di lingua. Non puoi soddisfare sempre tutti ma una critica che non vorrei più sentire è che spesso i laboratori non sono altro che mini-conferenze. Il problema per chi, come me, deve organizzare un convegno è che il numero di persone in Italia che sanno gestire un laboratorio è esiguo. Il sistema universitario italiano produce molti esperti che sanno parlare in teoria della pratica ma, salvo alcune eccezioni, questi esperti non sono in grado di metterla in pratica. Un laboratorio può svolgersi in tanti modi diversi ma saper gestire un laboratorio significa come minimo saper riorganizzare lo spazio per creare piccoli gruppi interattivi e saper affidarli lavori di ricerca. Siccome già adesso devo cominciare a pensare al prossimo nostro convegno chiedo a chi di voi sa gestire un laboratorio di farsi avanti e a voi altri di farmi avere nome e recapito di chi sa gestire un laboratorio. Se le risposte sono numerose cercherò di creare un “albo” cui potrà attingere chiunque deve organizzare convegni ecc..

Un albo di coloro che hanno le capacità di gestire un laboratorio?
Ma… appunto… cos’è un laboratorio?

Nei prossimi giorni affronteremo la questione in modo più approfondito, cercheremo di monitorare i passi di questa discussione in corso e, se possibile, di dire la nostra in proposito.

Convegno Dilit 2006 – secondo giorno

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Relazioni plenarie del secondo giorno (Clicca sulla vignette per ingrandirle):

Anna Maria Ajello (Direttore del Dipartimento di Psicologia dei Processi di sviluppo e Socializzazione dell’Università  di Roma “La Sapienza”) ha tenuto un’interessante relazione sull’importanza della discussione in classe, requisito fondamentale di una lezione per far evolvere la capacità di ragionamento degli studenti. L’approccio di influenza vygotskiana proposto dalla relatrice dovrebbe avere una parte importante nel percorso formativo degli apprendenti. Speriamo che i prossimi ministri dell’istruzione l’ascoltino…

Giorgio Chiari (Professore di Metodologia e Tecniche della Ricerca Sociale alla Facoltà di Sociologia dell’Università di Trento) ha tenuto una relazione dal titolo Cooperative Learning: un nuovo metodo per una nuova scuola. Il contenuto del laboratorio può essere letto qui, e forse sarebbe bene farlo perché purtroppo la relazione non è stata molto illuminante. Come ha scritto Leonardo in un commento al post sul primo giorno del convegno: “Chiari ha lanciato un messaggio contraddittorio di questo tipo: il modo migliore per apprendere qualcosa intorno al modo migliore per apprendere (il cooperative learning) è un modo di gran lunga peggiore di apprendere (la lezione frontale).

Teresa Remoli (Psicologa, Formatore dell’ACP (Approccio Centrato sulla Persona) e del Metodo “Effectiveness Training” di Thomas Gordon) ci ha presentato il “Metodo Gordon”. Forse perché è stata l’ultima relatrice, forse perché la platea era stanca, forse perché la troppa luce in sala non permetteva una chiara visione di tutte le sue diapositive… fatto sta che oltre all’invito a creare in classe un clima empatico di questa relazione non ricordo nulla. Megli rileggere qui di cosa ha parlato.

Questo è tutto.

Resta da affrontare l’argomento laboratori, abbastanza deprimente, che apre davvero una discussione già introdotta da Christopher Humphris sulla lista di discussione di Perugia, come Leonardo ha accennato nei commenti.

