e soprattutto, che vuole?
Ho scritto questo post di getto due giorni fa…
Oggi (giovedì 17-01; N.d.R.) JMU è chiusa a causa della neve. Non nascondo la gioia di poter recuperare la lezione sabato 26, ma pazienza, in cambio ho tutta una giornata per dedicarmi a tutto quello che ho rimandato a causa del tran-tran…
Per esempio: sfogliare amenamente Donna Moderna, versione tascabile, prestatami da una collega (che confessa di averla comprata solo per combattere la noia, durante il lungo volo transoceanico di ritorno, le credo!). E così tra una pubblicità di creme anti-età, la solita rubrica di Morelli, un’intervista a Daniela Mezzogiorno e un confronto tra le due Lady Sarkozy, arrivo alla rubrica: “Le ragioni del cuore”, di Antonella Boralevi. Tra un occhio che scruta il frigo e l’altro che scorre tra le righe, mi intrattengo sulla prima lettera. Scrive una 23enne, insoddisfatta della propria vita lavorativa, piena di oneri. La ragazza confessa di non sopportare più i suoi ritmi di lavoro, ma di non avere il coraggio di cambiare, perché il suo è un posto sicuro. Anche perché si chiede: ma siamo sicuri che poi mi sentirei meglio? Cioè, il mio malessere, da cosa è originato visto che anche sentimentalmente sono appagata?
Voi cosa le consigliereste?
Io una vacanza.
La Boralevi invece sentite un po’:
(…) invece di limitarsi a modificare il nome del suo datore di lavoro (…) lei potrebbe fare qualcosa di radicalmente, profondamente differente.
Reggetevi forte, mi sono convinta a scriverci un post proprio a causa delle righe che seguono, perché vista la premessa, come non andare avanti?
(…) Le serve un lavoro che le dia gioia, un lavoro che sia un valore tutt’altro che economico. Lei deve occuparsi degli altri. Deve andare all’Opera San Francesco o alla San Vincenzo, e mettere a disposizione degli altri il suo talento (e quale sarebbe??? N.d.R.). Deve andare a portare un po’ di gioia agli anziani soli in povere case gelate di freddo e di speranze. Deve insegnare l’italiano ai figli degli immigrati. (…) vedrò, tornerò a casa la sera, stanchissima e ricolma della vera felicità, che arriva dal donare ad un altro con lieve generosità. Sarò felice, ne sono sicura…
E io che sull’insegnamento dell’italiano come lingua disciplinare in una classe con alunni stranieri ci avevo scritto la tesina finale del Master, per giunta in coppia!?!?! A questo punto mi sento di far arrivare queste sagge parole boraleviane anche a quella supplente precaria, che in lacrime si è presentata alla Caritas, dove fa volontariato mia madre. Nella speranza di trovare lavoro come insegnante agli extracomunitari continuerò a fare la fame, ma almeno le passerà la depressione, aho!
Ho scritto questo post di getto due giorni fa… e ho perso più tempo a cercare la foto che a redarlo…
Dal settimanale DONNA MODERNA, versione tascabile del 9 gennaio 2008, p. 125.
complimenti, un urlo geniale da sentirsi liberi!!!!!! 🙂
in spagnolo (argentino) si direbbe: genial!
AHAHAHAHA Ottimo!!!
Sintesi perfetta del nostro problema…