La fotografia che sta qua sopra raffigura secondo me il più bel monumento di tutta l’Italia, meglio del Colosseo, meglio degli Uffizi, meglio del Museo di Capodimonte e di tutti gli innumerevoli ed inestimabili altri.
Sul Piave nacque veramente l’unità nazionale: un corpo sociale che il nemico auspicava gelatinoso avrebbe potuto (dovuto, secondo i comandi di Vienna) sciogliersi e disfarsi. E invece non fu così. Valse il principio della difesa ad oltranza del territorio, della terra, del suolo. E lì fu il germe della vittoria.
Oggi è doveroso ricordare che furono fanti di tutta Italia a difendere contro un esercito che dopo Caporetto scriveva sui treni “Nach Mailand” e non “Nach Neapel”.
Ciao Maurizio,
grazie per aver lasciato il tuo commento.
Mai stato piu’ serio.
È vero che il Patto di Londra fu un accordo segreto che impegnava l’Italia scavalcando il parlamento che era in gran parte neutralista. E che molte delle pressioni che vennero fatte per mobilitare l’opinione pubblica erano alimentate dalla necessità di suffragare qualcosa che era già stato deciso. Ma l’ossario di Redipuglia non celebra mica lo sforzo alato degli oratori a busta paga. Celebra lo sforzo di chi, una volta dentro, seppe fare ‘una scelta’ di resistenza (la parola “scelta” sia intesa per quello che signfica per dei soldati richiamati alle armi in un esercito regolare).
L’Italia conobbe la prima vera mobilitazione di massa inerente motivazioni nazionali durante la Prima Guerra Mondiale dato che il Risorgimento i cui combattenti furono in gran parte volontari vide una ridotta, anche se non del tutto assente, partecipazione di grandi gruppi popolari. Credo quindi ingiusto dire che l’Italia di oggi non è nata lì. È nata anche lì ed è nato lì parecchio di buono. Quei fanti tennero sul Piave quando avrebbero potuto sbandare ed è probabile che con tutto il loro autoritarismo cieco e inetto le classi dirigenti non sarebbero state in grado di serrare i ranghi se non avessero potuto far leva su di un sincero attaccamento all’idea (alle idee) di destino comune come “noi” nazionale. Sarebbe potuto essere un disfacimento alla “tutti a casa” tipo ’43 di cui ancora oggi paghiamo le conseguenze in termini di spaesamento identitario. A me pare che quel “presente” stia proprio lì a ricordarci: “Noi non cedemmo al ‘tutti a casa’ che ci avrebbe fatto molto comodo; noi rimanemmo qui anche per te, affinché tu potessi coltivare un futuro in cui coniugare identità culturale/linguistica con indipendenza statuale.”. Secondo me quel “presente” si candida bene al posto e alla funzione dell'”I want you” degli americani. Non credo che i ‘tutti a casa’ portino lontano, anzi credo che prestino il fianco alle tentazioni di immoralità e crapuloneria, anche quando si ammantano delle fattezze dolci dell’essenzialità umana pre/a-politica. Di una patria si ha bisogno e la patria deve essere nazionale, ossia culturale/linguistica e statuale insieme. Come sapeva bene l'”esperto senza-patria” Jean Améry (il suo non-nome), non-ebreo ebraicizzato a forza dall’annessione dell’Austria (la sua non-patria) da parte della Germania: “Chi non ha un Vaterland, ossia chi non ha un rifugio in un organismo sociale indipendente e costituente un’unità statale autonoma, non ha, io credo, nemmeno una Heimat. Kde domow muj -dov’è la mia patria- cantavano i cechi ai tempi in cui nello Stato plurinazionale della monarchia austro-ungarica non riuscivano a individuare e a sentire la loro terra ceca -che non era uno Stato autonomo- né in quanto Heimat né in quanto Vaterland. Cantavano queste parole perché intendevano conquistare un Vaterland e così realizzare la loro Heimat.”. Ecco, coloro che morirono su quei campi hanno combattuto per consegnarci questo che non e’ poco.
Saluti a te e passa spesso a commentare, e’ sempre stimolante per noi.
🙂
ERRATA CORRIGE
Ciao Ciro,
non so se scrivi con ironia O credendoci!
Ciao Ciro,
non so se scrivi con ironia e credendoci!
Ho visto questo “monumento” e sinceramente non mi sembra come tu lo descrivi!
Chi conosce la storia della prima guerra mondiale, sa bene che si poteva evitare e che fu decisa contro il parere del parlamento italiano….. fu un atto autoritario, segreto e contro il neonato popolo italiano.
Quel monumento mi ha trasmesso solo tristezza, visto che le logiche guerrafondaie dei governanti di allora hanno prodotto milioni di morti, da tutte le parti e su tutti i fronti.
Sinceramente penso che l’Italia di oggi non sia nata da questa logica di sangue, ma dai tentativi di costruire un paese più giusto, più solidale, più tutto!
Saluti,
Maurizio