PS: le vignette sono di Yuri, un’amica e un’insegnante in gamba 😉

Il teatro in classe, esperienze a confronto

Come insegnante di italiano per stranieri ho sentito per la prima volta parlare del TLIL su questo gioiellino di blog e leggo dell’esperienza in fieri della Prof.ssa Aldi (cfr. post del 5 aprile) con molto interesse e posto una mia riflessione-ricerca.
Pur rabbrividendo leggendo le parole della Prof.ssa Aldi circa le costanti carenze dell’insegnamento linguistico a livello universitario [le sue studentesse “si lamentano del fatto che a livello universitario non si parli più la lingua straniera ma la si studia solamente da un punto di vista formale...” (intervento del 24 marzo), non si può non rimanere colpiti per l’impostazione del corso, soprattutto la struttura delle prime ore in cui avviene sia il contatto con se stessi e con il proprio corpo, sia quello con il testo vero e proprio e con i compagni di lavoro. Interessante poi leggere: “Ovviamente l’unica lingua utilizzata è quella straniera (nel mio caso francese). La cosa straordinaria è che, accanto alla studio formale della lingua, ossia quella del testo, e quindi ad una serie di interrogativi sulla pronuncia, la grammatica, il lessico…..vi è l’utilizzo spontaneo e creativo della lingua stessa, si pensi alle improvvisazioni, al momento in cui ci si deve accordare su un movimento da fare piuttosto che sul vestito da mettere…

Ciò che più mi entusiasma e colpisce del dettagliatissimo resoconto è il fatto che il teatro offra e rappresenti un motivante, valido e vario contesto per l’uso della LS. Gli studenti hanno quindi una doppia opportunità per praticarla: liberamente negli scambi, nelle riflessioni e nelle interazioni spontanee, ma comunque significative, nell’ambito dell’attività di gruppo, ed in modo più metodico concentrando l’ attenzione verso l’aspetto formale, curando la pronuncia e l’ intonazione (come è descritto nel terzo incontro, in cui avviene l’attribuzione delle parti).
E’ strano quindi ripensare al modulo di fonetica e alla mia insegnante, che insistendo sulla sua importanza e sul suo ruolo ancora da ridefinire all’interno dell’Unità Didattica, altro non ci ha proposto che esercizi ancora troppo forzati, seppur originali e mai banali, ma, ahinoi, totalmente slegati da tutto quello che tratteremmo eventualmente nell’ambito dell’UD.

Molto vicina, seppur diversa, l’esperienza di Anna Comodi, professoressa presso l’Università per Stranieri di Perugia, che tiene nella stessa un laboratorio teatrale dove annualmente mette in scena una storia di ambientazione medievale. E visto l’interesse manifestato a lezione da noi insegnanti, la Prof.ssa Comodi ha affermato che ci avrebbe permesso di assistere alle lezioni; ladylink sarà in prima fila!

Una semplice ricerca su internet mi ha permesso di risalire ad una intervista in cui la Comodi spiega in cosa consiste il suo laboratorio teatrale.

Le due esperienze qui trattate hanno in comune la scelta di un testo funzionale alle relativamente poche ore a disposizione: la Prof.ssa Aldi ne ha 20, la Comodi parla di un mese di lezioni, otto UD e di un testo di 180 righe circa. Le differenze dei contenuti paiono notevoli a partire dal pubblico e dalle modalità. Perché dall’intervista della Comodi si evince che per gli studenti non è prevista una preparazione alla messa in scena così curata come per il TLIL descrittoci da Melissa Aldi, che avendo come meta la complessità della recitazione, coinvolge lo studente in una ricerca che investe il corpo, la mente, la dimensione spaziale come singolo e come gruppo.
Ma questa è una constatazione, non una critica.

Incontrerò la Prof.ssa Comodi la settimana prossima e scommetto sulla sua disponibilità.

Quindi per ora Buona Pasqua…

Convegno Dilit 2006 – Verso il secondo giorno

(clicca sull’immagine per ingrandirla)

Convegno Dilit 2006 primo giorno

(clicca sulla vignetta per ingrandirla)

Si è concluso sabato il convegno Dilit dal titolo L’insegnamento linguistico oggi: un mosaico di fattori. Le due giornate sono state interessanti e piene di spunti di riflessione per gli insegnanti, alcuni presentati in modo potente, altri mostrati in modo forse non adeguato ad una platea preparata come quella che gravita intorno alla Dilit.
Un fattore però ha accomunato tutti i relatori: nessuno era lì per parlare del passato, né in qualche modo del presente della glottodidattica, con il risultato che i partecipanti hanno assistito a relazioni e laboratori centrati su tematiche che rappresentano le nuove frontiere dell’insegnamento linguistico: nuovi approcci, nuove ragioni di apprendimento e quindi di insegnamento, nuovi bisogni, nuove modalità di intendere la lingua. Vi propongo un breve commento ad ogni relazione.

Partiamo dal primo giorno:

Alessandra Fasulo (ricercatrice presso il Dipartimento di Psicologia dello Sviluppo e Socializzazione dell’ Università degli Studi di Roma “La Sapienza”) ha introdotto i principi che differenziano l’analisi della conversazione dall’analisi testuale in senso stretto. La relazione ha mostrato con grande chiarezza la potenza comunicativa del linguaggio parlato e la portata semantica di ogni singola parola (o interiezione o gruppo di parole), portata valida in quel momento, in quella situazione, in quel contesto d’uso. Il procedimento di analisi proposto dalla Fasulo è di certo non semplice, privo di certezze di cui (eventualmente) far partecipe il discente, ma apre spiragli interessantissimi che riportano l’autenticità della lingua parlata di nuovo al centro dell’obiettivo analitico e, quindi, del nostro lavoro di insegnanti.

Mario Cardona (Professore di glottodidattica presso il dipartimento di Pratiche linguistiche e analisi di testi della Facoltàdi lingue e letterature straniere dell’Università degli studi di Bari) ha parlato dell’Approccio Lessicale. Seppure il tema fosse di grande interesse la sua relazione non è riuscita ad andare oltre un’introduzione alle ragioni cognitiviste dell’Approccio Lessicale. Peccato che i risvolti pratici non siano stati presentati da Cardona in modo più approfondito e il relatore si sia limitato a mostrare alcuni piccoli esercizi su una lingua decontestualizzata. Il concetto base dell’Approccio Lessicale secondo cui “la lingua consiste di vocaboli in forma grammaticale e non di grammatica in forma di vocaboli” è rimasto quindi poco più che uno slogan come pure le fasi dell’acquisizione prospettate da Lewis, il “creatore” del Lexical Approach, che cercheremo di capire da soli. Lewis dice che la grammatica è acquisita attraverso un processo di Osservazione – Ipotesi – Esperimento. E’ ovvio che questo non può prescindere dalla centralità di una dimensione testuale. Per sapere come farlo…

Patrick Boylan (Professore di inglese per la comunicazione interculturale presso l’Università degli Studi Roma Tre), partendo dal concetto secondo cui Cambia l’economia > Cambia la didattica delle lingue ha presentato alla platea quello che lui prospetta come il metodo di insegnamento più adeguato per una società non più nazionale né internazionale né multinazionale ma ormai transnazionale. Questo è il cosiddetto metodo etnografico, che parte dall’idea che la comunicazione sia “stabilire un rapporto” e permette allo studente di acquisire le competenze per potersi confrontare con altre culture attraverso una stessa matrice comportamentale (una lingua) da ricodificare e adattare per riuscire a comprendere e a stabilire un rapporto reale con la persona con cui si è in contatto. Per chi volesse approfondire una materia tanto complessa, rimando al sito del Prof. Boylan.

Nostradamus: un profeta da rivalutare! (2)

A proposito di offerte di lavoro…

In una mailing list, alcune settimane fa, ho letto di un annuncio di lavoro per l’Ecuador. Ho scritto per ricevere informazioni a proposito, e da vera insegnante di italiano per stranieri free-lance, ho anticipato il mio CV, visto che a giugno finisce il mio percorso di studi e contemporaneamente le mie finanze.
Ecco le informazioni che ho ricevuto.

Gentile Dott.ssa C.,

le invio alcune informazioni riguardo all’U. T. di A. e al contratto di lavoro ed altre informazioni che penso riterrá utile conoscere.
L’U. T. di A. richiede per l’a.a. 2006-2007 due docenti madrelingua italiana. Il contratto va dal 1 ottobre 2006 al 31 agosto 2007. Le classi sono composte da circa 30-35 studenti, i livelli sono: Basico I, Basico II, Pre-intermedio e Intermedio I (non sempre peró gli ultimi due sono attivi). Le ore di insegnamento: si lavora dal lunedí al venerdí, per 3 ore di insegnamento e 2 ore e 15 minuti di ore complementarie (preparazione delle lezioni, correzione dei compiti, ecc.) Il compenso mensile é di 450usd$ (lo stipendio é sufficiente per vivere in modo piu che agiato per un mese) piú l’alloggio che si trova nelle vicinanze dell’universitá ed é dotato di ogni comfort (televisione, videoregistratore, stereo, pentole, piatti, lenzuola, asciugamano, ecc.).
La burocrazia qui é molto lenta (bisogna fare un “oficio” per qualsiasi cosa) e le cose non sempre funzionano bene… é necessario avere i nervi ben saldi… e considerare che non siamo in Europa…
Per quanto riguarda le spese: il biglietto aereo é a carico del docente, cosí come l’assicurazione sanitaria (io l’ho fatta con Europe Assistance, costa 279 euro, copertura un anno…).
Per quanto riguarda l’alimentazione bisogna stare un po’ attenti a quello che si mangia, soprattutto non mangiare per strada, comprare acqua imbottigliata e lavare la frutta con bicarbonato.
Per l’abbigliamento é consigliabile qualcosa di primaverile e estivo: generalmente di mattina e di sera fa un po’ freddo (13-16 gradi), dalle 10.00 alle 17.00 fa caldo (dai 20 ai 29 gradi).

Concludo con una premessa: queste informazioni non sono state tratte da Donna Moderna, tra le pagine delle proposte per le vacanze di Pasqua…
Ed aggiungo:
Uno: I master in didattica dovrebbero anche contemplare insegnamenti come: “Modalità contrattuali, suggerimenti per la sopravvivenza”
Due: Per andare a lavorare in Spagna, in effetti anch’io mi sono dovuta spesare il viaggio, 220 euro. Ma per quanto riguarda questa proposta, delle spese di viaggio non se ne rientrerà proprio con un contratto di soli 10 mesi, visto che già solo con l’assicurazione da 280 euro, il nostro conto andrà in rosso sin dal primo mese….
….i conti non tornano… anche quelli della barzelletta, costretti a rimanersene in Ecuador!

°Oo0OO°0MUMBLEMUMBLE°Oo0OO°0

Il TLIL

Già da un po’ di tempo ormai si parla molto del CLIL (Content Language Integrated Learning), cioè di apprendimento integrato di lingua e contenuti in riferimento all’insegnamento di qualunque materia non linguistica per mezzo di una lingua seconda o straniera (L2). Nel CLIL il contenuto disciplinare non linguistico viene acquisito attraverso la L2 e la L2 si sviluppa attraverso il contenuto disciplinare non linguistico.
Da questa esperienza metodologica nasce il TLIL, ovvero Theatre and Language Integrated Learning.
Per capire in cosa consista il TLIL, più che testi teorici, consiglio vivamente di seguire la descrizione che Melissa Aldi dell’Università di Urbino sta fornendo in progress di un laboratorio di TLIL.
Scrive Melissa: “Nel TLIL (theatre and language integrated learning) per theatre si intende per lo più drammatizzazione e format (si veda T. Taeschner e il suo format narrativo), cioè drammatizzazioni di storie, format appunto, che lo studente deve saper drammatizzare sia verbalmente che attraverso una serie di gesti mirati alla miglior comprensione della storia stessa”.
Il laboratorio (di francese, con 8 studenti, 20 ore per 10 incontri da 2 ore ciascuno) viene descritto in modo dettagliato, vi lascio qui sotto l’inizio (che è in verità un’introduzione) e vi rimando al forum “Teatro e apprendimento linguistico” di insegnare-italiano.it, il portale per insegnanti di italiano a stranieri sul quale settimanalmente Melissa inserisce i suoi aggiornamenti.

I miei studenti “si lamentano del fatto che a livello universitario non si parli più la lingua straniera ma la si studia solamente da un punto di vista formale…
tutti gli incontri alternano due momenti distinti ma che convivono in maniera sinergica: il primo è quello degli esercizi propedeuti al lavoro teatrale vero e proprio, quindi esercizi di rilassamento, di percezione dello spazio, esercizi di coppia senza e con contatto fisico, di improvvisazioni mimate e parlate, per lo sviluppo della fiducia negli altri, di risonanza della voce…..si inizia gradualmente, dapprima concentrando l’attenzione sul singolo e poi sulla relazione con gli altri (il contatto fisico); successivamente ci si concentra sulla percezione dello spazio, quindi il singolo e lo spazio e poi il gruppo e lo spazio; anche per le improvvisazioni è la stessa cosa, prima quelle mimate e poi quelle parlate…..in ultimo vi sarà la vera interpretazione”.

Alcuni link di questo articolo purtroppo sono andati persi.

Peccato…

Nostradamus: un profeta da rivalutare!


E’ proprio vero: Nemo profeta in patria!
E noi che MILLE E NON PIU’ MILLE pensavamo dovesse segnare solamente il passaggio di un secolo!! Ed invece mai profezia fu più attuale e funesta.
MILLE E NON PIU’ MILLE, naturalmente euro. Che difficilmente un insegnante di italiano a stranieri riesce a portare a casa a fine mese.

Il Due Blog, molto sensibile verso alcune tematiche strettamente legate alla quotidianità di un insegnante di italiano a stranieri, non poteva sottrarsi, nemmeno questa volta, dal postare un articolo apparso sul corriere.it, che tratta di un ameno argomento, permetteteci l’ironia: i milleuristi, tematica che val bene un neologismo!
Ma la particolarità dell’articolo non risiede nel contenuto, che qualcuno di noi ha sperimentato sulla propria pelle, quanto il fatto udite! udite! che sia stato pubblicato da una testata internazionale come l’International Herald Tribune.
Molti di noi insegnanti di italiano a stranieri sono precari, a prescindere dall’istituzione per la quale lavorano. Siamo precari in Italia come all’Estero, dove inoltre siamo il primo e se non unico, almeno piuttosto determinante e forte contatto con la lingua e la cultura italiana. Abbiamo il delicatissimo compito (senza scadere nel bucolico-sentimentale) di andare incontro, o disilludere, le aspettative di chi studia la nostra lingua e che nel proprio immaginario vive di un’Italia dai contorni non ben definiti. Dobbiamo noi stessi esserci allenati a relativizzare, per essere consapevoli dei valori che veicoliamo nel lavoro in classe. E subito dopo esserci chiariti le idee, dobbiamo correre per preparare la lezione, sempre alla ricerca di materiali nuovi, originali e funzionali allo studente che ci sta davanti e con il tempo abbiamo maturato l’idea che purtroppo per noi il tempo non è denaro e che entrambi non sono mai abbastanza.
Spesso lavoriamo in strutture inadeguate o con del personale incompetente e quando si sta all’estero fatichiamo per rimanere aggiornati noi stessi come parlanti di una lingua in continua evoluzione e tutto questo per pochi miseri euro che non sempre arrivano a mille.
Il Due Blog, lungi dal voler alimentare inutili polemiche, si auspica uno scambio di opinioni ed esperienze sull’argomento, con voi insegnanti o futuri tali. L’obiettivo sarebbe anche quello di sensibilizzare l’opinione pubblica, proprio perché esposti spesso in prima persona in contesti di non facile gestione, senza necessariamente varcare i confini, come per esempio nella scuola pubblica italiana.
Convinti che < <L’Unione fa la forza>> non sia solamente uno slogan sinistrofilo che perderà la propria efficacia con il 10 aprile, speriamo di contattarvi numerosi!

Cogliamo l’occasione per riproporvi un articolo postato su Il Due Blog il 15 marzo scorso, di argomento affine intitolato: Gli schiavi moderni.

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Consigliamo una visita anche di Generazione 1.000 euro, blog curato da Antonio Incorvaia, protagonista dell’articolo dell’ International Herald Tribune.